E morirono tutti felici e contenti...

venerdì 30 luglio 2010


La vita non è una favola. E’ una verità che si tocca con mano tutti i giorni sia nelle piccole che nelle grandi cose,ovunque, dove la fatica, la precarietà, le frustrazioni continue, i fallimenti pressoché quotidiani superano l’illusione di una felicità, quasi magica,  facile da ottenere con un semplice movimento di bacchetta o l’intervento di un Genio pronto a esaudirti seduta stante i tuoi desideri infiniti e impossibili.
La vita è ben altro. Le fiabe aiutano a sognare, a crescere, a credere, a costruirsi un immaginario nel quale coltivare le proprie fantasie di fuga verso mondi lontani, ma c’entrano poco, pochissimo, con la strada sterrata a luci spente, piene di buche, in salita, che si deve percorrere vivendo. Vivere è tutto un altro paio di maniche.  
“E MORIRONO TUTTI FELICI E CONTENTI” è un titolo parecchio buffo, frizzante,evidentemente ironico ma anche piccatamente e spiccatamente amaro, cupo, beffardo, azzeccatissimo  per spingerci ad aprire il libro con quella curiosità e trasporto che il prima il titolo, poi la copertina e poi la retrocopertina suscitano.  Ma attenzione al contenuto, che richiede una partecipazione attenta,  attiva, profonda  da parte di chi si immerge nella sua lettura.  
E’ una rivisitazione ambiziosa in chiave moderna della fiaba che non contempla piu’, in questo caso, tutti i connotati tipici del genere fanciullesco ma si apre a una diversa lettura, adulta, riflessiva e critica, coinvolgendo le problematiche piu’ impellenti della società di oggi.
Hanno partecipato al progetto editoriale di Neo Edizioni, giovani firme italiane affamate di scrittura, che hanno incasellato un pezzetto ciascuno del proprio stile di scrittura, della propria inventiva, della propria visione della realtà, in un collage variegato di diversa coloritura letteraria che non puo’ non attirare l’attenzione di chi legge.  Cosi’ , passare da un racconto a un altro, significa si passare da una storia a un’altra ma anche da un tipo di scrittura a un'altra, da un tipo di personalità a un’altra, da un punto di vista a un altro.  Ed è un viaggio assolutamente suggestivo e stuzzicante per il lettore che si sente come cittadino di mondi diversi da percorrere semplicemente sfogliando le pagine, ritrovandosi improvvisamente in un luogo diverso da quello precedentemente percorso.
Non si trova divertimento e lieto fine, appagamento, relax emotivo perché non si puo’ ridere,  volare con la fantasia e evadere quando si toccano temi seri e impegnativi inerenti i nostri giorni come episodi di cronaca, la politica, la religione, le battaglie morali e quelle interiori  esistenziali con se stessi.
La cenerentola qui viene ridipinta ai giorni nostri come un’adolescente milanese piuttosto annoiata, sola, abbandonata a se stessa in una città, Milano, che sembra annullare la persona in vista di un assemblaggio di personalità, quasi industriale.
Pollicino è un grave invalido che improvvisamente perde tutto cio’ di cui viveva,  e viene presto spedito nel dimenticatoio da una società che fatica ad accettare i menomati e i diversi.
La piccola fiammiferaia altro non è che una prostituta fisicamente mastodontica con una storia alle spalle drammatica e deprecabile suo malgrado, ormai priva di qualsiasi certezza e di uno straccio di futuro da programmare, desolante nella sua esistenza a dir poco precaria, ferita da un’infanzia terribile e da un presente addirittura peggiore che la condurrà a una fine atroce.
La Bella addormentata  è una donna, 33enne, ferita psicologicamente (e non) da un evento scioccante,  e perde la propria vita, il proprio mondo, il proprio futuro , pur rimanendo in vita (si fa per dire) e cerca in tutti i modi di regalare cio’ che non ha potuto vivere come avrebbe voluto, alla sua badante rumena che ha avuto il delicato compito di accudirla e prendersi cura di lei.
La Bella e la Bestia racconta di un ragazzo piuttosto insignificante, brutto, di poca personalità, che incontra per miracolo una ragazza fantastica, la quale lo abbandonerà poco dopo che l’azienda di suo padre riprenderà a marciare dopo una gravissima crisi economica che ha rischiato di mandarli sul lastrico. Il ragazzo a quel punto tramerà la vendetta piu’ infima, irreversibile, lancinante.
In questa gran bella raccolta,  composta da 18 racconti tutti scrupolosamente selezionati da un’ampio serbatoio  di scritti tra piu’ disparati pervenuti alla casa editrice,  l’intento non è stupire con effetti speciali o regalare al lettore un altro mondo fatto di sogni e lieto fine, alternativo a quello reale, ma l’obiettivo altro non è che quello di prendere atto del fatto che i cattivi delle fiabe, l’antieroe, è ravvisabile in ogni momento della nostra vita di tutti i giorni: al citofono truffatori che cercano di adescare vecchiette a ingannevoli associazioni, automobilisti che ti inseguono fino a casa se in un viale hai tagliato loro la strada, un collega di lavoro che trama alle tue spalle per farsi migliore agli occhi del proprio capo,  vicini di casa apparentemente normali che spargono da un giorno all’altro il loro appartamento del sangue dell’altro,  amici che ti offrono sostanze stupefacenti e cosi’ via. L’elenco sarebbe interminabile.
Racconti, alcuni divertenti, altri dal retrogusto amaro, altri grotteschi,  ancora cinici o semplicemente reali nel loro resoconto di eventi che sfociano in conseguenze letali. Insomma, un catalogo di personaggi, ambientazioni, relazioni che avvertono il lettore di dimenticarsi completamente delle fiabe secondo quello che è il loro significato corrente e prepararsi ad accogliere un reticolato di messaggi che puntano a suscitare una qualche reazione emotiva in chi legge piu’ profonda di una semplice risata.
Non si addolcisce la pillola leggendo questo libro, anzi se possibile ci si inacidisce di altro sapore aspro, amaro per allarmarci sull’immanente e imminente pericolo con cui, spesso inconsciamente, abbiamo a che fare in ogni istante della nostra,solo apparentemente, innocua e scontata routine fatta di lavoro, fare la spesa, frequentazione di amici e di tempo libero. Il sentirsi sicuri e protetti è una fiaba. L’equilibrio e la pacifica convivenza col mondo è un sogno illusorio, sempre cosi’ realmente minacciato da forze invisibili e imprevedibili pronte a colpire, spesso nei momenti, nei luoghi e dalle persone di cui meno te lo aspetti.
Il lieto fine non viene negato a priori, e ci mancherebbe altro,ma non è precostituito, scontato, va costruito passo dopo passo a partire da noi stessi. Il lieto fine è sempre qualcosa di parziale, misurato per singolo momento, per singola esperienza, perché la vita in sé, che fluisce nella morte, non ha per ovvi motivi il lieto fine. La vita non è una fiaba dal lieto fine già scritto, è anzi una bellissima opportunità di raccontare e vivere se stessi, porgendo mattone su mattone per edificare qualcosa di importante, con l’inghippo  dell’imprevedibile costante che per certi versi da maggior sapore a tutto quello che siamo, diciamo e facciamo nelle nostre piccole, difficili, complicate esistenze. 
Prezzo: € 13.00
ISBN: 978-88-96176-00-9
Pagine: 288
Formato: 14x20

Sito web: www.neoedizioni.it/neo/
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Il figlio del cimitero - Neil Gaiman

giovedì 22 luglio 2010

Vivere in un altro mondo: una sorta di critica nobile, usata spesso per intendere chi ha un’aderenza un po’ discutibile con la realtà nella sua concretezza di tutti i giorni, ma questa espressione si trasforma per alcuni soggetti dalla spiccata creatività artistica , in una fedelissima rappresentazione della propria esistenza. Neil Gaiman non è semplicemente una persona o uno scrittore, è molto di piu’. Incarna il magico, la fantasia, il sentimento, la poesia, mondi lontani che pero’ potrebbero appartenere anche a noi. E’ diventata un’ irresistibile follia per tanti, un distributore di sogni, un venditore ambulante di mondi fantastici, una fonte insaziabile di personaggi sia reali-eroici quasi vicini di casa per il lettore che figure eccentriche, stravaganti, sia nelle loro sembianze che nel loro collage caratteriale, che scalda l’immaginazione di tanti. Insomma, Gaiman è uno straordinario catalizzatore di vite che cercano di assumere i tratti delle esistenze che fuoriescono da questa mente geniale. Basti pensare a Nessun Dove e alla Londra nascosta, alla Coraline e alla casa piena di passaggi segreti, allo Stardust e del suo mondo fantastico pieno di piccole meraviglie tipiche della fiaba.
Il figlio del cimitero è un romanzo che ha avuto origine in realtà da un racconto scritto da Gaiman parecchi anni fa, prendendo a sua volta spunto da una passeggiata di suo figlio Michael, all’epoca aveva 2 anni, nei paraggi di alcune lapidi. E ha deciso poi di renderlo punto di partenza di una storia piu’ ampia. Il protagonista è un ragazzino rimasto orfano, a cui è stata brutalmente assassinata l’intera famiglia, ed è scampato per miracolo quasi per intervento divino al macabro omicidio, rifugiandosi nel luogo che per eccellenza rappresenta il cupo, la non esistenza, l’immobilità assoluta, l’inquietudine, la tristezza, l’abbandono, la desolazione che è il cimitero. Lui invece diventerà parte integrante di questa comunità che lo renderà un cittadino a tutti gli effetti del luogo, un vero e proprio membro di una grande famiglia che si prenderà cura di lui e grazie a lui riprendere in un certo senso a vivere nonostante tutto. Qui si darà anche un nome, Nobody, Nessuno,fortemente emblematico della nebulosità delle sue origini sconosciute da ricercare. Avrà un tutore, un padre e una madre che “vivono” sepolte in una tomba che ritroveranno la vita grazie a lui, avrà amiche improbabili, amici e persone di cui riuscirà conquistare fiducia e sentimento, eterni. Un’intera comunità di morti prenderà a cuore la sua situazione,e si prenderà cura di lui, innamorandosene. Qui Gaiman ci fa riflettere sul confine labile esistente tra vita e morte, e che non ci si dovrebbe mai sorprendere della presenza di chi in realtà, fisicamente, non c’e’ piu’. li sentiamo, accanto a noi. Nobody è una figura commovente, un’apertura straordinaria alla relazione con gli altri, in grado di illuminare tutto e tutti con la sua spontaneità, genuinità, pieno di curiosità tipica dei bambini che vogliono conquistare il mondo, che poi con l’avanzare dell’età si trasformerà in piena coscienza di sé e del proprio destino da affrontare a qualsiasi costo, è un amico, anche per il lettore, che non puo’ non amarlo anche per il coraggio straordinario che lo porta a commettere, come capita a tutti, sciocchezze dettate dal buon senso, azioni incoscienti ma intraprendenti, che portano con sé insegnamenti e conoscenze.
Non si puo’ chiudere la porta ermeticamente all’impossibile se ci si crede, c’e’ sempre qualcuno in grado di aiutarci, di darci conforto, di prendersi cura di noi, anche se noi non li vediamo. Nobody rappresenta l’innocenza, il dolore e la rinascita, il riscatto di una perdita irrimediabile, l’occasione di una vita comunque da poter vivere al meglio nonostante tutto, la crescita che porta a regolarsi e a rapportarsi con realtà sconosciute. La vita d’altra parte è una ricerca continua, un’esplorazione che non potrà mai definirsi completa e totale.
In questo libro c’e’ tutto ed è straordinariamente intenso:l’atmosfera visceralmente avvolgente, la magia del sentimento, la forza del coraggio, l’autenticità dei valori umani, il prorompente desiderio di riscatto, il fascino della curiosità, l’incontro tra mondi diversi, il CREDERE in qualcosa che apparentemente non esiste.
La morte vista come perdita, come fine di ogni cosa, come nullità, come mancanza. Gaiman la riabilita attribuendole addirittura un potere salvifico, quasi di riscatto. C’e’ sempre una missione nel destino delle cose, sia in vita che non, secondo Gaiman. Questo è uno dei nodi cruciali che arricchisce la sua creatività in sé e per sé. Bellezza e artististicità si mescola con il credo, i valori, la religione, la morale. Senza mai diventare ridondante, eccessivamente ripetitivo, monotono, retorico.
Altra questione: il passato, soprattutto quello complicato, nebuloso, criptico, doloroso, di privazione richiede sempre una risoluzione finale, un confronto faccia-faccia con le proprie paure che non puo’ essere rimandato per poter aprirsi liberamente al futuro che è un diritto alla vita di ciascuno. Nobody da bambino qual era, è diventato ragazzino, adolescente, e in questo suo percorso di crescita le domande si fanno sempre piu’ pressanti, bisognose di una risposta soddisfacente da dare ai tanti interrogativi che si accumulano. Le strade inevitabilmente si dovranno dividere, il vivo ha un’esistenza da godersi, che è anche un’incognita, i morti potranno vivere solo all’interno delle quattro mura del cimitero che possono vivere solo di ricordi. Il vivo dovrà crescere affrontando la vita, i defunti hanno già vissuto e ora riposano di tutte le fatiche sopportate in vita.
Un libro fuori dal tempo, intenso, profondo, di formazione, una meravigliosa favola oscura che culla il lettore attraverso eventi di grande speranza e riscatto, contro nefandezze come soprusi, violenza, potere, crudeltà, insomma il marciume umano che da sempre sporca e corrompe le anime degli uomini.
Questo libro, lo si puo’ dire, parafrasando una frase di Vasco Rossi o il titolo di un libro di Niccolo’ Ammaniti che prendo in prestito, ti prende e ti porta via. Sul dove, lo deciderà e lo capirà il lettore a fine lettura.
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Con te, partiro'....

martedì 20 luglio 2010

L'estate è per eccellenza il momento in cui dedicarsi alla lettura a tempo pieno. E' sempre un grattacapo scegliere tra la sfilza di libri che dalla tua libreria ti strizzano l'occhio per farsi portare con sè, sembra quasi scegliere tra i propri figli chi portare con sè e chi lasciare a casa. Senza dare troppo credito all’etichetta “lettura da sotto l’ombrellone” che denota una lettura piuttosto leggera, quasi resa stupida e inutile, ci sono secondo me letture tipicamente estive e altre forse non ideali per la stagione piu’ calda dell’anno in cui serve distrarsi dallo stress lavorativo quotidiano.

- Harry Potter e il calice di fuoco, è un must in ogni momento dell'anno, mi sono prefissato di leggerli a distanza di tempo, la voglia di Potter è impulsiva e ti puo' rapire in qualsiasi momento. L'importante è tenersi pronti a volare.

- Attraversami di Christian Mascheroni, la bellezza delle parole, delle immagini, dei pensieri che regala ti isola da tutto cio’ che ti circonda. E’ una lettura necessaria che me la voglio godere fino in fondo, magari in spiaggia libera senza troppo caos.

- La principessa di latta di Philip Pullman, il prequel della trilogia di Sally Lockhart, un salto nella Londra vittoriana che da freschezza e autorizza un viaggio temporale di quelli che nessuna vacanza esotica odierna riesce a raggiungere un’esperienza del genere.

- Cosmetica del nemico della Nothomb, non puo’ mancare mai un libro incisivo, spietato, ficcante della grande scrittrice nippo-belga, che in poche pagine regala a chi legge istanti intensissimi. Ogni suo libro va letto tutto d’un fiato e quale migliore occasione se non una giornata al mare puo’ garantire una tale opportunità?

- La notte della pauraDeaver , il brivido in estate lo sa regalare solo il caro buon Jeffery. Un Deaver in estate equivale alla porchetta a Roma: immancabile.

- Il collegio di santa luciaK. Russell, è una serie di racconti assai particolare, originale, surreale, che alimenta un po’ di sana anarchia che si sprigiona specialmente in estate.

- Dimmi Mary Robison, anche un po’ di sano realismo americano puo’ essere utile.

- E morirono felici e contenti, l’anticonformismo si sposa bene con la voglia di trasgressione estiva. Niente orari, niente frenesia, niente corsa contro il tempo, ci si abbandona al tempo. E questa raccolta di reinterpretazione delle favole classiche ho come l’impressione che mi divertirà tantissimo.

- Magic KingdomStanley Elkin, ecco questa è una lettura molto pericolosa, tremendamente seria e profondamente riflessiva.  La scelta di inserirlo nella mia valigia è dettata dal fatto che voglio anche in questa calda pazza estate, fermarmi un momento e pensare che tutto cio’ che di divertente, colorato, movimento, brioso, dinamico che mi sta attorno è solo una facciata tra le tante che si presentano. E’ bene, anche in questo clima festoso continuo che dura da maggio a settembre, non dimenticarsi di chi vive il dramma quotidianamente imprigionato in un’incertezza frustrante.
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Cronaca (personale) di un evento che deve diventare grande

lunedì 19 luglio 2010

Una ventata di letteratura fresca che in piena estate disseta come non mai la voglia di leggere.
Il libro non è solo Fiera del Libro di Torino o Festival della Letteratura di Mantova o Fiera della piccola media editoria a Roma. Ci sono tantissime altre splendide iniziative, piu’ a livello locale, che ingiustamente passano inosservate, vuoi perché non vi partecipano i colossi del mondo editoriale e vuoi perché, strettamente collegata alla motivazione precedente, i media non coprono come dovrebbero notizie come in realtà lo sono, eventi di questo tipo. Il meccanismo mediatico è ben evidente a tutti, ma ancora non ci si vuole rassegnare al fatto che qualcosa possa ancora guarire questa malattia piuttosto italiana. Roba da eterni ottimisti destinati a prendersela nel di dietro? Possibile, ma la speranza è sempre l’ultima a morire. A maggior ragione quando ci sono case editrici e autori bravi, davvero bravi, come quelli presenti a Finale Ligure.
Vento Letterario è nata grazie all’intraprendenza, alla passione, alla voglia di nascere e poi di crescere, di creare sempre piu’ occasioni di contatto coi lettori, visti piu’ come amici che obiettivo da mirare esclusivamente a livello di profitto, di Las Vegas edizioni che ha saputo richiamare a Finale Ligure altre case editrici, rigorosamente non a pagamento, come :18.30 edizioni, Bradipolibri, Camelopardus, Fratelli Frilli, Instar, Intermezzi, Iperborea, Isbn, Las Vegas edizioni, La Penna Blu, Marcos y Marcos, Minimum Fax, Miraggi edizioni, Neo, Nottetempo, Scritturapura, Stampa Alternativa, Voland, XII Edizioni, Zandegù. Certo, è innegabile che la propria bravura dev’essere legittimata per forza di cose anche dai numeri senza i quali si chiuderebbero presto i battenti, pero’ dietro le quinte è necessario che ci sia dell’altro, molto altro, che è un po’ il segreto di chi fa questo mestiere: grandi sbattimenti, lavoro pressoché senza soste, tanti tira e molla, tante decisioni sofferte.
Il tutto si è svolto in una bella piazza, Piazza Vittorio Emanuele II, piuttosto ampia e aperta, simile quasi ad un abbraccio pronto ad accogliere chiunque passi dal lungomare. Si affaccia sul mare, tantissima gente che viene e che va, con bambini che piangono, ridono e giocano divertiti e che cercano di comunicare a modo loro, ragazzi raggruppati in compagnie, in cerchio, a chiacchierare e decidere sul da farsi per la sera e per la notte che si preannuncia infinita, gente seduta ai tavolini dei bar a rilassarsi, fissando in silenzio nel vuoto, e ancora tanta tanta gente sulle panchine con il gelato in mano a godersi la miracolosa rinfrescata liberatoria che solo un gelato sa dare.
Tutto è stato preparato su misura, anche l’orario, scelto non casualmente (dalle 17 alle 23, orario per cui si puo’ realisticamente pensare che il paese si riempia anche degli emigrati balneari). Tutte le case editrici disposte come in una tavolata quadrata medievale (sembrava di partecipare a una cena tra amici), con i loro stand rigorosamente piantati attraverso il fai da te, ognuna con i propri gioielli esposti, sistemati scrupolosamente e con tanta cura, per attirare l’attenzione dei passanti. Il titolo affascinante, l’autore, le loro copertine colorate e frizzanti, con la presenza di chi siede dietro al bancone che è ben conscio della missione a cui è chiamato a rispondere: vendere non tanto un oggetto, ma storie appassionanti, mondi esplorabili, personaggi particolari, stili assolutamente originali e personali, che poi è tutto cio’ che piu’ rimane impresso nel lettore. Insomma, si fanno promesse di felicità e di sogni a occhi aperti. Come negarsi a un’offerta tanto straordinaria?
E’ la fiera della Piccola Editoria di qualità NON A PAGAMENTO, recita la locandina e il comunicato stampa. Cosa vuol dire in soldoni? Il termine chiave su cui focalizzare l’attenzione, e che è una discriminante per questa fiera, è “NON A PAGAMENTO”, ovvero il fatto che l’autore non deve scucire un euro per le sue copie pubblicate o alla firma del contratto, neanche una somma minima. Tutto avviene a spese delle case editrici, che ricevono i manoscritti, li leggono, li valutano, operano una selezione e una volta avvenuta decidono di puntarci, rischiando, credendo fermamente nell’autore, nel titolo e nella storia, investendo denaro proprio senza farne scucire all’autore che ha l’opportunità cosi’ di farsi conoscere con un appoggio enorme di chi crede in lui. E’ esattamente quello che secondo me dovrebbe essere di regola la norma, un percorso condiviso da seguire nella stessa direzione nel mondo editoriale ma ahimè non risponde a realtà.
Queste case editrici, ma anche altre non a pagamento che pero’ per un motivo o per l’altro non hanno potuto presenziare alla tre giorni ligure, devono suscitare ammirazione, profondo rispetto, grande considerazione nonché, a mio avviso, devono essere pensate come garanzia di serietà, affidabilità, credibilità e intraprendenza. Andrebbero premiate con maggior attenzione ad esempio dai media o magari dai diversi premi letterari che invece altro non sono spesso, che rassegne che si muovono forse piu’ sul piano politico e di potere che non su quello meritocratico, bisognerebbe divulgarne il loro Verbo con piu’ forza, decisione, soprattutto oggi nell’era della comunicazione a tutti i livelli. E infatti, io personalmente nel mio piccolo, come anche altri blogger, sto cercando di insistere su questo punto. Ecco, forse i blog diventano un potente alleato per poter almeno cercare di cambiare un po’ le carte in tavola, senza rischiare di diventare prigionieri di una comunicazione elitaria e unidirezionale.
Io e Giorgia abbiamo girato in questo piccolo scorcio letterario ligure con grande curiosità, letteralmente attratti e incantati, conquistati alla fine, dalla freschezza, dalla vitalità di questo piccolo mondo incantato. Purtroppo pero’ scoperto, vissuto, incontrato da troppa poca gente. Nolenti o volenti, è innegabile il fatto che a me ha suscitato parecchio sconforto il leggere sul viso di molta gente espressioni di timore, indifferenza, sbrigativa curiosità poi abbandonata appena resisi conto che si trattava di libri e non di dolci, come se chi era seduto dietro i banconi fossero ladruncoli che cospirano per portar via denaro alla gente o associazioni abusive di dubbia moralità. Sensazioni non belle, diciamo. I gusti sono gusti, premessa d’obbligo, impossibile creare un lettore dal nulla pero’ mi ha fatto un po’ male questa partecipazione un po’ bassa all’evento. E’ anche vero che essendo stato presente solo a una delle tre giornate non abbia potuto evidentemente osservare quanto accaduto negli altri giorni, pero’ parlando qua e là, la delusione era un po’ dipinta su tutti i presenti alla fiera. Un peccato.
Dal punto di vista personale, posso dire che è stato un evento bellissimo, ricco di belle presenze, di incontri sperati, imprevisti e già avvenuti in precedenza, nuove scoperte letterarie, di autori che mi hanno stuzzicato non poco l’appetito da lettore e hanno appesantito ulteriormente una wish list che non riesco piu’ a gestire. Le presentazioni dei libri avvenuti in piazza, attorniati dalle stesse case editrici, hanno avuto un sapore quasi magico, e sempre hanno scavalcato un po’ l’intervallo orario previsto inizialmente, ed è un buon segno. Si è addirittura inventato il KARAOKE LETTERARIO, quindi cosa si vuole di piu’?
Per il primo anno di vita, auguro a VENTO LETTERARIO di rivederlo ancora a Finale Ligure (o magari anche in altri luoghi, perché ad esempio non a Rimini?) tra 25-30 anni perché arrangiandosi, navigando qua e là in mezzo a qualche ostacolo, che si diventa grandi. E conto molto sul fatto che all’interno di queste piccole grandi realtà pullulano piccole grandi persone che sognano di diventare grandi, prima o poi. A loro tutta la mia stima e il mio supporto.
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Rimini all'insegna del Thriller con la D maiuscola

venerdì 16 luglio 2010


E’ arrivato alle 9.50 anziché alle 9.30, con la scorta come un capo di Stato, ma gli si perdona tutto, anche se fosse arrivato il giorno dopo. Jeffery Deaver a Rimini è un evento ma un evento che si ripete negli anni, perché Rimini, con Mobycult in particolare, con la collaborazione del Comune e della Provincia di Rimini, sono sempre molto attenti a questi tipi di rassegne, che ormai vivono incontrastate da 20 anni.  
La fondatrice di Mobycult , Manola Lazzarini, è una signora decisamente briosa, brillante, determinata, proprietaria di una libreria praticamente piantata sulla spiaggia, una signora che vuole mantenere a galla questa sua creatura che, tra il porto di Rimini, Sant’Arcangelo, Riccione e Bellaria, fa incetta ogni estate di autori e letture di un certo calibro.  E la gente apprezza, eccome se apprezza, questa ventata fresca di cultura, che mescolata al dilagante divertimento serale che Rimini offre, e alle intere giornate trascorse sotto il sole e in acqua, forma un mondo a sé nel quale viverci anche solo per un lasso di tempo limitato, è ossigeno puro per affrontare il ritorno ai propri posti di combattimento.
La serata del 13 luglio è stata la volta, come detto, di Jeffery Deaver, che si sa, ama l’Italia e ama Rimini, per tradizione ormai una tappa fissa del grande scrittore di thriller americano.
Sotto uno stand, tra il ballo emozionante dei colori del cielo al tramonto che si riflettono nell’acqua luccicante, che ha lasciato spazio al buio illuminato a intermittenza dal faro portuale, e una leggera brezza che ha dato una tregua al caldo soffocante di questa pazza estate italiana, tante persone con in mano il libro IL FILO CHE BRUCIA, appena uscito edito da Rizzoli, hanno atteso con trepidazione e un bel sorrisone stampato in faccia, chi alla prima volta chi non, l’arrivo del proprio scrittore preferito. Un appuntamento da non bucare, per qualsiasi ragione, ed ecco che allora per una sera tutto puo’ attendere o essere rinviato, e rompere qualsiasi tipo di routine con cui si è stretto un patto quotidiano. Largo a Deaver, dunque.  “Non ci sono per nessuno”, sembra leggere sul labiale dei presenti.
Entra, sale sul minipalcoscenico, tutto tempestato di fucsia, colore ufficiale della rassegna Mobycult, in abito scuro, giacca e cravatta, occhiali da intellettuale.  Il contrasto di colori è netto. Saluta tutti, sforzandosi di parlare il piu’ possibile in italiano, come omaggio a un paese che ha dimostrato da sempre di amarlo come poche altre cose.  E poi parte l’introduzione, piuttosto simpatica della fondatrice di Mobycult e proprietaria della libreria IL LIBRO E LA VELA, dislocata proprio tra porto e spiaggia libera, a due passi dal delfinario. 
A coadiuvare il tutto, la traduttrice al seguito di Deaver e il giornalista Pietro Caruso, che ha appoggiato nell’introdurre alla serata, Manola Lazzarini  in un resoconto semplice ma efficace, incentrato sulla figura di Jeffery Deaver e in particolare, senza approfondire troppo il contenuto del libro, de IL FILO CHE BRUCIA, appena uscito per Rizzoli.
Si parte ricordando l’impressionante prolificità di scrittura di Deaver: con IL FILO CHE BRUCIA, ha toccato quota 28 libri per un totale di copie vendute che superano i 20 milioni di unità. Colgo l’occasione per sottolineare una bella definizione che Caruso ha dato di Deaver:  “un perfetto intagliatore di diamanti narrativi”, nel senso che Deaver si caratterizza per i capitoli ben delineati e proporzionati tra loro, per la presenza di una popolazione ampia di personaggi, che a parte Rhyme e Sachs, tendono a non prevaricare l’uno sull’altro, il fatto che al centro di ogni suo libri sia ben presente, e forte, piu’ il potere della mente che non della forza fisica (e Rhyme in questo caso è un esempio assolutamente calzante), e poi, un linguaggio specialistico, senza essere troppo oscuro da risultare incomprensibile , in particolar modo nel suo ultimo libro si parlerà degli arcani misteri legati all’energia elettrica.
Una bella serata, non afosa, nel quale si è discusso un po’ di tutto, anche sorridendo spesso per le straordinarie performance linguistiche di Jeffery, che piu’ e piu’ volte ha cercato di rivolgersi al suo pubblico presente in italiano.
-          DOMANDA: Quanti libri ha scritto?
Jeffery Deaver: 28 (cercando, con successo, di esprimere il numero anche in italiano), e per una persona giovane come me sono tanti (ride). Mi ritengo fortunato perché ho la possibilità di fare una cosa che mi piace, che non chiamerei lavoro, ma passione: raccontare storie, scrivere romanzi e racconti. E’ il massimo. Di solito scrivo un libro l’anno, ma credo che da quest’anno dovro’ accelerare i miei ritmi, portando a 2 uscite l’anno (e questa è una novità per i fan, assai gustosa n.d.r).
-          DOMANDA: New York nel suo libro viene raffigurata sotto la minaccia del black out, lei ha scritto i suoi libri incentrandosi spesso su temi di stretta attualità, crede che il terrorismo possa arrivare anche a determinare una condizione del genere come viene raccontata nel suo libro? (IL FILO CHE BRUCIA, Editore Rizzoli)
Jeffery Deaver:  Io credo che il mio compito sia quello di spaventare voi, il mio pubblico, che siete i miei amici.  Io ho amato e amo tuttora Stephen King, ma uso tecniche profondamente diverse dalle sue per incutere paura. King crea fantasmi, mostri, io mi concentro su altro. Il mio dovere è quello di condurre il lettore, prendendolo per mano, dalla prima all’ultima riga, utilizzando strumenti reali, come lo è ad esempio l’elettricità. Parlo di cose reali, senza voler dare l’imbeccata ai terroristi sia chiaro, ci mancherebbe. Pero’, ecco, volevo anche sottolineare come la nostra società sia strettamente dipendente dall’elettricità, basti pensare alla televisione, al computer e internet, agli elettrodomestici.
-          DOMANDA: tu sei stato, anzi lo sei tutt’oggi, avvocato e giornalista, tra i tanti mestieri in cui ti sei cimentato, ecco, come queste professioni hanno inciso sulla tua scrittura e sui temi da te trattati?
Jeffery Deaver:  Certamente, l’essere giornalista è stato di grande aiuto, perché nel giornalismo è essenziale la scrittura chiara, diretta, senza troppe  libere licenze espressive, ma anche la continua ricerca di notizie e approfondimenti, di interviste che occupa praticamente l’intera giornata del giornalista. E non intendo solo la giornata lavorativa. Per quanto riguarda l’avvocatura, io sono stato avvocato a New York,  questa professione mi ha dato l’opportunità di imparare a costruire la trama in un certo modo un po’ come organizzare le pratiche giudiziarie. Da scrittore lavoro 8-9 mesi, butto giu’ una quantità interminabile di appunti, di ricerche, di scalette dei punti essenziali che poi serviranno per costruire i miei romanzi. Il romanzo nasce nella mia mente,  si forma, assume contorni via via piu’ chiari e alla fine è li che aspetta solamente che venga messo per iscritto.
-          DOMANDA:  Chi è fan della coppia Rhyme-Sachs, avrà notato, soprattutto ne IL FILO CHE BRUCIA, ma è anche qualcosa che si nota nei suoi precedenti libri con protagonisti la strana coppia di detective,  che Rhyme pian piano, seppur leggerissimamente, e per quanto sia possibile, stia migliorando. Corrisponde al vero questa forte sensazione che hanno i lettori?
Jeffery Deaver: Lui è tetraplegico, una condizione fisica piuttosto difficile. Sempre piu’ spesso i miei fans mi chiedono se puo’ migliorare di salute. Ovviamente la tecnologia utilizzata da Rhyme, che è avanzatissima, lo aiuta moltissimo ma, come si è visto in alcuni momenti dei vari libri, puo’ anche diventare pericolosa. Rhyme è determinato, fa sempre molta fisioterapia, vuole migliorarsi. E Rhyme rappresenta un po’ tutti noi, che inseguiamo il miglioramento in ogni cosa e in ogni situazione.
-          DOMANDA: Quali scrittori ti hanno aiutato a formarti?
Jeffery Deaver:  Per essere scrittori bisogna prima di tutto essere grandi lettori. Questa è una condizione indispensabile. Io leggo da quando avevo 8-9 anni e ho letto e leggo tuttora Dickens, Virgilio, Shakespeare, Chandler, Hammett, Simenon, Agatha Christie, Conan Doyle, Thomas Harris, Michael Connelly, Denis Lehane, Carofiglio (boato tra il pubblico presente n.d.r.), Lucarelli, il mio amico Faletti, Eco, Primo Levi, Dante Alighieri
-          DOMANDA: Tu sei di Chicago, città di Obama. Quanto il presidente ha assorbito di Chicago e quanto ha assorbito Jeffery Deaver dalla sua città natale?
Jeffery Deaver:  Chicago è meravigliosa. E’ una città, grande, che lavora tanto, che punta molto sull’industria, un po’ come Milano. Obama ha pero’ vissuto nelle strade di Chicago, nel concreto di quello che è la città in tutte le sue sfumature, ed è per questo che è cosi’ pratico, concreto, perché conosce bene le realtà cittadine, anche quelle crude. Chicago è considerata una città letteraria, dove sono nati o anche solo vissuti tanti scrittori, tanti di questi attaccati alla realtà quotidiana e ai suoi problemi (Deaver utilizza un’espressione tutta americana per indicare gli scrittori che parlano di realtà nude e crude,  e usa una frase fatta come MEAT AND POTATOES).
-          DOMANDA:  La tua narrativa è un mix equilibratissimo di plot,trama, personaggi: quanto valgono nella tua personale bilancia di importanza? Quanto significato assumono le emozioni? La paura , ad esempio, degli americani dal 2001 in poi, si arresterà prima o poi o è destinata a non lasciarci mai?
Jeffery Deaver: I libri chiaramente sono guidati dalla trama. Io prendo sempre come spunto, anche quando giro in tour e mi pongono domande come queste, Mickey Spillane, un guru del genere hard boiled, che mi ha insegnato che non si puo’ scrivere un libro per fermare il lettore a metà, ma fino a fine libro il lettore viene guidato dall’ansia, dalla suspance, dalla curiosità che cresce sempre piu’ via via durante il racconto. Io credo che si possa avere una trama fantastica ma comunque inutile senza personaggi credibili e che nascano dentro di noi. I personaggi devono essere umani e non solo eroici.  Per quanto riguarda le emozioni, le ritengo importantissime, infatti non mi piace per nulla quando un lettore risponde con un “E’ interessante” al giudizio su un mio libro. Dovrebbe dire alla persona che gli toglie il tempo di lettura “Lasciami in pace, voglio solo leggere questo libro” (ride e scherza). Sulle paure americane del post-11 settembre, credo che il nostro sia stato da sempre un paese tollerante, l’11 settembre ha minato tantissimo parecchie certezze, ci ha colpito nel profondo, e nonostante alcuni passi falsi, gravi, del governo Bush, noi rimaniamo sempre un paese di grande democrazia e sono convinto che questa tragedia ci abbia ulteriormente unito.
-          DOMANDA:  Quanto cambia e che rapporti hai con il racconto anziché con il romanzo? Che differenze passa tra i due? Cosa cambia nella stesura dell’uno o dell’altro?
Jeffery Deaver: Bella domanda, molto interessante. Diciamo che il racconto è una forma narrativa che mi diverte parecchio. La differenza fondamentale sta nel fatto che mentre nel romanzo serve una maggiore attenzione da dedicare ai personaggi, nel racconto cio’ che conta maggiormente è la svolta improvvisa, creare imprevisti piu’ legati alla trama che non ai personaggi. Questa è la differenza essenziale tra queste due forme narrative.
-          DOMANDA:  Tu hai una capacità straordinaria nel curare aspetti psicologici ed è sotto gli occhi di tutti, ma anche una straordinaria attenzione all’economia e alla tecnologia, oltre che alla questione attuale del terrorismo.
Jeffery Deaver:  Si, mi piace molto entrare nella psicologia dell’essere umano. Infatti spesso cerco di immergermi il piu’ profondo possibile nei miei personaggi, sia quelli positivi che anche quelli negativi. Mi piace lavorare sulla psicologia, è campo estremamente affascinante, che adoro studiare. Nutro una grande curiosità verso la mente dell’essere umano, pero’ entrando sempre con un passo felpato. Per quanto riguarda economia e tecnologia, è evidente che oggi ci sia a livello economico una grave crisi che speriamo tutti di passare al piu’ presto. Sulla tecnologia, è altrettanto evidente la sua forza prorompente ormai in ogni singola azione del quotidiano. Basti pensare al computer e a internet, come al cellulare.
-          DOMANDA: Un neofita puo’ leggere IL FILO CHE BRUCIA provando le stesse emozioni di chi legge Rhyme da anni?
Jeffery Deaver: Solitamente proprio per questo motivo in ogni libro inserisco sempre parecchi dettagli che riprendo per fare una sorta di panoramica sulle condizioni e su quel che è successo a Rhyme, proprio per permetter anche a chi inizia a leggere non in ordine cronologico la serie. E’ chiaro che iniziando dall’inizio poi le letture seguenti assumono un valore maggiore a livello emotivo per chi legge. Il personaggio, si puo’ dire, crea fedeltà nel lettore.
-          DOMANDA: cosa ne pensi dei film tratti dai libri (in riferimento a IL COLLEZIONISTA DI OSSA, trasposto anche sul grande schermo)?
Jeffery Deaver:  Sono uno scrittore , ma posso dire che in tutti i lavori, di squadra, c’e’ chi lavora bene e chi non altrettanto. Quando si fanno i film, ci sono tantissime persone che, con compiti specifici, partecipano alla creazione del prodotto e c’e’ chi è bravo e chi non, chi ha talento e chi non, chi lavora con grande attenzione e professionalità e chi non. Io quando scrivo sono l’unico responsabile del mio prodotto, e quindi risulta essere forse piu’ facile sbagliare meno. A me non interessano le trasposizioni cinematografiche dei libri. Non sono neanche andato sul set del film tratto dal mio libro (Il collezionista di ossa), cosi’ ho perso una ghiotta opportunità di uscire a cena con Angelina Julie
-          DOMANDA: Come mai non è mai stato tradotto il suo primo libro WOODOO? C’e’ qualche possibilità di vederlo prossimamente in Italia?
Jeffery Deaver: Il mio primo libro diciamo che non è una bellezza indimenticabile, non ha venduto bene e quindi ho deciso di non volere che venisse tradotto in altre lingue.
E’ uscito di scena, tra applausi, autografi, scatti fotografici e tanta tanta disponibilità, affabilità e simpatia, ma ancora una volta tornerà a colpire.  C’e’ da scommetterci.
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Case editrici-lettore

mercoledì 14 luglio 2010

Nell’era della multimedialità, del “ti raggiungo anche in camera tua”, delle miriadi di possibilità di contatto diretto offerte dalla tecnologia, da lettore mi chiedevo se le case editrici sfruttano questo canale diretto con il lettore nel migliore dei modi. Non vorrei che si stesse troppo sul rapporto simile istituzione-cittadino, dove l’istituzione rimane distante anni luce , dove le relazioni avvengono freddamente o per via ufficiale o per via email, neanche sapendo con chi si stia parlando. Con Facebook, con Anobii, ci sono possibilità enormi per una casa editrice nel coltivare il proprio mercato, far crescere la propria pianticina, o ci sono anche svariate possibilità in piu’ anche per gettare le basi di nuovi progetti (chiaro, poi c’e’ l’altra faccia della medaglia, piu’ tecnologia ma anche decisamente piu’ concorrenza, dove i pesci grossi si inghiottono i pesci piccoli). Notavo ad esempio su anobii la presenza di parecchi gruppi creati dalle case editrici stesse ma spesso portati avanti, aggiornati, partecipati solo dai lettori stessi. Mi piacerebbe vedere piu’ partecipazione genuina delle case editrici in questo senso. Gli uffici stampa servono o la sezione web e la redazione web dovrebbero valutare meglio queste possibilità, sfruttarle al meglio. E’ piu’ semplice mostrandosi presenti, dimostrando di essere una figura concreta e non qualcosa di irraggiungibile, poter fidelizzare ulteriormente il lettore, legandolo probabilmente non in maniera esclusiva a te, ma certamente conquistandoti la sua presenza fissa. Le piccole case editrici colgono spesso questi scenari, vi partecipano, sono decisamente attivi. Poi una volta che crescono, perdono un po’ l’entusiasmo nel contatto faccia-faccia (a livello web) con il singolo, mi verrebbe da dire con noi lettori comuni mortali. E un po’ mi dispiace, anzi parecchio, perché almeno nell’editoria la spaccatura netta produttore/venditore-consumatore dovrebbe non esserci, nel pieno rispetto dei ruoli naturalmente come è necessario che sempre sia. Ecco, si puo’ tastare la cosa alle grandi Fiere dei libri. Certo, in alcuni casi la cosa viene enfatizzata, perché è naturale che il contatto fisico sia cercato in maniera quasi insistente sia dal lettore che dalla casa editrice, pero’ una cosa è affacciarsi nello stand di una Mondadori, un’altra cosa allo stand di una Las Vegas Edizioni o di una Scritturapura. Si percepisce fin da subito una differenza di tempi, modi e atmosfera respirabile. Altre dimensioni, ma certamente anche altre attenzioni al lettore. Io credo che nascondersi dietro al fatto che piu’ grandi si è, e piu’ è oggettivamente difficile rimanere legato quasi intimamente al lettore, sia sbagliato. Sia una via di fuga troppo semplicistica per schivare un tema che forse non si intende affrontare. Quello del rapporto editore-lettore.

Su face book alcune case editrici (ad esempio Elliot ma anche altre) dopo un inizio entusiastico hanno perso interesse, dedicando sempre meno tempo all’aggiornamento delle notizie e anche al contatto con il lettore (non rispondono neanche ai messaggi privati, o lo fanno con ritardi millenari). C’e’ chi è presente in ogni social network esistente e possibile ma in nessuno di questi è attivo come dovrebbe, cosi’ il lettore interessato che cerca di contattarlo è costretto a tornare a farlo per mezzo di email, telefonate e quant’altro. Mi chiedo a tal proposito a cosa serva il social network in questi casi, sembra a tutti gli effetti una grande occasione persa, una colpa grave non sfruttarla. Con Internet le strade si accorciano, cosi’ come i tempi e la comunicazione, pertanto penso che ogni azienda, non solo quelle editoriali, debba puntare con decisione su questo mezzo straordinario, anche organizzando il proprio ufficio comunicazione e stampa orientato proprio in funzione di tale partecipazione interattiva. A dir la verità, il problema è ben evidente anche per quanto riguarda il contatto tramite forme tradizionali, come i contatti che appaiono online sul sito web ufficiale della casa editrice. Ad esempio, Feltrinelli, per mia esperienza e per altre voci sentite in giro, non risponde praticamente quasi mai alle email, a parte certi casi è sempre piu’ difficile anche avere un semplice scambio di pareri via email con direttori editoriali, redattori editoriali, cosi’ come accaduto a me che avevo intenzione di contattare Martina Testa di Minimum Fax, e aspetto una sua risposta da 7-8 mesi e chissà se avrà mai aperto la mia email che le ho mandato.

Ma è anche vero che ci sono tante realtà, soprattutto quelle medio-piccole, che danno grande importanza al legame profondo che li vede protagonisti con il lettore, che diventa quasi piu’ un amico che un cliente. Tunuè è solo un esempio tra i tanti. Ora provero’ anche con altre case editrici per tastare un po’ piu’ nel profondo, a mo’ di indagine, quale spazio di importanza concreta occupi il lettore all’interno di una casa editrice, chiaramente già prevedo differenze sostanziali perché ogni editore ha una sua politica, una sua storia, un suo credo, una propria organizzazione. Certo è che, ogni volta che cerchi un contatto con una di loro e non ricevi risposte di alcuna forma e in alcun modo, la delusione-irritazione è tanta, soprattutto dopo che nelle loro pagine web vedi costellata la loro impaginazione grafica di continui rimandi e richiami linkabili alle svariate possibilità di interazione diretta con loro, promettendoti la loro presenza fissa e continua ad ogni tua curiosità o informazione. Come a volte accade, l’apparenza stona parecchio con la realtà dei fatti. Ma ripeto, accade per molte case editrici come invece non accade per molte altre, che rispondono bene, invece, alla loro missione dichiarata.
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Il lettore, prova di un identikit

domenica 4 luglio 2010


La Lettura è un mondo a sé, e i  Lettori automaticamente diventano cittadini di una propria specifica dimensione che credo sia molto complicato da comprendere da parte di chi non ne fa parte.  Rappresenta un’esistenza altra, distaccata, con tutta una serie di usi, costumi, delle sue leggi e un linguaggio tutti suoi. Quando si dice che tra lettori ci si intende, è una verità. Non si offendano i non lettori. Spesso  il non lettore viene visto con uno sguardo sospettoso, anche snob se vogliamo: perché? La lettura è tutto fuorchè un obbligo, altrimenti non sarebbe lettura. Forse allora il lettore si sente un privilegiato e una persona migliore rispetto a chi non prende mai in mano un libro? C’e’ qualcosa di profondamente curioso e interessante in tutto questo, qualcosa forse da far risalire alla sociologia e alla psicologia. Il non lettore non legge semplicemente perché non è scattata in lui quella scintilla che ti coglie o innatamente o improvvisamente da un momento all’altro. Questa mi sembra la spiegazione piu’ logica, forse anche semplicistica e anche un po’ banale. Ma è cosi’: c’e’ chi nasce già col libro in mano, chi magari avrà odiato o quantomeno provato indifferenza verso il libro per parecchi anni e improvvisamente se ne innamora e chi invece non verrà illuminato dalla vocazione. Sta di fatto che leggere porta con sé una lista infinita di comportamenti, manie, vizi, anche difetti, luoghi comuni e stereotipi legati al lettore che è assolutamente interessante secondo me indagare un po’. Col web, l’interazione con altra gente è straordinaria, cosi’ come la nascita di comunità virtuali specifiche su un dato argomento, che sono davvero migliaia. Tramite face book, tramite forum vari, è un vero spasso  imparare sempre nuove cose su chi legge, confrontarsi, e vedere che nella natura del lettore medio ci stai benissimo anche tu. Tutta una serie di modi di fare piuttosto strani,di simpatiche follie, di  manie da psicolabili quasi, la pignola attenzione alle piccole cose: tutto ci accomuna, siamo una razza, dobbiamo  esserne coscienti e prenderne atto.
Un possibile identikit del lettore? Ci sono alcuni tratti, davvero divertenti, altri un po’ schizzati, secondo me. Il lettore è una figura allo stesso tempo lineare, con alcune caratteristiche base comuni, ma anche sfuggevole con elementi particolari distintivi molto interessanti, che dunque lo sgancia da una considerazione generale. Qui quello che posso dire, è evidentemente un’analisi parziale, che non pretende di avere validità universale.
a)      il lettore non è quello che legge due-tre libri l’anno ma colui che legge molto (in relazione ai suoi impegni e al tempo a disposizione), legge appena puo’. Per lui la lettura è un fedele compagno di viaggio
b)      Il lettore medio ha una propria libreria di riferimento, e un grande amico, che a volte definisce il miglior amico, che è il libraio (questo vale nel caso si frequenti una libreria indipendente, non un negozio facente parte di una catena)
c)       Il lettore medio è malato di acquisto compulsivo. Certo, c’è anche chi è ligio al proprio dovere e da 10 in condotta che acquista e leggere, e risulta essere in perfetto pareggio di bilancio ma nella norma una pila di 2-3 metri di letture arretrate ci sta sempre.
d)      Il lettore medio ha un proprio libro della vita e uno scrittore preferito che svetta su tutti gli altri. Provate a criticare quel libro o quell’autore e vi toglierà il saluto.
e)      Il lettore medio, a meno di particolari impegni, non manca alle rassegne dedicate al libro. Per lui è festa nazionale,  e l’attesa spasmodica di quel giorno potrebbe partire anche diversi mesi prima rispetto alla data di inizio dell’evento
f)       Il lettore medio è gelosissimo della sua libreria: la ordina secondo la modalità che preferisce,  a volta anche secondo criteri piuttosto particolari.
g)      Il lettore medio puo’ leggere un libro alla volta ma anche arrivare a 3-4 libri contemporaneamente
h)      Il lettore medio puo’ essere onnivoro, puo’ avere come preferenza un genere in particolare ma leggere qua e là anche altro, oppure puo’ essere monogenere.
i)        Il lettore medio adora fare i libri come regalo (con annessa la dedica, facoltativa e in questo caso dipende dalla persona)
j)        Il lettore medio è informatissimo sulle novità e sulle prossime uscite in libreria, spesso ora nell’era internet, si registra a parecchie newsletter informative che giungono nella sua casella di posta elettronica
k)      Il lettore medio non vede di buon occhio l’ebook (anche qui pero’ ci sarebbero da fare dei distinguo, non è possibile generalizzare, pero’ la linea di tendenza è questa)
l)        Il lettore medio è attento piu’ che mai, e tende a fare un’analisi spietata, dei film tratti dai libri
m)    Il lettore medio guarda PER UN PUGNO DI LIBRI
n)      Il lettore medio partecipa volentieri a presentazioni di libri
o)      Il lettore medio ha diverse tessere di diverse librerie (o quantomeno, almeno una)
p)      Il lettore medio tende a cercare discussioni e conversazioni con gli altri riguardo ai libri
q)      Il lettore medio ha una certa flessibilità e apertura mentale
r)       Il lettore medio passa volentieri parecchio tempo in libreria e, se ha tempo, si dedica in prima persona alla ricerca del libro senza delegare la cosa alla libraia/commessa: la ricerca del libro ha un suo valore
s)       Il lettore medio ama il segnalibro
t)       Il lettore medio adora il profumo delle pagine dei libri
u)      Il lettore medio nell’acquisto di un libro si basa su alcuni parametri che incidono nella scelta: autore, casa editrice, titolo, trama, copertina
v)      Il lettore medio ha i propri tempi di lettura
w)    Il lettore medio a volte ha dei pregiudizi di letture
x)      Il lettore medio acquista anche online
y)      Il lettore medio ha un suo squadernino su cui segnare i titoli desiderati, citazioni dei libri, e magari note su libri prestati
z)       Il lettore medio puo’ prestare o non prestare i propri libri, dipende dalla persona-lettore
aa)   il lettore medio legge ovunque
bb)  il lettore medio legge appena puo’ ai propri figli fin da piccoli le fiabe e si diverte quasi piu’ del proprio figlio/a
cc)    il lettore medio lo sarà per sempre
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