Il libro che si presenta come un quadro

mercoledì 3 febbraio 2010

Il libro che mi ha dato l’input a pensare a questa discussione, è TUTTI I RACCONTI di Flannery O’Connor, edito da Bompiani, 14 euro, in perfetto stile tascabile, con una copertina da sogno: un quadro di Edward Hopper, GAS del 1940, che in questo caso si adatta e si taglia perfettamente su misura con la dimensione contenutistica-narrativa della raccolta di racconti. Una scelta artisticamente entusiasmante, perché Hopper e la sua arte sono molto potenti a livello espressivo nella loro assordante silenziosità, e questa scelta è testimonianza testimonianza del fatto che esiste una logica importante e ben studiata alle spalle in questa decisione di adottare proprio quell’autore e proprio quel quadro per invitarci a entrare nel libro: l’America degli uomini qualunque, di lavori comuni, umili, fatti di routine, di ambientazioni comuni e popolari, l’america della quotidianità e delle sue esperienze minimaliste (dal fare la spesa a leggersi il giornale, all’andare a lavoro come tutte le mattine per poi tornare a casa dalla propria moglie e i propri figli), del silenzio, quasi rispettoso che respira, dentro il quale c’e’ il sospetto, che si nasconda qualcosa. Ottima l’ idea di sdoppiare il libro, in quanto quadro e in quanto opera scritta.

Adoro quei libri la cui copertina è come se fosse un quadro: da ammirare, da vivisezionare nei dettagli. Anche la fotografia, puo’ accattivare decisamente la mia attenzione (e di fatto spesso ci riesce) e il mio gusto. Sono due arti straordinarie ma molto diverse. Ad esempio la Elliot sfoggia , quando le usa, fotografie perfette, scelte con cura e con grande senso estetico, per dare il timbro giusto al libro che non rischi di volgarizzarlo, di appiattirlo, di svuotarlo. Il rischio manipolazione e esagerazione pero’ comunque sempre è dietro l’angolo minaccioso, quando si deve scegliere una copertina, diciamo, fotografica.

Il mio personale gusto estetico mi suggerisce, tra disegno e fotografia in copertina, che è il biglietto da visita del libro e della casa editrice (perché ogni casa editrice ha un suo stile inconfondibile oltre che nel formato, impaginazione e scelta dei font, oltre che dal logo ovviamente, anche dall’immagine scelta per rappresentare i propri libri) , di propendere per la l’opera pittorica,anche se dipende poi molto dai casi, perché ogni libro viene esaltato dall’una o dall’altra o magari da entrambe le possibilità, poi tutto deve tener conto inevitabilmente della preferenza soggettiva del “consumatore”.

Penso pero’, che il disegno sia piu’ naturale, piu’ straordinariamente perfetto nella sua imperfezione, sfumato in maniera tale da rendere partecipe il lettore nel gioco interpretativo e di ricomposizione dei pezzi di un puzzle, rispetto alla fotografia, e sempre rispetto alla fotografia molto meno manipolabile e decisamente meno malizioso e fazioso delle volte. Il disegno lo trovo piu’ricco da un punto di vista del saper incanalare emozioni, molto piu’ narrativo, caldo anche se forse meno seducente; la fotografia in copertina a volte mi trasmette una certa freddezza, una certa cupezza, oscurità ingannevole, malgrado tutti i miracoli che riesce a fare prima una reflex e poi Photoshop, in grado di imbastire creazioni di impatto notevolissimo. Poi c’e’ tutto un lavoro grafico fatto esclusivamente con programmi grafici, e anche da li si riescono a estrapolare gioielli non da poco. Di esempi ce ne sono a iosa e sparsi un po’ ovunque.

Da quel che si è capito, insomma, amo le copertine con opere d’arte rappresentate. Dall’artista piu’ marginale, a quello piu’ celebrato e reclamato. Le copertine in tal senso possono anche rappresentare un veicolo di conoscenza e di scoperta di quadri, autori d’arte. Una spinta in piu’ alla conoscenza che non guasta mai. Anzi. Non è mai capitato che da un testo, dalla sua copertina poi qualcuno si sia informato sulle opere di quell’autore e sia andato a vedere qualche sua mostra? Io penso di si.

Da quello di strada, all’artista del 700. (le opere di artisti contemporanei o comunque novecenteschi, appaiono molto di piu’ su libri di piu’ generi, gli artisti antecedenti, se ci si fa caso, è nelle mani quasi esclusivo dei classici). Dipende poi chiaramente, molto anche dal libro e dalla casa editrice come lo confeziona, naturalmente. Io odio i libri con brossura,li preferisco piu’ malleabili, piu’ comodi da portare in giro, piu’ alla portata di qualsiasi tipo di lettura si voglia fare, che si possa “smontare” la copertina dal resto del libro, che possa mantenere una sua unità e compattezza forte, senza il rischio sporcare il libro o di dimenticarsi la sovra copertina da qualche parte, di fatto spogliando e denudando l’oggetto libro, che rimane orfano della sua piccola corazza, del suo abbigliamento, del suo ornamento esterno, della sua seconda pelle.

Per i classici, moltissime case editrici per le loro svariate collane (Newton Compton, Mondadori ma sono solo alcuni), hanno deciso di “timbrarle” con una copertina decisamente evocativa che richiama la “solennità” dell’opera. Un Caravaggio, evoca rispetto e anche sudditanza, cupezza, monumentalità nelle forme, prestigioso. Diverso rispetto a un Haring che invece si muove nella direzione opposta, ovvero del movimento, della sinuosità e quindi maggiormente adatto a libri piu’ sbarazzini, piu’ libertari, piu’ leggeri.

Alla letteratura minimalista, corrisponde l’arte realista. Sembra essere questa la strada ormai battuta da chi deve confezionare il prodotto libro. Anche la fotografia in questi casi è essenziale, senza perdersi troppo in barocchismi che avrebbero del ridicolo. Cosi’ come al classico si tende a far corrispondere automaticamente la pittura trecentesca –quattrocentesca-cinquecentesca. Si parte forse dalla convinzione che chi ama quel tipo di letteratura sia informato e interessato anche alla medesima corrente artistica in ambito pittorico e abbia fatto esperienza, e quindi viene accolto in qualcosa che già gli è familiare e non un perfetto estraneo. Mi piace pensare che ci possano essere queste logiche dietro la creazione dell’oggetto libro, mi fa pensare che il libro possa vivere una seconda vita propria, con una maggior forza espressiva.

Il libro lo si vive leggendo ma lo si ascolta anche, ci si costruisce delle immagini, anzi le si acquisisce, arrivano loro da te attraverso la parola che crea forme, ambienti, fisionomie, colori. E cosa c’e’ di meglio che prendere in mano un libro che fin dalla copertina ti offre anche un vero e proprio quadro da osservare quante volte si vuole e alla distanza che si vuole? Il libro come una sorta di mini-museo. Mica male.

2 commenti:

Gio ha detto...

ma amoreee non ti dovevo aiutare io???
:(

Matteo ha detto...

Ma dai, aggiungeremo qualcos altro piu' in là, tu cerca cerca:-))