Il curioso caso di...BIFF

martedì 28 settembre 2010


Prendendo in prestito (mezza) citazione del racconto di Francis Scott Fitzgerald da cui è stato tratto l’omonimo, bellissimo, film di David Fincher, volevo  mettere in piazza un piccolo caso editoriale (di mia invenzione? O c’e’ del vero?) che ha adescato la mia curiosità.
C’e’ un libro, naturalmente,  come protagonista del  mio piccolo giallo-mistero quasi Fletcheriano o DanBrowniano che si è formato nella mia improbabile mente investigativa ed è IL VANGELO SECONDO BIFF. Ne avrete sentito parlare, lo avrete letto e amato o odiato o magari vi è del tutto sconosciuto.
 Magari è tutto fumo e poco arrosto, e magari si rivela un bel buco nell’acqua e la Elliot mi smentisce a seduta stante , magari è goliardico casuccio da giallo condominiale che non dovrebbe calamitare l’attenzione tanto da meritarsi un pezzo pero’ un po’ di sale da caso letterario (per un motivo) e editoriale (per l’altro motivo) secondo me c’e’ ed è gustoso ricamarci sopra qualcosa. Anche se non è roba seria, pazienza, di troppa serietà si finisce presto per stancarsi.  Il libro è uscito nel 2008 edito dalla Elliot, casa editrice romana che è una delle mie realtà editoriali preferite, che mi ha sedotto da lettore a tal punto da mandarmi sul lastrico per portarmi a casa i loro (bellissimi) titoli. Però, forse, qualche piccola magagna su cui recriminare che li riguarda c’e’. Una bella strizzatina d’orecchie ci vuole, non me ne vogliano per questo.
Premetto che non sono a conoscenza della politica editoriale, di stampa e ristampa di Elliot edizioni, della loro programmazione e di tutto cio’ che riguarda la logistica, quindi la mia è un’attenzione, piu’ da lettore incuriosito, da chiacchiera da salotto,  frutto della mia versione giallista che ogni tanto viene a galla e si sbizzarrisce.  O magari anche no.

Viaggiando spesso in lungo e in largo per internet (forum vari, anobii, e simili), per librerie,  chiacchierando con librai,  formulando domande direttamente  alla casa editrice interessata, che è appunto la Elliot, un ragno l’ho cavato dal buco: il libro di Christopher Moore è diventato un clamoroso caso editoriale, è andato a ruba in breve tempo, scomparendo dagli scaffali di tantissime librerie che pur ordinandolo ripetutamente ,sono serviti  uno-due mesi per prendere atto del fatto che anche il magazzino della casa editrice ne era sprovvisto. A causa, presumo,  di un potente passaparola o di grande spazio dedicatogli dai vari piccoli-siti e blog che si occupano di libri e recensioni che pullulano sul web, è diventato quasi un cimelio da museo tanto che da un po’ di mesi a questa parte, IL VANGELO SECONDO BIFF potrebbe avere tutte le carte in regola per entrare nella scaletta di CHI L’HA VISTO?.
Su anobii, in vari gruppi, sono apparsi topic-appello nella forma di richieste continue e insistenti,  per interrogarsi sull’esistenza o meno del libro e per invocare una sua ristampa in tempi brevi: gente in preda a una curiosità smisurata attorno a Biff, si chiede quando potrebbe avere tra le mani il volume. Senza nessuna risposta concreta dalla Elliot.  Il giallo mi ha  poi convinto a girare qualche libreria, sia a Milano che altrove,  alla ricerca di prove, per verificare la cosa e alla richiesta di disponibilità del libro, la risposta trapelata dalle commesse era piu’ o meno la stessa: “lo abbiamo ordinato ma ancora non ci è arrivato”, “anche altre persone ce lo hanno chiesto ma sembra un fantasma da libreria”, o ancora “non ci arrivano piu’ copie del libro da parecchio tempo”.  Come in una sorta di percorso a tappe, allora ho pensato di rivolgermi anche, come ultima spiaggia, direttamente alla casa editrice che in qualche modo mi ha risposto, rivelandomi che una ristampa non è mai stata prodotta, ma che, udite udite ci avviciniamo all’ultima pagina in cui il mistero verrà svelato, in autunno (e ci siamo entrati da qualche giorno ormai) verrà ristampato il volume in una nuova collana, tascabile ed economica,la LIT, che vedrà il suo debutto assoluto nella casa editrice romana.
Sul libro, che come un venditore al mercato del pesce, urlo a squarciagola consigliandolo, ci spenderei due paroline giusto per metterne a fuoco la sua natura: a me fanno cappottare dall’entusiasmo le letture in cui l’autore partendo da un punto di riferimento importante, prestigioso, su cui si è documentato e ha studiato, cuce in chiave interpretativa inedita una sorta di nuova versione moderna dell’oggetto del racconto. Soprattutto se il punto di riferimento da cui trae la propria storia riciclata è appositamente calamitato alla sua attenzione perché delicato e fascinoso.
 Ecco, ne IL VANGELO SECONDO BIFF,  c’e’ il Vangelo, c’e’ la Bibbia, c’e’ il tema religione al centro di tutto, una sorta di tabu’ da non dover mai sfatare,  che sembra essere un peccato mortale parlarne in termini che non siano quelli della solennità mistica. Ma, Moore, riesce a rendere il tutto una sorta di luna park nel quale qua e là sono posizionate trappole irriverenti, divertimenti e attrazioni mai provate prima.  Ci si rotola dal letto, dal divano, dalla sedia dalla risata irrefrenabile e, spesso e volentieri, ci si stende delicatamente,  magari in un luogo appartato, intimo, a riflettere e a commuoversi. So che alla Chiesa, piu’ scorbutica, lagnosa, bacchettona, moralista (falsa) che mai, questi è solletico che infastidisce, storce il naso, magari interviene con il solito comunicato freddo e scorbutico. Ma pazienza, ce ne faremo una ragione, perché non si accettano attacchi da chi predica il bene su una balconata nascondendo i propri malaffari chiusi ermeticamente a chiave in un armadio alle proprie spalle.  Leggete Moore, appena uscirà nella collana LIT della Elliot, perché non sapete cosa vi siete persi fino ad oggi.
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Ma...

venerdì 24 settembre 2010


Da tempo avevo pronto da inserire sul blog il mio personale racconto sulla libreria di Andrea.
La beffa è sempre subito dietro l'angolo. A pugnalarti alla schiena, in questo caso.
Il 20 ottobre Indipendete-mente chiude.
I motivi sono quelli, evidentemente, che hanno spinto crudelmente, senza possibilità di appello, tantissime piccole realtà come quella di Andrea a chiudere i battenti.
Affitti, introiti ben pochi a fronte di spese che se va bene, a parte qualche rara eccezione, azzerano o poco piu' i ricavi.
Era viva da 3 anni, io avevo iniziano a conoscerla bene soltanto da poco. Ma mi era entrata dentro.
Una notizia che ad oggi non deve ormai piu' sorprendere nessuno, ma alla fine uno ci spera sempre che le cose possano andare bene o riassestarsi nel caso di intoppi finti-momentanei.
Ecco, volevo mandare un abbraccio forte ad Andrea.
Con il cuore in gola.
Speriamo che dalla sua intraprendenza, dalla sua scoppiettante passione per i libri possa nascere qualcos altro, di altrettanto bello e vivace.
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Indipendente-mente

Un unico locale, sviluppato in profondità, quasi uno scavo in verticale, addobbato interamente di libri. La “cattedra” del Professore Andrea in fondo, faccia a faccia con la porta d’entrata. Entri in “classe” ma non per studiare o sorbirti la classica lezione liceale che stuzzica il sonno.


Entri, ma ancora prima di varcare la porta sei subito attirato dal profumo dei libri che ti chiamano fin dall’angolo di strada che, girandolo, ti porta all’ingresso.

E’ la libreria Interno4 di Andrea. Interno4 è una sorta di catena di librerie nata su iniziativa del distributore NdA. Ma se si pensa alla classica catena libraria, ci si sbaglia di grosso. Ha tutto, tutte le sembianze, tutti i caratteri della classica piccola libreria indipendente che sfoggia tutti i tratti di atmosfera calda, chiusa quasi come in un salotto davanti al camino, sulla poltrona, di presenza forte e personale, di una vibrazione positiva che pulsa ed è palpabilissima.

Tra auto parcheggiate e portoni di condomini chiusi, spicca in questa sorta di isoletta dimenticata della città che vive un po’ all’ombra degli occhi della gente che vi passa, una vetrina che attira subito l’attenzione di chi cammina, stuzzicandone la curiosità, presentandosi con una bellissima stretta di mano: una piccola quantità di libri esposti fuori dal negozio in una valigia aperta, con un tostapane al suo interno che contiene un paio di libri e poi tavolate di volumi nel negozio che è come se venissero ad accoglierti sorridenti al tuo avvicinamento.

Si ha subito la sensazione di stare per entrare in un piccolo mondo che contrasta con quello esterno. Si ha come la percezione del rifugio, di potersi preservare un po’ dal tempo che scorre troppo velocemente per mettere in PAUSA la propria giornata e sbloccarla solo dopo, in un secondo momento, a proprio piacimento. Una sorta di sospensione comandata dei secondi, dei minuti, delle ore che scorrono. Poi, si entra nel vivo. L’atmosfera è di quelle che sanno come accoglierti, coccolarti, con grande discrezione per coinvolgerti via via facendoti sentire uno di famiglia. E’ una libreria calda che non ostenta, ma semplicemente si presenta quasi in punta di piedi. E’ evidente che sia molto personalizzata, che riflette un po’ il gusto (e l’essenza) e le idee di chi la gestisce, di chi la vive ogni giorno e la manda avanti ogni giorno. Foglietti di giornali inseriti all’interno del libro o attaccati con una graffetta alla copertina, che parlano di quell’opera o di quell’autore, disegni di bambini attaccati su un lato del tavolo che offrono un’atmosfera di grande goliardia e leggerezza. A volte accade che le librerie puntino troppo sulla formalità e cosi’ diventano ambienti totalmente asettici, freddi, quasi privi di vita e di espressione, totalmente assenti di un linguaggio proprio con cui comunicare: mi mettono parecchio a disagio. Qui invece, tra scaffali di armadi che si alternano tra quelli che sembrano essere stati recuperati da qualche cantina e quelli appena sfornati dall’Ikea, seggioline colorate adibite per bambini (ma su cui, c’e’ da scommetterci, poseranno il loro bel culone anche gli adulti), uno splendido tavolo beige vintage dove sbucano da sopra, sotto, all’interno del cassetto, libri che sembrano quasi improvvisamente uscire, in tutto il loro entusiasmo di mostrarsi e di farsi conoscere, per coglierti di sorpresa e richiamare la tua attenzione. Una vecchia radio, una valigia esposta in vetrina, aperta, con all’interno libri che si presentano al passante in tutti i loro colori e titoli accattivanti.

La disposizione dei libri non è una scelta casuale. Sia sui tanti scaffali che nell’insieme danno una bellissima immagine di pienezza e intensità, sia sugli enormi tavoloni splendidi collocati in mezzo al corridoio (che è il negozio) che conduce alla cassa. (alla cattedra). Tavoloni interamente ricoperti di libri (uno spettacolo di colori), cosi’ come il divanetto nero, con cuscini verdi (un bel contrasto netto, non c’e’ che dire, che ha attirato la prima volta subito la mia attenzione) posto frontalmente a pochi passi dalla cassa, su cui giacciono libri e riviste, per fare subito compagnia al lettore che intende trovare comodità e relax anche solo per un momento. Sedendosi, ci si trova frontalmente posizionati alla postazione pc dove Andrea si apre a chiunque con la sua straordinaria disponibilità e la sua contagiosa simpatia, tipicamente romagnola, sempre pronto e reattivo a suggerirti consigli di lettura, a intavolare una o piu’ discussioni sul mondo del libro, scambiandosi opinioni, punti di vista, appassionate mini-recensioni su quello o quell’altro libro, dandosi spazio a esclamazioni entusiastiche enfatizzate con espressioni come “Ma no dai, ma è imperdibile. Non puoi non averlo letto, ma scherzi?”.

Piu’ di uno scaffale stracolmo di graphic novel: la prima volta che sono entrato e il mio occhio è caduto su questa spettacolare zona della libreria, credevo di impazzire. Cose che solitamente in una libreria che fa altre scelte di catalogo da tenere esposta nel proprio negozio, non ci sono praticamente mai. Ma c’e’ davvero di tutto: il tavolo per le novità, posto immediatamente all’ingresso, la sezione dei saggi di cinema, di poesia, di narrativa, di musica (di cui Andrea è un grande appassionato).

Insomma, le vere librerie sono quelle che hanno un’anima loro. Pensata, creata, sfoggiata, comunicata. Frutto della forza e della potenza delle piccole cose che l’addobbano, a cui spesso magari non ci si fa caso. Ma a chi ha un minimo di sensibilità balzano subito all’occhio, senza tuttavia distrarti. Ti stuzzica, ti solletica, cerca un contatto con te, ecco cosa fa.

Lo spazio non è quello tipico di una libreria di una grossa catena (ampio, standard e ripetitivo, ufficiale), , ma proprio per questo penso che sia sfruttato decisamente meglio, con maggiore cura e passione. Autori poco conosciuti sbattuti (finalmente) in prima pagina, lo stesso vale per gli editori che faticano a trovare spazio per muoversi in mezzo a una concorrenza infinita in campo editoriale, qui hanno il palcoscenico per sfruttare una ribalta che altrove si sognano. Qui, appena ti giri, ti salta subito all’occhio un qualche libro, attirato da un particolare che colpisce. Perché, e va detto, qui i libri hanno il loro diritto allo spazio, senza essere sbattuti dietro le quinte come accade spesso nelle grandi librerie. Ogni libro ha, per cosi’ dire, pari diritto di farsi bello e schioccare un bell’occhiolino a chi entra in libreria, pari opportunità di venir scelto anche per una semplice sfogliatina senza impegno d’acquisto.

Andrea si impegna tantissimo per promuovere il libro a Rimini. Organizza eventi, presentazioni, insomma si da un gran d’affare. A dir la verità, a Rimini ci sono anche altre librerie molto attive e impegnate come ad esempio la Libreria Riminese, la Libreria Il Libro e La Vela che organizza il Moby Cult ogni estate ormai da vent’anni, la libreria Viale dei Ciliegi dedicata soprattutto ai bambini e ai ragazzi, che compartecipa all’organizzazione di “Un mare di libri”. Basta poco per accorgersi del grande impegno di questo ragazzo iscrivendosi alla newsletter o al suo gruppo su face book. C’e’ movimento, c’e’ attenzione attorno al suo bellissimo lavoro, alla sua energia che mette in campo con tutto se stesso, c’e’ anche affetto. E’ un bel premio (la gente che ti viene a trovare, che ti chiede consigli su un libro, che presenzia agli eventi che organizzi, che compra da te), anche se naturalmente un ragazzo che aspira ad aprire una libreria, non lo fa di certo per diventare milionario. Meglio toglierselo dalla testa fin da subito per evitare di costruirsi castelli di carta farraginosi.

Forza, allora, che si aspetta a fare un viaggio nella Rimini forse meno conosciuta a dispetto di quella fatta di spiagge, alberghi, discoteche? Quella della cultura, del libro, degli eventi, della grande attività di questi piccoli grandi artigiani del libro, che non vedono l’ora di parlarvi di libri, scambiarsi opinioni, a un tiro di schioppo dal centro città, dove già a una certa ora si sente la scia calda del profumo di piadina attorcigliarsi attorno alle proprie narici.
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Una Casa Vianello in stile british

venerdì 17 settembre 2010

Un condominio, in una zona benestante di Edimburgo, piu’ precisamente situata  in 44 Scotland Street che dà il titolo al libro , è il teatro in cui prendono vita, le vicende strampalate, sgargianti, profondamente umane della batteria di personaggi, strambi, quasi caricaturali, partoriti dalla penna ironica, rigogliosa armoniosa e riflessiva di Alexander McCall Smith.

Il palazzo abitato sembra un microcosmo sul quale è piazzata un’enorme campana di vetro che lo separa dal mondo circostante. Appena si varca il portone d’uscita dell’edificio, è come andare incontro a un’improvvisa ondata d’aria che lascia un po’ colti di sorpresa.
Un caleidoscopio variegato, brillante, di personaggi e situazioni tra i piu’ disparati, che intrecciandosi, danno il via a una guizzante, elettrica, ricerca di un senso da dare a se stessi.

La base di partenza è l’assoluta quotidianità delle loro esistenze che in apparenza non lascia trasparire nulla di eccezionale: c’e’ Bruce, un alto, belloccio, menoso e narcisista ragazzo che lavora per un’agenzia immobiliare, c’e’ Pat, ragazza estroversa, in cerca di un’aria nuova,  che ha deciso di lasciare casa per prendersi due anni sabbatici dallo studio, poi ci sono Irene e Bertie, madre 30enne e figlio di 5 anni, che si vedono coinvolti in un braccio di ferro su quella che è la via educanda migliore per crescere il figlio, e poi come dimenticare ancora Matthew, figlio di papà, a cui è stata affidata una galleria d’arte e in realtà è ignorante e disinteressato come una capra riguardo all’arte. C’e’ poi Domenica, eccentrica donna tutto d’un pezzo, anziana antopologa, la spettegolatrice del condominio che non puo’ per legge mai mancare in questi contesti, che si interessa di tutto e tutti, energica, piena di vita,  e dispensatrice di storie lontane e consigliera ufficiale in presenza di confidenze (che si presuppone rimangano tali, da parte di chi le fa)) altrui sugli uomini.  E in aggiunta, altri personaggi di contorno,  che servono a dare ulteriore colore all’ambientazione e un paio di personaggi niente male che dopo qualche apparizione fugace a inizio libro, si preparano, in conclusione della storia, a prenotarsi un posto di riguardo nei successivi volumi della serie che fuori dall’Italia è ormai giunta alla settimana puntata cartacea.

Mc Call Smith ci guida alla visita di Edimburgo, la città nella quale vive, entra come una telecamera in picchiata dall’esterno negli appartamenti dei nostri avvincenti  inquilini, facendoli parlare, comunicare  insinuandosi nei loro pensieri piu’ intimi e inviolati e nei loro altalenanti stati umorali che si scambiano continuamente posizione durante la giornata.  Ci vengono dipinti attraverso le loro credenze, i loro vizi e le loro virtu’, le abitudini e la loro filosofia di vita.  Esaltandone i difetti, spacciandoceli come normali, naturali, come un valore aggiunto, come quel pizzico di pepe che serve a fomentare la monotonia, anziché facendo demagogia spicciola come spesso capita leggendo certi libri, che ti spara in testa un istinto suicida difficile da contrastare.

Ogni personaggio, con le sue peculiarità uniche e distinte, presentato nitidamente quasi quanto una fotografia appena scattatagli con una reflex con teleobiettivo caricato, viene analizzato in profondità, a volte schernito, altre compatito, e nonostante (o forse appositamente perché) a separarli ci sia un abisso di diversità, si amalgamano alla perfezione, creando un tutt’uno movimentato e dinamico, ma anche estremamente delicato, che riesce a conquistare il lettore, affascinato dalla normalità che sente cosi’ sua, delle pedine che muovono il romanzo.

Un romanzo, come detto, scanzonato, non pretenzioso, incalzante, brioso, fresco, delicato, pensato per un pubblico di lettori ampio, privo di barriere all’entrata. Ci si perde piacevolmente all’interno del susseguirsi degli eventi , camminando per negozi, ristoranti, locali edimburghesi quasi per mano con i personaggi. Sono spassose le rese in discorsi diretti in prima persona , dalla voce del personaggio di turno, di cio’ che in realtà non viene detto in realtà, ma solamente pensato. Una sorta di gossip del pensiero, una paparazzata canaglia. Cosi come divertenti sono i malintesi involontariamente burleschi, le scivolose cadute spiazzanti e imbarazzanti che creano un momento di sospensione sconcertante, amori non corrisposti, tentativi di conquiste improbabili, sofferenze dannose di cuore e nuove sorprendenti scoperte improvvise.  Il tutto con una spruzzata di tipico humour british, che ha la forza di essere brillante ma anche amarognola e riflessivo.

L'autore scozzese (ma nato e cresciuto in Africa), con le sue vicende, il suo mondo, è riuscito a fare centro. E questo è cio’ che cerco in un libro, evidentemente strutturato diversamente e scritto con al suo interno delle varianti facilmente riconoscibili,  rispetto a tanti altri, per cui certi paragoni con altri testi andrebbero fatti con i piedi per terra e con distinzioni necessarie e doverose. Ma ha il merito, appunto, di aver saputo toccare il nervo giusto, di avermi saputo invitare con la semplicità di una trama umile, lineare, delicata ed elegante allo stesso tempo , a una partecipazione diretta, intensa, coinvolgente e umana.

Il condimento è perfetto , la ricetta semplice ma sapientemente calibrata per soddisfare i gusti un po’ di tutti: commedia, tanta, in dosi abbondanti  qualche punta di giallo e di mistery per “pepare” il ritmo della storia e anche un buon litro di sociologia e filosofia, che assunta in quantità equilibrate, non puo’ far altro che bene.
Chi lo assaggerà?
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Una lunga passeggiata fatta di libri

Che che se ne dica, in Italia la lettura, anche se non a livelli dei paesi scandinavi, regge. Ed è apprezzata. Basti pensare alle tantissime fiere e alle giornate dedicate alla lettura che si organizzano ogni mese nel nostro paese.
Da domani fino a domenica, a Torino prende vita la quarta edizione di PORTICI DI CARTA, definita nelle locandine di presentazione all’evento, come la “libreria piu’ lunga del mondo” (oltre due chilometri di bancarelle e migliaia di titoli da ammirare,sfogliare, magari da portarsi a casa). Pensata dall’assessore comunale al Turismo, Commercio e Promozione Altamura, e realizzato dalla Fondazione per il Libro,la Musica e la Cultura, con l’aiuto della Regione, della Camera di Commercio e di Iride, la manifestazione quest’anno è dedicata alla figura di Italo Calvino, morto esattamente 25 anni fa nella notte tra il 18 e il 19 settembre.

Una passeggiata tra alcuni degli angoli piu’ suggestivi di Torino (i portici di via Roma, Piazza San Carlo e Piazza San Felice, dalle 18,30 alle 24 sabato e dalle ore 10 alle ore 20 di domenica), all’insegna dell’incontro con librai (148), editori piccoli e medi piemontesi e autori, in una festa scoppiettante di spunti per tenere alta l’attenzione sulla lettura.
Presentazioni, bancarelle di libri, confronti e dibattiti, spettacoli e serate tematiche (in particolare su Calvino), faranno diventare Torino e le sue 17 vie coinvolte, un frastuono di voci vibranti che faranno vivere un weekend intenso a chi ha intenzione di esserci.

Per chi ha bambini al seguito, interessante la serie di iniziativa che coinvolgono i piccoli potenziali lettori del futuro con letture di favole di autori come La Fontaine e Rodari e di altri scrittori (letture anche in lingua madre) , veri e propri spettacoli incentrati sulla fiaba (ad esempio un dialogo inscenato tra i piu’ famosi personaggi delle fiabe tanto amate dai piccini) e laboratori che si preannunciano delle vere e proprie chicche da non perdersi.

Per ulteriori informazioni:

Sito ufficiale: www.porticidicarta.it/pdc010/home.html
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In viaggio contromano

martedì 7 settembre 2010


Micheal Proust, riguardo al viaggio, diceva: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Italo Calvino, invece: “Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.”
Mentre Charles Baudelaire: “Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perchè. I loro desideri hanno le forme delle nuvole.”
Partendo da questi bellissimi, poetici, delicati, armoniosi, ma soprattutto veri, virgolettati di personaggi di un certo calibro che tutti noi conosciamo,  affacciamoci sul libro di Michael Zadoorian, IN VIAGGIO CONTROMANO.
In Viaggio Contromano è un libro che accoglie tantissimi temi e che li cattura, quasi proponendoli in successione quasi come una stop motion, tratteggiandoli attraverso diverse pennellate, diversi colori, diverse tonalità, in base all’accento con cui meritano di essere offerti e trasmessi a chi legge.
C’e’  chi lo considera un libro di viaggio (e innegabilmente lo è), c’e’ chi lo considera una commedia brillante ma anche amarognola (e anche qui credo sia difficile negarlo), chi ancora lo vede come un romanzo drammatico paradossalmente di formazione, che ha tanto da voler insegnare.
La trama, nella sua struttura, è lineare ed essenziale: una coppia di ottantenni, decisamente briosi, ruspanti, iperattivi, sbarazzini, frizzanti, decidono che non c’e’ tempo da perdere: bisogna partire, prendere il loro Leisure   Seeker, vecchio compagno di viaggio interminabili quando erano piu’ giovani, e fuggire il piu’ lontano possibile da una vita che li sta tristemente abbandonando.  A entrambi viene diagnosticata una malattia grave e degenerativa: a John, l’Alzheimer, a Ella uno spietato cancro. Stanno per essere divorati da un male incurabile, che li affligge. E ne sono pienamente coscienti. Ma decidono di non piegarsi al destino, almeno non ora e cosi’ in fretta e furia preparano la loro fuga di attraversamento dell’America.  La loro è una scelta tanto improvvisa quanto ben calibrata, senza timori, senza tentennamenti, senza scetticismo, senza remore. Sembra una condotta tipicamente giovanile, anarchica, sovversiva, anticonformista, impulsiva. Una  fuga improvvisa organizzata da una coppia di ottantenni, alla ricerca di una libertà da godersi fino alla fine, decisi a staccarsi dal proprio destino deciso a consumarsi, per attaccarsi con tutte le proprie forze a quel poco che rimane loro da vivere. E’ una filosofia, un credo, non un disperato tentativo di recuperare tutto cio’ che si è perso o non vissuto.  Perché loro, nella loro straordinaria vita, hanno avuto tutto.
John ed Ella, si prendono per mano, si baciano, pensano ancora al sesso, vedono l’un l’altra negli occhi ancora quella fiamma di passione, di desiderio e dolcezza che li ha accompagnati fin da ragazzini ad oggi in un lungo viaggio insieme e che non si è ancora oggi spenta.
Viaggiano, attraversano, superano con il loro storico camper quasi coast to coast, gli Stati Uniti, nella loro terrificante grandezza, nella loro paurosa desolazione, nella loro mastodontica forza, nella loro straordinaria varietà di colori e paesaggi. Soli, John, Ella, il camper, la loro malattia e…le diapositive. Si, perché in ogni campeggio nel quale sostano, mettono in piedi un vero e proprio cinema con tanto di proiettore e telo e ci sparano su tutte le diapositive del loro passato. E i loro commenti fanno da sottofondo musicale alla visione. E pazienza se John, si dimentica anche il nome di sua moglie  ma si ricorda nei minimi particolari momenti, istanti, insoliti, in apparenza irrilevanti.
Si passa per viste panoramiche  mozzafiato a città fantasma lugubri e desolate, a deserti stepposi dove è il silenzio assoluto a dominare e dove i colori sembrano afflitti da una depressione cronica, battendo strade asfaltate o strade sterrate su cui il camper mostra la sua vecchiaia e le sue fatiche, passando per campeggi alcuni da favola, altri inquietanti nel loro triste aspetto abbandonato, fino a hotel (tanto da non preoccuparsi dei soldi a disposizione, investendoli anche in una suite enorme) e ristoranti dove mangiare esattamente il cibo che andrebbe evitato, a maggior ragione se malati (hamburger, patatine fritte, alcool, pepsi a litri e via dicendo).
Tantissimi incontri nascono on the road, com’è prevedibile. E infatti John ed Ella si imbatteranno per strada con hippies che intendono brindare con i nostri nonnini mentre si sono intrufolati a vedersi il film della loro vita proiettata su un video schermo improvvisato, criminali che tentano di derubarli ma vengono alla fine scacciati, ragazzini 14enni già alle prese con una figlia da accudire che vengono invitati con dolcezza a una cena in camper, e tantissimi altri personaggi tra cui cameriere, impiegati d’albergo, benzinai che incrociano la loro storia ancora tutta da raccontare, fino alla fine di tutto.
Alle numerose diapositive portate con sé, si aggiungeranno tanti altri fotogrammi, nuovi scatti consumati via via per strada, utili quasi a cercare disperatamente ma anche con dignità e coscienza, a fermare il tempo, per far si che non ci si debba preoccupare del “dopo”.
La loro non è una fuga disperata, dettata dalla folle paura della morte che si intende evitare a tutti i costi. Il loro è un desiderio, commovente, di restare insieme, fortemente uniti , di dimostrarsi ancora cio’ che fin  da ragazzi non hanno mai smesso di concedersi:  amore incondizionato, grande attenzione l’uno per l’altro, forte indipendenza dagli altri, mano nella mano, tante risate, il capirsi al volo senza l’utilizzo delle parole, determinati da un carattere forte, intraprendente, coriaceo, determinato.  Ma forse la dimostrazione piu’ grande che possano darsi in questo viaggio è un’altra: di essere ancora vivi e soprattutto vivi INSIEME. Perché spesso capita di leggere tra le righe e non, nel libro, che forse l’unica vera, grande, terribile paura è una sola: quella di rimanere soli, senza l’altro, senza l’altra. E qui si che la faccenda diventerebbe straziante. Il solo pensiero di un’eventualità del genere, li manda in crisi, in black out.
E’ un libro amaro in certi momenti, ma colmo di speranza, di riflessioni su cui ragionare, di siparietti esilaranti, ma anche commoventi fino alle lacrime. Leggendo i loro botta e risposta, mi vengono immediatamente in mente Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Chissà perché.  
Anche nei momenti piu’ dolorosi, in cui John perde la memoria, non riconosce la moglie né se stesso, o quando in camper e sua moglie nel bagno dell’autogrill e parte a manetta dimenticandosi di avere una moglie a bordo, o quando si bagna a letto e dimostra l’indipendenza di un bambino, o quando lei piena di dolori rischia castamente di cadere per terra e successivamente di rimanere impiantata a letto, c’è una luce che non smette mai di illuminare il loro viaggio. Chilometri e chilometri di ansie, paure, certezze, conforti, confidenze con uno sguardo ogni tanto rivolto a un passato a cui hanno dato tanto e loro hanno ottenuto altrettanto. I figli, preoccupati della loro fuga, costantemente in ansia, alla disperata ricerca di convincerli a tornare sui propri passi, i nipoti, in attesa di farsi coccolare dai loro nonni: tutti in attesa del loro ritorno a casa. Ma loro sono diretti verso il mare e verso Disneyland e non vogliono sentire nessuna ragione che possa impedire loro di terminare il loro progetto finale di vita.
La bellezza assoluta del libro, secondo me, risiede nel fatto che a dominare non siano i sentimenti negativi come ansia, paura, malinconia, disperazione, ma al contrario, brividi emozionali come l’amore, il valore impagabile di un sorriso e di uno sguardo, la piena coscienza di se stessi e di essere ancora vivi e forti, capaci di tutto. Anche e in particolar modo, in un contesto in cui è il dramma in teoria a dover muovere le pedine, la malattia. E invece no, sono loro a imporsi autisti della propria esistenza, o almeno di quello che rimane loro, senza farsi ricattare o imporre o dominare da un destino che sembra aver già deciso il finale per loro.
La vita si vive una sola volta, lo hanno capito benissimo John ed Ella,che malgrado i forti ostacoli che si sono frapposti tra loro, continuano a praticare le loro piccole ritualità come nulla fosse, a immetterci forza, energia, pieno coinvolgimento emotivo senza freni. La batteria per loro è quasi scarica ma vogliono sfruttare quel poco di energia rimasta che ancora li alimenta per allontanare qualsiasi sentimento negativo, per mantenersi a distanza di sicurezza dai facili rimpianti, e godersi nel pieno delle loro possibilità fisiche e mentali quello che viene concesso loro.
Sembra essere una vecchiaia felice, una malattia che c’e’ ma con la quale si riesce a convivere con estrema lucidità e intelligenza. Ma i momenti di abbattimento ci sono, eccome, cosi’ come una non accettazione di quello che sarà poi, tante domande ci si pone, soprattutto sulla fine di tutto senza il proprio amato/a al proprio fianco.  E’ un inno alla libertà, all’amore, al viaggio: e la miscela che nasce mescolando questi che definirei molto piu’ che semplici valori e credo, è il motivo fondante per cui la vita va amata sotto ogni aspetto e nonostante tutto. E dimenticavo, è la ragione numero uno per cui da lettore, consiglio spassionatamente  a tutti una straordinaria lettura come questa.
Per concludere citiamo una bella pillola di Mark Twain: “Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite.”
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Mantova si avvicina...

lunedì 6 settembre 2010

Ci stiamo avvicinando a passi veloci al nostro secondo Festival della Letteratura Mantovano.
L'attesa cresce, le aspettative si arrampicano velocemente verso l'alto, e si vorrebbe essere là già ora, a vivere il countdown che ci separa al via ufficiale piu' che di una manifestazione o evento, di un'esperienza.
Pochi giorni, 5, che sono certo voleranno via in un batter d'occhio. Senza neanche accorgersene quasi. Perchè è sempre cosi' quando si ha a che fare coi momenti piu' belli e sentiti: scorrono via accellerando, anzichè bloccare e fermare l'istante.
Vorrei che quei 3 giorni, perchè  arriveremo soltanto il 10 fino al 12, si bloccassero per magia, dondolassero, sospesi, sopra il resto del tempo che passa, vorrei durassero mesi, senza dover provare malinconia del ricco vissuto che si è fatto già ricordo dopo poche ore.
Incontri con scrittori, una città meravigliosa da vivere intensamente, amici da incontrare e con cui ridere, scherzare, abbandonarsi a confidenze, pacche sulle spalle, il semplice piacere dello stare insieme, le lunghe passeggiate da percorrere insieme tra un evento e l'altro, un panino e l'altro, una cena chilometrica di sedie e l'altra.
Io sono pronto, ho già la valigia pronta colma di libri ma soprattutto di tantissimo entusiasmo e una voglia irrefrenabile di donarmi e abbandonarmi completamente a quello che mi appresto a vivere, senza alcun pensiero per la testa, insomma libero di LIBRARMI.
I libri, ma tutto cio' che ruota attorno ai libri, è un mondo fantastico, da assaporare e gustarsi fino all'ultima briciola, da annusare e catturarne l'essenza fino all'ultima polvere di scia che lascia nell'aria.
Mantova arriviamo, macchina fotografica al collo, libri nello zaino, scarpe comode, storie da vivere e da scrivere (e poi raccontare) e anche tanta roba da magnà (permettetemelo, perchè l'Italia offre cosi tante varietà culinarie, che neanche Mantova sfugge a questa regola).
A tra pochi giorni, Mantova. Sarà come sempre piacere rincontrare e convivere con la tua bellezza.
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In vacanza si legge davvero di piu?

mercoledì 1 settembre 2010

Piu' tempo libero, meno lavoro, meno studio, meno impegni quotidiani che tolgono spazio alla libertà del momento di una lettura a cui dedicarsi completamente, magari sdraiato sul letto, in spiaggia sotto l'ombrellone, o in giardino. La vacanza è davvero il momento in cui il lettore imprime un'accellerata intensa alla sua fame di libri?  La vacanza, per molti, costretti dalle ferie del lavoro, è spesso e volentieri un vero e proprio programma organizzato in anticipo per slegarsi dal ritmo cittadino stressante. Si cercano mete turistiche particolari, molte all'insegna dell'avventura selvaggia, altre studiate a fondo per alimentarsi di cultura e storia, altre ancora dei percorsi tutto particolari all'insegna del divertimento e del movimento. Quindi, diventa fondamentale non sbagliare vacanza, specie se i tempi a disposizione sono ristretti. Girando da turisti iperorganizzati, muovendosi come esploratori intermanente orientati all'improvvisazione del momento, mi chiedo: ma si riesce a trovare il momento per leggere?  E' chiaro, dipende dal percorso e dalla vacanza che uno intende fare. Al mare, all'insegna del relax piu' sfrenato, beh la lettura trova terreno fertilissimo. Ma appena ci si intende muovere, viaggiare, ecco che allora anche il momento per la lettura viene meno. Io in primis ho provato questa cosa: in viaggio on the road in Toscana, tra mare e borghi, tra colori emozionanti e storia da vivere direttamente sul posto, appena si rientrava in albergo, puff, il cuscino era ad accogliermi a braccia aperte. Niente libro. Quando ti ritrovi fuori di casa dalle 9 del mattino fino alle 11 di sera, con un piccolissimo pit stop in stanza per cambiarsi e lavarsi, diventa poi complicato riuscire a mettersi sdraiato e leggere. Vuoi per la stanchezza, ma anche per l'oggettiva mancanza di tempo materiale. E naturalmente, ogni volta inciampo nell'errore che il lettore medio commette: portarsi dietro 2-3 libri convinti di riuscire a leggersi a mani basse almeno due titoli. Grande, enorme, gigantesca cazzata. Almeno, parlo per esperienza personale. La vacanza quindi come immersione in apnea nel libro è certamente quella da mare, lettino e ombrellone. In quel caso il libro è un compagno fedelissimo, a cui non si puo' fare a meno. Dire che riempie le giornate, è brutto secondo me. Meglio dire che ti "accompagna", ti "segue", ti "rapisce".  Poi, è chiaro, se ti capitano vicini di ombrellone casinisti, li' ti viene voglia di mandare a fanculo tutti e ahimè, il libro viene richiuso dalla disperazione, solleticandoti istinti omicida difficili da trattenere. 
Io, anche in spiaggia, specie la mattina, tendo ad addormentarmi quasi subito, poi subito in mare, a raccogliere la cibaria che l'acqua mette a disposizione gratuitamente alla gente e le ore passano e cosi' le pagine lette non vanno avanti. Sono un pigro da lettura in spiaggia? Incredibile ma vero.
Tant è che in questa estate ho letto pochissimo. Ancora meno se fatte le proporzioni con le mie letture di febbraio-marzo-aprile-maggio. Ora siamo appena entrati in settembre, vediamo se la macchina da lettura riprenderà a marciare come si deve, ritrovando i ritmi che gli competono.

Insomma, per la lettura, la vacanza è uno spasso? E' il momento ideale per buttarcisi a pesce dimenticando quasi tutto il resto? E' il momento della libertà ritrovata tanto attesa per tutto il resto dell'anno? (anche se è verissimo che il lettore i propri momenti piccoli di libertà riesce a trovarseli anche tra un impegno e l'altro, anche in luoghi e ore della giornata al limite del credibile).

Chissà, e intanto il lettore accanito continua a comprare, comprare libri, approfittando delle offerte estive che ci stuzzicano come non mai. L'acquisto compulsivo crea ingorghi di letture arretrate come il traffico di rientro di fine agosto dalle vacanze nell'imbuto autostradale presso Bologna: non se ne esce piu'. E qui, ci credo che poi le vacanze non riescono a smaltire gli arretrati. Ci vorrebbero 7 vite, non una.
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