Il lettore e il suo quaderno

lunedì 31 agosto 2009



Il Lettore non vive solo di libro ma anche di tante piccole passioni, da definirsi come piccole manie, del tutto innocenti, che diventano una sorta di routine quotidiana, meccanica del lettore habituè. Un lettore quando gira, che sia internet o la libreria fisica, spesso estrae wish list, prende nota di titoli, controlla un autore e da pure le pagelle. Ed è per questo che è nato, e ho scoperto del tutto casualmente in un negozio che vende tutto tranne che libri, questa bellissima agenda in perfetto reader-style, perfettamente tascabile, non ingombrante, dal peso decisamente inavvertibile. Un agenda che risponde perfettamente alle esigenze del lettore. Qui elencate tutte le funzioni (e chi tra noi lettori non ci si ritrova almeno un po’ in questi tipi di organizzazione?).

Quaderno del lettore , il taccuino con 6 sezioni per i tuoi libri, la tua musica, i tuoi film + una sezione da personalizzare:

  • DA COMPRARE
  • PRESTATI
  • SCRITTORI, COMPOSITORI E REGISTI
  • GLI IMPERDIBILI
  • DA EVITARE
  • FRASI, CITAZIONI, BRANI
  • 16 PAGINE PER PERSONALIZZARE LA TUA SEZIONE

Innovativo elastico di chiusura a doppia allacciatura e passante portapenna. 192 pagine color avorio e tasca a soffietto finale.

Il rischio è che, dopo il libro, la libreria, Anobii, noi lettori veniamo calamitati da un’altra potenziale dipendenza molto “pericolosa”: il Quaderno del lettore, di Legami (manco a farlo apposta).

Comodissima, maneggevole, anche molto elegante, basta una sfogliata di pagina e ci si puo’ muovere dai libri da regalare, da acquistare, fin ai libri prestati (perché è un guaio dimenticarsi di restituire un libro o dimenticarsi di richiederne uno prestato) e alle frasi, citazioni e brani. E tanto altro. Tutto il mondo del lettore in borsa, nello zaino o anche in tasca. E cosi’ ci si sente con un pizzico di tranquillità in piu’mentre si cammina in città e con una sensazione di padronanza del proprio piccolo mondo, migliore. In nome di una passione che non puo’ morire mai.


READ MORE - Il lettore e il suo quaderno

Crisi d'astinenza

giovedì 27 agosto 2009

Sono partito lunedi e sono tornato ieri da un meraviglioso tour toscano in macchina, dove sono passato, tra le altre cose, per San Gimignano, Volterra, Siena, Monteriggioni, San Galgano, La Verna, Arezzo, Cecina, Lago Trasimeno, Cortona, Montepulciano, Montalcino...E sono ben 9 giorni che non prendo in mano un libro. In realtà ne ho portato uno solo, convinto che potesse bastare, pensando che non avrei avuto tempo per altre letture in piu'. Ma alla fin fine anche quel libro è stato, non voglio dire inutile, ma inutilizzato. La stanchezza dopo giornate intere a girare in auto o camminare ammirando meraviglie, mi ha tolto risorse anche per leggere una sola pagina. Il libro è rimasto fisso, in sosta permanente in valigia. Ma ora direi che è arrivato il momento, tornato a casa, di riprendere la marcia. Ne sento il bisogno. Fisiologico. Sono grave? Devo preoccuparmi?
READ MORE - Crisi d'astinenza

Il re dei bibliomani


Ingegnere del Cnr, esperto di smaltimento rifiuti, ha accumulato 120 mila volumi: è il campione moderno di una "malattia" antica

CASTEL VOLTURNO (Caserta)Da due anni e mezzo compera soltanto online. È più pratico, dice, anche se a volte ci sono problemi di consegna perché non sa mai se farsi spedire i libri a Roma, dove abita, o nell’antica magione di famiglia, a Castel Volturno. È anche un sistema più veloce, e questo è molto importante per l’ingegner Ennio Italico Noviello, «primo ricercatore» al Cnr, esperto di smaltimento rifiuti, bibliofilo e molto probabilmente bibliomane, posseduto come pochi altri da quello che Jean Baptiste de Rond, il grande illuminista noto come D’Alembert, definiva nell’Encyclopédie il «furore d’avere dei libri e di raccoglierne». Ha catalogato su un file Excel tutti i volumi acquistati dal 2007 a oggi, e ha scoperto che sono novemila, il che significa parecchi al giorno. A questi ritmi, l’online risolve tanti problemi, ed evita di trascorrere la vita tra i banconi della libreria: ma non li elimina del tutto, anzi a volte li aggrava, come certe droghe.Tra Castel Volturno e Roma (ma soprattutto nel piccolo centro del Casertano, tristemente noto per storie di camorra) giacciono infatti più di centoventimila libri; oltretutto, con grande rincrescimento del proprietario, in un certo disordine. Sono accatastati dovunque, hanno messo a repentaglio la stabilità dell’edificio, attendono da anni, dal terremoto del 1980, di entrare in un’ordinata fila di scaffali. La grande villa fu scossa e danneggiata dal sisma, e l’ingegnere bibliofilo decise che era l’occasione buona per avviare imponenti lavori di risistemazione. Smontò le biblioteche del padre e del nonno, consolidò fondazioni e solette, prese a risistemare la cappella di famiglia per farne il cuore di una grande biblioteca. Ancora non ha finito. «Mia moglie dice che dovrei smettere di comperare libri e preparare le librerie. Ma non ci riesco», racconta con una buona dose di autoironia. «E poi, se devo cercare un titolo, lo trovo comunque». Non sembra facile. Centoventimila volumi (ma stimati per difetto) rappresentano un’enormità. Un record, per un privato. Certo, le biblioteche pubbliche di Napoli ne hanno di più: la Nazionale supera il milione, l’Universitaria i 700 mila, ma l’antichissima Girolamini si ferma proprio a 120 mila. Per l’ingegnere non è però questione di sfide o di collezioni. Raccoglie libri di lettura in edizioni comuni. Non si ritiene un collezionista. Ha cominciato con la filosofia, affascinato da Bertrand Russell. E come il sinologo di Elias Canetti, che vive e muore in Autodafé al tempo stesso signore assoluto e schiavo della propria biblioteca, re e prigioniero, l’ingegnere ha continuato allargandosi sempre di più a ciò che gli sembrava «interessante». Né teme di fare la brutta fine del professor Kien. «Il massimo piacere è entrare nella mente di chi ha scritto il libro, non quello di possedere il volume», dice. Però possiede eccome. È una tradizione. Molti volumi risalgono al padre, al nonno e forse al bisnonno, in una linea famigliare (materna) che parte dai Bocconi di Milano, commercianti di tessuti, carbonari e illuministi, uno dei quali fu esiliato in quella tenuta cinquecentesca. Anche il nonno conservava tutto. «C’è da qualche parte una collezione di giornali del 1850 che non sono mai riuscito a vedere», racconta. «Mio padre ha continuato, specializzandosi con l’aiuto di mia madre, che è americana, in direzione di tutto ciò che è bello e affascinante, quindi anche della letteratura». La casa, enorme, ha visto così riempirsi molti dei suoi 40 vani, presidiati dall’ingegner Noviello, dalle due zie, da una sorella «e poi naturalmente della servitù». Sembra una storia d’altri tempi, ora deflagrata sull’online. E la domanda resta una: perché compra tutti questi libri? «Mi piace averli». Lei sa che la bibliomania è stata ritenuta nel tempo una feroce malattia. Ride. «Molti parlano di disturbo compulsivo. Però....». Però? «Però se ho letto qualcosa o di qualcosa che mi pare interessante, devo anche averlo». E basta. L’ingegner Noviello ha avuto giorni di celebrità durante le contestazioni per la discarica di Pianura. Andò in tv a spiegare che gli inceneritori inquinano e non sono la panacea di tutti i mali. Nessuno intuì il suo «segreto», la vera passione super-predominante, che ha una storia antica e spesso sfora nella leggenda nera.Già nel 1807, prima che cominciasse la saga dei Bocconi, il conte Leopoldo Cicognare, storico dell’arte e bibliofilo, metteva in guardia nella sua Osservazioni sulla bibliomania contro «quella insaziabilità che è il preciso contrassegno della malattia dello spirito, fomentata purtroppo dalla eccessiva quantità di libri che inondano la terra». È una riprova del fatto che i lamenti contro l’eccessiva quantità di libri stampati sono antichi quanto la stampa; ma chi si interroga su quell’eterno furore è sempre un po’ complice, anche quando lancia anatemi. Vale per l’indomito ingegner Noviello il «lodo Pontiggia». Il grande scrittore, bibliofilo e bibliomane, nella sua ultima opera, Prima persona, si chiese se vi sia qualcosa di più folle della furia di accatastare libri. E rispose: sì, c’è. È la follia di non averne.
AUTORE: Mario Baudino
READ MORE - Il re dei bibliomani

I libri italiani da esportazione


È LA STORIA illustrata di un successo, quella che va in mostra alla Biblioteca Braidense di Milano da lunedì prossimo fino al 20 ottobre. "Copy in Italy", a cura della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, che si apre in concomitanza con il settantacinquesimo convegno dell'Ifla (International Federation of Library Associations), raccoglie le copertine straniere dei libri italiani più esportati all'estero. Un percorso che si sviluppa dal 1945 a oggi: da Cesare Pavese ad Andrea Camilleri; da Italo Calvino a Roberto Saviano. Nel mezzo, un mercato editoriale che è cresciuto nel tempo, come spiegano i saggi di Paola Dubini, Giovanni Baule e Giovanni Peresson pubblicati nel catalogo. Tra il 2001 e il 2007, il numero dei nostri libri venduti all'estero è aumentato del 93,9 per cento, passando da 1.800 a 3.490 titoli. Oggi, circa il 9 per cento delle novità editoriali viene tradotto in un'altra lingua. L'Europa, con il 77 per cento, resta la principale area di vendita dei diritti. Se i rapporti di scambio migliori sono ancora nell'ordine con Spagna, Francia e Germania, cresce l'interesse dei paesi dell'est per gli scrittori italiani. Dal 2003, la Polonia è uno dei principali acquirenti e, nel 2007, nella sola Ungheria sono stati venduti i diritti di 150 titoli, ovvero il 4 per cento dell'export totale. Ma la nuova frontiera della letteratura italiana è l'Asia: nel 2001 assorbiva il 5,8 per cento delle opere cedute all'estero e nel 2007 l'11,5. Non è un caso che le ultime traduzioni di Gomorra battano bandiera cinese, thailandese e vietnamita.
OAS_RICH('Middle');
Ma quali sono i generi che diventano bestseller oltreconfine? L'autore più diffuso, intanto, non è uno scrittore in carne e ossa, ma un topo di carta. Geronimo Stilton, tradotto in 35 lingue e presente in 180 paesi, è il vero fenomeno global dell'editoria made in Italy degli ultimi anni. Ed è infatti il capofila del genere più esportato: la letteratura per ragazzi (29 per cento dell'intero mercato). Seguono: saggistica (28), narrativa per adulti (17), editoria illustrata (17) e libri d'arte (12).
AUTORE: Dario Pappalardo
READ MORE - I libri italiani da esportazione

Giallo in Bretagna

domenica 16 agosto 2009


S'intitola "Era tutta un'altra storia", l'ultimo e atteso romanzo dello scrittore Håkan Nesser, vincitore del premio Glasnyckeln, da molti considerato il Camilleri svedese

Sull'onda svedese di Stieg Larsson & C. arriva un altro giallo dal profondo Nord: "Era tutta un'altra storia" (Guanda, traduzione di Carmen Giorgetti Cima, pp. 528, E 18) di Håkan Nesser, nato nel 1950 in Svezia, vincitore del premio Glasnyckeln per il miglior romanzo poliziesco con il commissario Van Veeteren. L'altro ispettore creato da Nesser, l'italo svedese Gunnar Barbarotti, è invece il pilastro di questo giallo. Un buon uomo che legge la Bibbia e dialoga con Nostro Signore, di cui però ci dobbiamo sciroppare gran parte di vita privata, come vuole la tendenza in voga (un autore per tutti, la spagnola Alicia Giménez-Bartlett la cui ispettrice Petra Delicado ormai dilaga al di là della trama). Le pene d'amore di Barbarotti, dunque - 47enne divorziato con tre figli che non sa decidersi a sposare Marianne, 42enne divorziata con due - fanno da contrappunto al vero plot giallo, inquietante e thrilling come pochi. Estate 2002, sei turisti svedesi si conoscono per caso in Bretagna tra le bancarelle di un mercato e trascorrono qualche giorno insieme tra gite, cenette, tanto alcol e bagni in mare nudi, al chiaro di luna. Cinque anni dopo qualcuno comincia a ucciderli, uno a uno. È il caso più terrificante e strano mai capitato all'ispettore Barbarotti: prima di colpire, l'assassino glielo comunica per lettera, ogni volta cambia modo di uccidere e mai usa armi da fuoco, non è un serial killer, ma un folle che vuol fare giustizia. Cosa è successo davvero in quella vacanza in Bretagna, quale orribile segreto lega le vittime tra loro? Alla fine lo scioglimento non è all'altezza del plot. Ma importa poco. Come ama dire Barbarotti: «Il movente quasi mai è proporzionato al crimine».
Fonte: L'espresso
Autore dell'articolo: Maria Simonetti
READ MORE - Giallo in Bretagna

Niente Levi senza Moccia?

venerdì 14 agosto 2009

In Italia troppi insegnanti sconsigliano ai bambini i testi di autori considerati di evasione. Sbagliano e creano danni. Parola degli esperti

"Gli faccia leggere qualcosa quest'estate: qualsiasi cosa, signora, basta che non sia Geronimo Stilton...".

Il succo è tutto qui: nella maggioranza dei casi, i consigli di lettura delle vacanze affidati dalla scuola agli studenti si limitato a uno "sconsiglio". E il libro sconsigliato è sempre uno di quelli che il destinatario amerebbe di più. Uno di quei casi editoriali che negli ultimi anni hanno portato libri per ragazzi nelle classifiche di vendita assolute: una cosa mai vista fino all'arrivo di "Harry Potter".

Da una parte ci sono i libri piu' amati dai ragazzi, dall'altra quelli indicati dai professori. Due liste che non si incontrano mai.

Primo Levi contro Federico Moccia, Jacopo Ortis contro Harry Potter. E a restare sul tappeto è la lettura. I ragazzi imparano che i libri sono sempre compito, dovere, fatica. Se leggere è un piacere allora non vale. Per i bambini delle elementari la lettura che non va bene è il piu' clamoroso caso editoriale italiano degli ultimi anni: dal 2000 ad oggi il topo ispirato da Francesca Dami per la Piemme ha venduto 35 milioni di copie in 135 paesi. Con una formula mista di grafica e avventura, che spinge al collezionismo, tipica caratteristica dei "lettori forti".


"Spesso insegnanti e genitori ci raccontano che i libri di Geronimo Stilton rappresentato il primo stimolo alla curiosità verso i libri e quindi il primo passo verso l'amore per la lettura" racconta la Dami.

Per gli adolescenti, invece, i libri "sbagliati" sono i quattro della saga dei vampiri di Twilight di Stephanie Meyer: che pure sono tomi dalle 300 pagine in su. Al liceo l'autore da non confessare è Moccia. I fantasy? Niente da fare: nelle liste dei libri consigliati dai professori non si incontrano neanche i padri nobili, Tolkien o C.S.Lewis: figuriamoci Licia Troisi o Cristopher Paolini.


Certo, da anni ogni estate Pirandello torna agli onori delle classifiche di vendita. Il fatto è che rispetto a qualche anno fa c'e' stato un cambiamento epocale.

I ragazzi di oggi leggono molto di piu' dei loro fratelli maggiori. E anche dei loro genitori: "In Italia, il 61% degli adulti non legge neanche un libro all'anno" ricorda Roberto Denti, fondatore e animatore insieme alla moglie Gianna Vitali della Libreria dei ragazzi di Milano. Il sospetto è che i ragazzi di oggi leggano anche piu' dei loro professori: "Ho alunni che in un anno prendono in prestito 30 libri della biblioteca scolastica" racconta Carmine Abate. Questo scrittore-docente meridionale trapiantato al nord, tiene il polso della lettura dei giovani italiani in due situazioni molto diverse: dal Trentino "pieno di biblioteche pubbliche belle come monumenti alla Calabria dove il premio narrativa per ragazzi che Abate ha organizzato con la Comunità montata dell'Alto Crotonese è una mosca bianca. "Ma i gusti sono gli stessi: quello che conquista i miei alunni piace anche ai giurati" assicura.

Per capire quando la situazione sia cambiata basta confrontare due classifiche: i libri piu' letti dagli adolescenti nel 1997 e nel 2007. Nel 97 vincevano i classici "obbligatori" (Il fu Mattia Pascal, I Malavoglia e Se questo è un uomo), dieci anni dopo invece i best seller sono i libri di Moccia e i fantasy. E' successo qualcosa di grande: i ragazzi di oggi leggono per piacere, non per compito. Scrittori, editori, librai lo sanno ma la scuola anche in questo si fa trovare impreparata a tenere il passo con gli studenti. E diventa controproducente. Far capire ai ragazzi che leggono libri stupidi significa fargli perdere fiducia nei propri gusti. E non è una buona idea. "I docenti devono consigliare libri mirati: non è possibile che lo stesso titolo vada bene per tutta la classe e per decine di anni di seguito" commenta Eraldo Affinati, che anche se ha curato una introduzione al "Diario di Anna Frank" per la Einaudi, ai suoi allievi della Città dei ragazzi romana legge "Il Richiamo della Foresta" di Jack London: "Tutti si identificano con Buck, il cane in fuga". Conferma Denti: "A chi ha amato Moccia si puo' consigliare altro: già Camilleri è un passo avanti. Ma devono sempre essere consigli buttati li, senza la spocchia di chi dice: leggi questo, è molto meglio del libro che leggi tu". E invece: già durante l'anno la scuola fa passare la voglia di leggere ("Anche un grande romanzo come I PROMESSI SPOSI a scuola diventa una noia mortale), commenta Denti: almeno in vacanza "lasciate i ragazzi liberi di leggere quello che vogliono!". Nessuno mette in dubbio che Primo Levi sia meglio di Moccia. Ma anche ammettendo che i libri di evasione siano libri di serie B, chi legge libri di "serie B" prima o poi puo' passare in serie A. Mentre chi non legge da piccolo, non leggerà da grande. Da "Harry Potter" a "Dorian Gray", da"Tre metri sopra il cielo" a "Orgoglio e Pregiudizio", il passo non è troppo lungo per un adolescente.

Il dibattito è aperto. E coinvolge tutti gli addetti ai lavori che girano intorno al mondo del libro. Intanto Abate un consiglio di lettura lo dà ai professori: "Dovrebbero leggere i libri che fanno impazzire i giovani, per parlarne in classe. Se un ragazzino passa ore e ore in compagnia di un libro, vuol dire che quel libro qualcosa di buono ce l'ha. E poi, una volta conquistata la loro fiducia, allora si che potranno consigliare qualcosa di piu' serio".



Fonte: L'espresso
Autore dell'articolo: Angiola Codacci-Pisanelli
READ MORE - Niente Levi senza Moccia?

Knut Hamsun, celebrato dopo 150 anni dalla nascita, tra polemiche




E' polemica, in Norvegia, per la celebrazione del 150esimo anniversario della nascita di Knut Hamsun. Nobel per la letteratura nel 1920 e figura controversa per il suo sostegno al nazismo. Nel 1940, quando la Germania occupo' la Norvegia, Hamsun esorto' i soldati del suo paese a deporre le armi, in seguito dono' a Goebbels la medaglia ricevuta per il Nobel e rimase famoso per il necrologio in cui definiva Hitler "un guerriero per l'umanità".

"Hamsun ha scritto grandi romanzi, che pero' passano in secondo piano di fronte al suo comportamento da lecchè" dice Jo Benkow, ex presidente del Parlamento norvegese, costretto a lasciare la Norvegia da bambino perchè ebreo. "E' l'opera letteraria, non l'uomo che stiamo celebrando" ribatte Knut Listerud, il coordinatore delle celebrazioni. Come omaggio allo scrittore è stata emessa una moneta commemorativa ed eretta una statua a Vagà, sua città natale. Il 4 agosto, anniversario della nascita, è stato poi inaugurato a Hamaroy, dove lo scrittore trascorse l'infanzia, un edificio progettato dall'architetto newyorkese Steven Holl e destinato ad ospitare lo Hamsun Centre.




Fonte: Il venerdi di Repubblica
Autore dell'articolo: Lisa Grunemberg
READ MORE - Knut Hamsun, celebrato dopo 150 anni dalla nascita, tra polemiche

Vendite: il fenomeno dell'estate?

sabato 8 agosto 2009


E' il libro di questi giorni, sarà il libro del mese e chissà magari anche dell'anno. E' in testa alle classifiche di vendita dopo esserci entrato, da ristampato da Adelphi, da pochi giorni. Ha tutti i crismi di una riscoperta che appassionerà tantissimi lettori, me compreso.

QUANDO (nel 1955) Zia Mame di Patrick Dennis venne pubblicato negli Stati Uniti, vendette due milioni di copie (oggi sarebbero almeno cinque), e rimase per 122 settimane nelle classifiche dei best seller. Mi auguro che un successo simile bened i c a l ' e d i z i o n e i t a l i a n a (Adelphi, a cura di Matteo Codignola, pagg. 380, euro 19,50). Zia Mame incanta, seduce, diverte sia i lettori colti sia la grande massa dei cosiddetti lettori comuni. Da molti anni non ridevo tanto. Patrick Dennis abolisce (sembra abolire) tutto ciò che è pensiero, sentimento, dolore;e si abbandona a una grandiosa esaltazione e glorificazione del comico, come se nulla d' altro esistesse nella vita. Quasi sempre i libri che fanno ridere sono belli: perché il riso è una delle massime divinità dell' esistenza e della letteratura. Qui sono presenti quasi tutte le forme del comico: il rabelaisano, il dickensiano, la farsa, il vaudeville, il film con le torte in faccia, sebbene quella dickensiana sia di gran lunga preponderante. Ora Zia Mame è una torta di marzapane, piena di liquorie di marmellate: una torta pesantissima, che all' improvviso balza nell' aria e vola velocissima e senza peso. Ora è un timido squillo: il riso sembra vergognarsi di sé stesso, e poi si scatena, viola qualsiasi limite, e ci lascia esausti e con gli occhi pieni di lacrime. Patrick Dennis ama moltissimo le chiacchere dei suoi personaggi: i dialoghi dissennati, che non finiscono mai; i passi dove la lingua è più mobile, vivace ed assurda. "Grandi sorsate di parole sono per lui" (Chesterton lo diceva di Dickens) "come grandi sorsate di vino, pungenti e rinfrescanti". "Quando racconta, continua a parlare: pensa che il racconto sia una forma superiore di conversazione, e cerca di comunicarci l' estro della parola parlata, il suo vagabondare, perdersi, dimenticarsi, esplodere. Sebbene non lo dica mai chiaramente, cerca di persuadere i suoi lettori che la vita è una cosa infinitamente allegra, lieta e festosa. Sa benissimo che è una menzogna: molto di rado la vitaè lieta,e non lo fu certo per lui, se andò a finire in un ospedale psichiatrico. Ma, per tutto il libro, perseverò eroicamente nella sua menzogna, facendo sobbalzare ogni forma di riso. Fino ad oggi, certo per mia colpa, non avevo mai sentito parlare di Patrick Dennis. In realtà, aveva un nome molto più pomposo, Edward Everett Tanner III, che lo faceva assomigliare ad un imperatore del Sacro Romano Impero. Lui lo sveltì e lo alleggerì. Non era quel che si chiama uno scrittore di professione: non apparteneva al corteo di geni che da Omero conduce sino a Proust e a Kafka. Era una di quelle figure pittoresche, così frequenti negli Stati Uniti, che vivono contemporaneamente nel mondo dell' editoria, del teatro, del giornalismo, della letteratura e del cinema, e sembrano badare soltanto a far soldi. Solo che, per lui, fare soldi era una cosa estremamente seria e grave, ed impegnava il suo grande talento e la sua cultura. Dopo aver combattuto in Italia nella seconda guerra mondiale, Patrick Dennis entrò in un' agenzia letteraria, dove preparava schede di lettura. Lavorò per una piccola casa editrice. Scrisse, a nome di altri, romanzi e raccolte di aneddoti. Preparò articoli serissimi per una rivista serissima come Foreign Affairs, e un libro sulle tattiche del comunismo. Quando scrisse Zia Mame, il libro venne rifiutato da diciannove editori, che lo giudicavano invendibile, e che dovettero ricredersi amaramente quando rimase per più di due anni nella classifica dei best seller. Trasformato in commedia, e interpretato a Broadway da Rosalind Russell, Zia Mame ebbe un grandissimo incasso. Poi Dennis compose l' autobiografia di una diva del burlesque, del muto, di Broadway e di Hollywood, col titolo Belle Poitrine; e Genius, dove si prese gioco dei film troppo colti. Tentò il suicidio: venne ricoverato d' urgenza in un ospedale psichiatrico: si diede il nome di Psychopatrick: si trasferì a Città del Messico, gestì una galleria d' arte, e finalmente fece il maggiordomo, certo squisito e competentissimo, col nome di Edward Tanner. Quanto mi sarebbe piaciuto vederlo. * * * Sullo sfondo di Zia Mame, appare la fine degli anni venti: quel periodo folle e leggendario, che Dennis rievoca con grande fedeltà e precisione. Tutti, allora, erano (o sembravano) ricchi: tutto era ostentata e smisurata ricchezza; ma questo eccesso di vita e di oggetti assume, nel libro, una graziosa e futile leggerezza. Era il mondo di Zia Mame, che ne trasse il suo nutrimento. Ora Zia Mame ci appare come una signora dagli occhi sfavillanti, avvolta in una mantella spagnola, e con una rosa dietro l' orecchio: ora come una bambola giapponese, coi capelli cortissimi, la frangetta dritta che lambisce l' arco accentuato delle sopracciglia, con un abito di seta a ricami d' oro, pantofoline d' oro, e unghie lunghissime coperte da un delicato smalto verde acqua: ora indossa un abito scarlatto e ha i polsi avviluppati in spire di braccialetti indiani; ora sembra una romantica Signora del Sud, con organza e balze, crinolina e orchidee. Passa la giornata in un turbine di acquisti, intrattenimenti, feste in casa e fuori, adeguati alla rutilante moda dell' epoca: sempre a teatro, specialmente nei teatri sperimentali,o a cene offerte da signori molto à la page, o in gallerie di statue e dipinti quasi incomprensibili. Zia Mame è incantevole. Dal principio alla fine del libro, incanta l' autore, che a tratti si confonde con lei, le domestiche nere e irlandesi, i bambini, i vecchi, gli americani del Nord e del Sud, gli stranieri e, naturalmente, incanterà tutti i lettori. Nessuno resiste al suo fascino. Appena la vede, ciascuno cade ai suoi piedi come una vittima indifesa, e farebbe qualsiasi sacrificio per lei. E' polimorfa. Recita col massimo estro tutte la parti possibili, tranne quella della donna virtuosa. Non sta mai ferma: si agita, si sposta: è quasi sempre allegra e ridente; ma, se piange, uno non riesce ad immaginare che un corpo umano possa contenere tante lacrime. Adora gli altri esseri umani; ed è sempre prontissima ad abbandonare la propria vita per gettarsi a capofitto in quella di un altro. Come Patrick Dennis, chiacchera in modo insaziabile. Impersona la parte della vittima innocente, meglio ancora dell' innocente brutalizzata, mentre macchina di nascosto le più efferate malvagità. Nessuno direbbe che è candida o ingenua: eppure lo è; e proprio questo candore e una generosità commovente la legano per sempre a tutti coloro che incontra. Quando esplose la grande crisi del 1929-1930, Zia Mame non aveva mai fatto niente: salvo lavorare come ballerina di fila in un riadattamento della rivista Chu Chin Chow. Colla crisi perse tutto. Di buona o cattiva voglia, dovette lavorare (cosa terribile) e lo fece con lo spirito, i successi e le catastrofi di Edward Everett Tanner III. Venne assunta a Vanity Fair: diventò lettrice di un editore: si occupò di decorazioni d' interni in stile rococò: divenne una f e r v i d a s o s t e n i t r i c e d e l Bauhaus: aprì un punto vendite, "dedicato a tutto ciò che è coraggioso, sperimentale, elettrizzante, nuovo, moderno": lavorò come vendeuse di vestiti: aprì un locale estremamente esclusivo, con uno chef francese, un' orchestra inglese, un portiere irlandese, un capocameriere italiano e una ballerina spagnola; vendette porta a porta pentole d' alluminio: si impegnò come segretaria di un venditore di stringhe: scrisse una tragedia greca in trenta scene, con un coro di duecento voci; vendette pattini nel reparto giocattoli di un grande magazzino. Infine sposò un bellissimo gentiluomo del Sud, Beauregard Jackson Pickett Burnside, che discendeva da quattro generali sudisti, e possedeva petrolio texano, zucchero di Cuba, moltissime azioni a New York, e miniere in Canada. Per la gioia dei suoi lettori, le avventure di Zia Mame non finiscono qui. Non oserei mai raccontarle tutte. La vediamo per l' ultima volta vestita da principessa indiana, con un sari elaboratissimo, i capelli color pervinca, molto kohl intorno agli occhi, e un segno di casta sulla fronte. Non sappiamo cosa farà: forse si incarnerà in altre zie Mame, immaginate da altri scrittori. Certo non morirà mai, immortale come Shahrazade: mentre Edward Everett Tanner III, ovvero Patrick Dennis, era morto nel 1976, a soli cinquantasei anni, "facendo conversazione".

http://www.corriere.it/ articolo di Pietro Citati

Scheda:

Titolo: Zia Mame
Autore: Denis Patrick
Traduttore: Codignola M.
Editore: Adelphi (collana Fabula)
Data di Pubblicazione: 2009
ISBN: 9788845923999
Dettagli: p. 380
Reparto: Narrativa straniera
READ MORE - Vendite: il fenomeno dell'estate?

L'ebook porterà alla rinuncia del cartaceo? Risponde...

venerdì 7 agosto 2009


Il libro sopravviverà? Per Sandro Veronesi, scrittore di Caos Calmo, si: "Sopravviverà e non per feticismo, ma perchè è perfetto, giustamente ingombrante, pieno di eros".


Eppure le piu' grandi case editrici si interrogano sul suo futuro


Non credo che nè io nè i nostri figli ne faremo a meno. Non per nostalgia ma per la sua assoluta unicità. Il libro è manualità, è un contesto, è sensualità


Anche gli Lp musicali lo erano.


La musica per i ragazzi oggi significa Mp3, IPod, chiavette. Non dico che i romanzi in digitale non abbiano senso, penso che saranno materiali aggiuntivi, supporti e usi diversi, ma non oggetti sostitutivi. In cinquecento anni il libro non è mai cambiato, se non nella "confezione". E' decisivo e inalterabile come il mattone. Insomma, ha un'identità che è difficilmente sostituibile, ha un volume, una pesantezza che gli giova: non si perde, non si confonde, si sgualcisce ma non si cancella"


Le dispiacerebbe una sua opera in formato e-book?


Direi di no, per me cambia poco, e credo che sia uno strumento utile per l'utente abituato a un consumo elettronico. Ma a rimetterci sarebbe il lettore. La fisicità della lettura è un'esperienza totale, sensoriale e simbolica. Per scavalcare questa matericità ci vuole molto piu' che l'e-book, servirebbe un oggetto erotico quanto un libro.


Articolo tratto da Repubblica, intervista di Alessandra Retico.
La mia opinione:
Credo che Veronesi abbia espresso quello che è il pensiero di noi comuni-mortali lettori medi sulla magia del libro e sull'assoluta esigenza di chi legge di poter toccare con mano un libro, viverlo sfogliandolo, divertendosi e perdendo ore ad andare in libreria e a sistemare i libri, ordinandoli anche piu' volte, sui propri scaffali della libreria fisica. Sono tutti momenti che io personalmente vivo con totale passione, che non riesco nemmeno a immaginare di rinunciarci. E' esattamente quello che mi rende felice di essere un lettore accanito. Le piccole grandi cose fisiche che è in grado di regalarti un libro non ha prezzo. Speriamo davvero che il libro elettronico non prenda piede. Non tutto il progresso puo' migliorare.
READ MORE - L'ebook porterà alla rinuncia del cartaceo? Risponde...

E-book, la concorrenza aumenta

“Caro signore, Kindle è un tipo di apparecchio tutto nuovo e noi siamo emozionati ad averla tra i nostri nuovi clienti!”. Jeff Bezos, classe 64, studi a Princeton e apprendistato a Wall Street, ci mette pure il punto esclamativo: dev’essere davvero un’emozione firmare tutte quelle lettere, rigorosamente elettroniche, che ti schiudono il meraviglioso mondo di Kindle. Da qualche giorno, pero’, in casa Bezos, padre padrone di Amazon, la piu’ grande libreria virtuale, quel punto esclamativo ha piu’ il sapore dell’”alert”, dell’allarme, che della sorpresa. Meglio sarebbe provare con i punti di sospensione, vista l’attesa e l’incertezza.
Il mondo del libro elettronico è in subbuglio. Amazon e Kindle, la prima libr

eria virtuale e il primo lettore elettronico del mondo, non sono piu’ soli. Un fantasma s’aggira per il mercato, ed è l’ombra di Barnes & Noble, la piu’ estesa rete libraria d’America, un colosso con piu’ di 700 negozi negli States con tanto di collocazione in Borsa. Con una mossa a sorpresa, e in tre tempi, il marchio glorioso dell’Ottocento che il Ceo Steve RIggio ha lanciato nel terzo millennio, ha deciso di buttarsi nel mercato del libro virtuale. Prima acquisendo eReader.com, poi lanciando sul mercato degli smartPhone un programma per accedere alla propria libreria e, infine, annunciando la svolta: l’arrivo, nel 2010, di un lettore che promette di far sembrare Kindle già vecchio. Perché il reader di Amazon è tutto in bianco e nero, non è touchable, cioè funziona solo spostando testi e cursore, mentre il prodotto di B&N svilupperà con Plastic Logic, l’azienda piu’ all’avanguardia del settore, depositaria di un brevetto di libro elettronico addirittura pieghevole, sarà bellissimo, a colori, con wi-fi e naturalmente touch.
La guerra all’ebook è già cominciata? Si, sostiene il “New York Times”. Peccato solo che la quota di mercato sia ancora piccola: negli States (unico paese in cui Kindle per ora è in vendita) il numero degli e-lettori è fermo all’1,5 per cento. E allora che c’e’ di cosi’ eccitante? Beh, l’attesa. Gli esperti sostengono che con l’ebook avremo lo stesso fenomeno da “coda lunga” che Chris Anderson, il direttore guru di “Wired”, ha individuato per la musica digitale. Lentamente, prenderà sempre piu’ quota. Uno studio del centro ricerche di Forrester, sostiene che tra 4 anni i possessori di lettori digitali saranno 13 milioni: una cifra che moltiplica piu’ di 6 volte quello attuale.
Ecco perché le grandi manovre sono cominciate. E su due fronti: quello dell’hardware, cioè dei lettori elettronici, e del materiale primario, i libri. Già adesso molti editori sono restii a mandare online i loro bestseller. Dal “Cacciatore di aquiloni” a “Il signore degli anelli”, tanti classici e bestseller restano fuori. Fuori anche intere bibliografie di autori cult e diversi da Saul Bellow a John Grisham. Durerà? La sfida ad Amazon di un colosso della distribuzione come Barnes & Noble dovrebbe accelerare la transizione. L’altra questione è quella dell’hardware, degli eReader. Adesso abbiamo da una parte la capostipite Kindle, dall’altra il futuribile lettore Barnes & Noble e Logitech. In mezzo, tutta una serie di lettori con più o meno funzioni, dove la parte del leone la fa per ora Sony, che pero’ non si appoggiano a una libreria propria come Amazon o B&N (anche se, per esempio, a Londra Sony si è alleata con la catena Borders). Metteteci pure l’incomunicabilità tra standard (se compri su Kindle non puoi leggere su Sony) e quella maledetta trappola che si chiama Drm, cioè Digital Rights Management, che non ti permette di copiare e passare il libro (come succedeva prima anche con la musica di ITunes) e il quadro è completo. Il futuro del libro è elettronico, non ci piove: è il presente che ha bisogno di una schiarita.


Fonte: repubblica

Articolo di: Angelo Aquaro






READ MORE - E-book, la concorrenza aumenta

New York - Will Eisner

martedì 4 agosto 2009


Che dire di questo autentico capolavoro. E' difficile trovare le parole per esprimere un'opinione che sappia essere esaustiva e ben calibrata. Innanzitutto, come è ben intuibile dal titolo dell'opera di Eisner, protagonista è New York. La città, la metropoli, è un vero e proprio non-luogo corollario di miriadi di microcosmi che vivono, si muovono, si intrecciano o semplicemente si sfiorano o magari semplicemente viaggiano per strade parallele senza neanche incrociarsi. Protagoniste sono le piccole quotidianità che vedono protagonisti persone comuni, vittime di mancanze e drammi, disagi e impotenze, delusioni e amarezze, che Eisner ha saputo mettere a fuoco con un obbiettivo di impressionante profondità reale ma anche emotiva, attraverso immagini nitide di costante pericolo alla sopravvivenza. Eisner sembra il reporter di frammenti di vita quotidiana della gente comune, che spera di avere cio' che non puo' avere, di riscattarsi dopo momenti no che si sono prolungati a oltranza, con lo sguardo di chi spera che la vita possa prendere pieghe ben diverse ma sa che purtroppo l'esistenza offre inevitabilmente brutte cadute e un percorso di vita spesso segnato da un affacciarsi al mondo già piuttosto complicato. Il sentimento, altro protagonista immancabile dell'opera di Eisner, vale sia per quanto concerne l'amore con cui l'autore descrive la Grande Mela come un figlio, sia per i personaggi descritti e le situazioni nelle quali si muovono. Stracolmo di umanità, quella piu' pura e autentica, si toccano i problemi reali, che sono dei newyorkesi ma i newyorkesi in questo senso rappresentano i cittadini del mondo. Speranza e disperazione, illusione e disincanto, riscatto e rovina, in una metropoli affollatissima in cui domina la solitudine, dalla quale è sempre piu’ difficile liberarsi. Storie di persone che hanno un nome e cognome ma che risultano invisibili agli occhi del mondo. La città è una scatola fatta di altre scatole che si aprono al suo interno, e contengono a loro volta altre scatole da aprire e raccontare. La lente di ingrandimento Eisneriana non vuole tralasciare nulla. Vuole andare a fondo nella psicologia dei personaggi e delle relazioni sociali. La matita di Eisner è fotografica. Riesce a immortalare e percepire e far percepire a chi legge sfumature che arricchiscono la narrazione e la natura dell’emozione, dandole un sapore vividamente reale. Mi sono piaciute in modo particolare le scene mute, caratterizzate dalla delicatezza del movimento e dei gesti, che come parole di una poesia scivolano morbidamente negli occhi di legge e si accoccolano nella mente del lettore. L’esplosione o la sospensione del momento vengono rapite da questo tipo di comunicazione non parlata. Ma fatta parlare dalle immagini. Proprio come una telecamera che scorge, inquadra, zooma, e lascia semplicemente parlare il momento senza interferenze ne mediazioni di alcun tipo, facilitando l’immediatezza. L’immagine lascia piu’ tracce della parola. E una matita cosi riesce a parlare molto di piu’ e meglio di tantissima informazione che oggi circola ininterrottamente un po’ ovunque.
READ MORE - New York - Will Eisner