Copertine, che passione...Seconda puntata:

giovedì 25 giugno 2009



Questa è una copertina che mi ha tolto letteralmente il fiato appena ho avuto modo di vederla. In bianco e nero, i font del titolo e del nome dell'autore che fan presagire a un racconto piuttosto nero, come del resto l'utilizzo consapevole e intenzionale del colore delle immagini. Ma è altrettanto evidente dal primo approccio visivo con il libro che si tratta di un libro, in origine, per ragazzi. Solo in apparenza pero'.
Ma non solo la copertina, rende ammaliante questo libro a livello grafico. Le pagine il cui spessore è di color nero, fa si che appena chiudi il libro tra la copertina e la quarta copertina, c'e' uno spazio tutto nero (che sono appunto le pagine) che creano un'ulteriore effetto-mistery-horror molto attrattivo.
Senza dimenticare il materiale con cui è fatto il libro.
E che dire delle raffigurazioni appena si apre il libro e appena prima dell'inizio della storia? Sembra quasi entrare o in un mondo nuovo o in un fiaba o in un film. L'aspetto artistico grafico ha un ruolo di primissimo piano. Anche durante il racconto della storia, le immagini si avvicendano creando una lettura d'immagini che accompagnano un po' la propria immaginazione che si è fatta a livello personale, attraverso le parole.
Questa è una delle copertine che già da sola reclama il lavoro su pellicola. Chissà che qualcuno non ci abbia già pensato...Me lo auguro, anche perchè il contenuto è di livello assolutamente degno della straordinaria impronta grafica che si è deciso di confezionare per il libro.
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Si "legge" anche in TV, incredibile ma vero. Da stropicciarsi gli occhi.

mercoledì 24 giugno 2009




In quel mare di cesso merdosa che è diventata e non accenna a fermarsi la TV, una delle poche trasmissioni che ai miei occhi resiste e tiene alto ancora quel bricciolo di onore e di rispettabilità che rimane, lottando nella giungla della mediocrità, nei confronti del piccolo schermo, è senza alcun dubbio PER UN PUGNO DI LIBRI.

Trasmissione unica nel suo genere che parla di LIBRI (si puo' considerare tale anche Benjamin ma è piu' che altro uno speciale del TG1 , settimanale, di una quindicina di minuti), i lettori ne vanno pazzi. Alla guida un grande artista, Neri Marcorè (che ha ereditato la presenza da Patrizio Roversi, 5 anni alla guida della trasmissione), la cui conduzione è apparsa fin dal suo debutto in perfetto stile sobrio, divertente e coinvolgente, l'ideale per attirare spettatori e fare breccia nel cuore della gente. Marcorè è supportato da uno dei piu' grosso calibri in tema di critica letteraria che è Piero Dorfles, una voce di rispetto assoluto nel panorama letterario italiano, giornalista e critico, nonchè responsabile dei servizi culturali del Giornale Radio Rai, per cui ha curato diversi programmi radiofonici di successo, tra cui Il baco del millennio. Già questa scelta è un segnale forte di quanto Rai3 abbia puntato sul libro in televisione. Merita continuamente di essere sottolineata questa scelta, anche perchè è ormai arrivata alla sua 13esima edizione, mica noccioline. 13 anni di successi d'ascolto, 13 anni di spettatori che si inchiodano davanti alla televisione non per i classici quiz che hanno stancato o per gli ormai indigeribili e moltiplicati reality show, ma per vivere quell'ora di trasmissione, ascoltando parlare con leggerezza e ironia, con goliardia e interesse, di libri. Una competizione tra scuole, che devono leggere un libro, affrontare dei quiz e battersi vincendo, portandosi a casa, un certo numero di libri in base ai punti ottenuti. Detto in questo modo sembrerebbe un quiz, ma non lo è affatto. E' una vera e propria trasmissione culturale, perchè l'obiettivo è quello di proporre al telespettatore a casa nuove letture e stimolare il lettore stesso a comunicare con la trasmissione giocando da casa indovinando il libro di cui viene richiesto il titolo a partire da un indizio, il piu' delle volte scervellotico, come direbbe Dorfles per prendere in giro la redazione della trasmissione che si inventa dei veri e propri indizi "irrazionali" per identicare il libro da indovinare che porta a un numero imprecisato di libri vinti da inviare a casa al fortunato-bravo vincitore.

Il nome dei giochi, organizzati dalla redazione del programma, sono:

- Vota Antonio: le classi in gara presentano un breve filmato o una rappresentazione in studio basati sui libri con cui giocano: alla fine Piero Dorfles giudica il migliore;
- Chiedilo a loro: ogni classe riceve una lista di cinque domande, fra le quali bisogna sceglierne tre da porre all'altra squadra;
- Caccia al titolo: i concorrenti devono indovinare il titolo di un'opera letteraria in base agli indizi dati;
- Cinque piccoli indiani: cinque persone per squadra devono determinare a turno la categoria di appartenenza dei nomi che vengono loro sottoposti dal presentatore;
- Due su tre: ogni squadra può scegliere fra tre domande (da cinque, quindici e trenta libri), di crescente difficoltà. La domanda da trenta libri riguarda il libro assegnato all'altra squadra.

Io sono molto affezionato a questo evento domenicale televisivo. Una sorta di isola felice, dell'eccezione che sfida la regola in un ambiente, quello televisivo, che non ha piu' granchè da proporre se non banalità, sboccaggine, volgarità, violenza, gossip. Un appiglio a cui aggrapparsi, per chi, come me, vuole conoscere nuove letture e nuovi autori e sentirsi parte integrante di una famiglia, quella dei lettori, che vogliono la TV anche come mezzo di comunicazione della propria passione, come mezzo di condivisione di un oggetto tanto prezioso e pieno di vita quanto il libro. Lunga vita a questa bellissima avventura nata 13 anni fa e che si spera continui ancora per moltissimo tempo, perchè se c'e' qualcosa di cui risparmiarci sono le parole urlate con volgarità, non quelle lette con passione, a cui non va mai tolta la libertà di esprimersi e comunicare con sempre maggior forza. Anzi, se possibile, andrebbe loro dato sempre maggior spazio. Ma si sa, l'audience e i soldi intascati dalle reti e dai loro dirigenti, è il primo valore, e chi se ne frega se sugli schermi degli italiani passa sporcizia.

http://www.perunpugnodilibri.rai.it/category/0,1067207,1067023-1068752,00.html
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Best seller

martedì 23 giugno 2009

Un best seller o bestseller è un libro di grande successo commerciale nel breve periodo (letteralmente l'espressione inglese significa "che vende meglio"). Lo sviluppo di tale fenomeno è collegato soprattutto alla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, che attraverso la pubblicità diretta e indiretta permettono di diffondere rapidamente l'interesse per un'opera. In assenza di questo fattore, si possono avere vendite consistenti distribuite su lunghi lassi di tempo (persino secoli); si parla allora di long seller (appartengono a questa categoria classici come Moby Dick o testi sacri come la Bibbia).

Wikipedia

Quando si è lettori, forse bisognerebbe pensare meno e ragionare ancora meno e leggere di piu' facendo partire in pole il proprio istinto anzichè il resto dei pensieri che, in lettori riflessivi e forse esageratamente riflessivi come il sottoscritto, sono una rovina. Chiedersi troppi perchè, farsi troppe domande è un'operazione quasi snob, elitaria, e spesso e volentieri, una gran perdita di tempo. Quante volte grazie a questa mia eccessiva riflessività, ho evitato libri che poi ho letto successivamente e mi sono piaciuti moltissimo? E quante volte ho negato un libro alla mia lettura causa una riflessione troppo prolungata su diversi elementi su cui mi sono interrogato? Una di queste mie domande, che mi faccio, e forse appaio davvero snob e "classista", è: un best seller è un libro di qualità o il classico pozzo profondo nel quale attirare la gente promettendo qualità solo in base ai numeri che circolano dalla propria parte? Il best seller è solo numeri o c'e' qualità? Cio' che tutti leggono, che vediamo sistematicamente nelle top ten di vendite su siti e giornali, è di una certa qualità, se possibile un minimo oggettiva, o è una lettura che ha semplicemente saputo schiacciare determinati tasti entrando con enorme successo nei gusti della gente? E' solo tentativo demagogico di trovare per forza risposte a una domanda?
E' il libro che vende meglio. Giusto. Non necessariamente la bellezza, che non dimentichiamoci è il giudizio piu' personale e meno discutibile oggettivamente a livello assoluto, in quanto è strettamente legato e correlato al gusto individuale, è sinonimo di vendita e successo di vendite. Fare esempi in questo senso, è un'esercizio del tutto personale e non ha certo quella validità generale che merita una discussione che si propone di ricercare elementi di obiettività. Forse, già in partenza questo mio messaggio non è obiettivo. E allora, cerchiamo di renderlo piu' vicino a esserlo: ci sono libri che al momento della loro uscita, nel momento storico in cui hanno messo piede al mondo, o sono stati snobbati o sono stati aspramente criticati (e la critica, a volte, non ha un valore per forza negativo, perchè comunque una certa importanza al tema della critica, viene data perchè ne viene almeno riconosciuta l'esistenza e la capacità di far comunque parlare di sè). Questi libri negli anni sono poi diventati best seller, o long seller, pur non riscontrando un successo immediato. E' altrettanto fondamentale, fare una doverosa distinzione: best seller è un'etichetta quanto mai lontana possa essere dal termine "classico". Lo sottolineo perchè ho letto da qualche parte che Revolutionary Road è stato appellato proprio come best seller dopo l'uscita del bellissimo film di Sam Mandes. In realtà è un semplice classico contemporaneo (riconosciuto come tale da pochi, critici e appassionati lettori, per la verità e ai tempi piuttosto snobbato e emarginato) americano. Anche se ufficialmente non gli viene concessa questa considerazione. Che meriterebbe. Un altro esempio è IL SIGNORE DEGLI ANELLI, negli anni immediatamente successivi alla sua pubblicazione ha riscontrato indifferenza e poi successivamente una marea di critiche, forse perchè anti-tutto di quel periodo e troppo innovativo e anticipatore della società che doveva ancora arrivare, che si sarebbe poi sentita anch'essa messa in discussione da un'opera scritta decenni e decenni prima. E ISDA è innegabilmente un classico. Anche un long seller?
Harry Potter, per arrivare ai giorni nostri è un best seller?
Partendo dal fatto che nessuno puo' mettere sul tavolo il gusto altrui facendogli l'autopsia e redigere una serie di considerazioni che sanno di giudizi incontrovertibili e oggettivi, io trovo che il best seller sia in generale un qualcosa di molto piu' legato alla sfera economica che non a quella letteraria, già il termine denota una profonda simbiosi con i soldi e i guadagni. Già il fatto che faccia riferimento a un altro elemento chiave, qual è il BREVE TERMINE, fa pensare a qualcosa di effimero, che a lungo andare possa svanire e negli anni il suo ricordo possa sfumarsi, se non addirittura svanire del tutto. Puo' darsi che sia io a sbagliarmi, non affermo certo il contrario. E' che io di solito appena leggo sulle copertine best seller di qua e best seller di là, ci vado sempre un po' con le pinze, forse usando pregiudizio, forse ripeto, dando retta troppo alle mie convizioni che dovrebbero essere un po' smollate, un po' piu' flessibili.
Best seller pero' sono anche TI PRENDO E TI PORTO VIA di Ammaniti, che ho adorato, L'OMBRA DEL VENTO che ho adorato, MIDDLESEX di Eugenides, che ho adorato. Insomma, potrei autosmentirmi da solo, se vogliamo. E fare una figuraccia. Forse sono io che ho questa infinita necessità di fare ordine e categorizzare anche quando non ce n'è bisogno. Per quale interesse personale poi? Sono un bastian contrario? Uno snob? Potrebbe essere la prima immagine che do di me a chi mi conosce poco o nulla.
E allora, che fare? Considerare i best seller come libri da leggere sotto l'ombrellone (manco che fosse una vergogna e da sfigati leggere sotto l'ombrellone) o che possano al di là dei numeri che li rendono diversi dagli altri, apportare anche un certo interesse culturale? Argomento troppo lungo di dispiegare del tutto. Sarebbe interessante farlo attraverso una lunga discussione nel quale opinioni e punti di vista diversi entrano in contatto e si confrontano. Perchè se è vero che chi guadagna ha ragione, è anche vero che chi guadagna non è vero che ha sempre ragione. Dipende dai punti di vista. Faletti ci insegna una cosa: anche se non si è fenomeni, anche se si è apramente criticati, riuscire a entrare nel cerchio motore del successo piacendo alla gente e trovando uno sparring partner potente e micidiale come la pubblicità e i media, significa avere ragione anche quando probabilmente non la si ha, per molti. Ma finchè, all'accusa di non essere un buon scrittore (e sarebbe la critica piu' leggera tra le tante) si risponde con i numeri, giustamente chi deve difendersi ha sempre un motivo per sentirsi, se non con la coscienza, ma con la propria presenza si, al riparo.

Si possono distinguere due tipologie di best seller:
Best seller di
qualità: nasce come opera d'arte e ha grande successo per motivi che non sono
controllabili; non è un prodotto del momento, ed è destinato in genere a
diventare un classico e un long seller. Un esempio può essere
Siddharta
di
Hesse, o
prima ancora
I dolori
del giovane Werther
di Goethe
Best seller di consumo: libro creato ad hoc per raggiungere molto pubblico.
Ogni dettaglio, dalla veste grafica accattivante al costo contenuto, viene
studiato per consentire la più ampia accoglienza possibile da parte del mercato.
Si tratta in genere di un
romanzo di facile
lettura (
fast
book
), spesso legato a fenomeni culturali del momento, e talvolta
associato abbastanza direttamente a una trasposizione filmica. Esempi recenti
sono i romanzi
chick lit come Il diavolo veste
Prada
.
In Italia il fenomeno dei best seller si è affermato a
partire dagli inizi degli anni '60, con i cosiddetti "best seller all'italiana"
(ad esempio
Il
giardino dei Finzi-Contini
di Bassani).
Celebri best seller italiani divenuti tali anche in molti paesi esteri sono
stati
Il nome della
rosa
di Umberto Eco e,
negli anni '90,
Va dove ti
porta il cuore
di Susanna
Tamaro
.

Questa esauriente (o a me sembra tale) definizione della suddivisione della categoria best seller potrebbe illuminare ulteriormente discussioni a riguardo. E per me la discussione si farebbe sempre piu' interessante. Ognuno avrebbe parecchio da dire e chissà che alla fine, partendo da posizioni diametralmente opposte, non si riesca a giungere tutti a Roma, anche partendo da strade diverse ma visto che tutte le strade portano a Roma...
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Ancora Saramago su Berlusconi

lunedì 22 giugno 2009

Duemila e cinquanta anni fa, giorno più giorno meno, in un’ora simile a questa, il buon Cicerone stava gridando la sua indignazione nel senato di Roma o nel Foro romano: “Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?”, e chiedeva una volta di più al vigliacco cospiratore che aveva voluto ucciderlo per impadronirsi di un potere al quale non aveva alcun diritto. La Storia è tanto prodiga, tanto generosa, che oltre a darci eccellenti lezioni sull’attualità di alcuni eventi d’altri tempi, ci lascia anche, per nostro uso, alcune parole, alcune frasi che, per una qualche ragione, hanno finito per gettare radici nella memoria dei popoli. La frase che ho citato prima, fresca, vibrante, come se fosse stata pronunciata un attimo fa, è senza dubbio tra quelle. Cicerone fu un grande oratore, un tribuno di enormi mezzi espressivi, però è interessante notare come in questo caso abbia preferito utilizzare termini tra i più comuni, che avrebbero potuto uscire dalla bocca di una madre che rimprovera il figlio irrequieto. Con l’enorme differenza che quel figlio di Roma, quel tale Catilina, era un mascalzone della peggior specie, sia come uomo che come politico.La Storia d’Italia per qualcuno è sorprendente. E’ un lunghissimo rosario di geni, pittori, scultori o architetti, musicisti o filosofi, scrittori o poeti, miniatori o artisti, un numero senza fine di gente sublime che rappresenta quanto di meglio l’umanità ha pensato, immaginato, fatto. Non mancano certo le catiline di caratura più o meno forte, però nessun paese ne è esente, è una lebbra che tocca a tutti. Il Catilina di oggi, in Italia, si chiama Berlusconi. Non ha bisogno di dare la scalata al potere, perché è già suo, ha abbastanza denaro per comprare tutti i complici di cui ha bisogno, compresi giudici, deputati e senatori. E’ riuscito nell’impresa di dividere il popolo italiano in due parti: quelli cui piacerebbe essere come lui e quelli che già lo sono. Adesso promuove l’approvazione di leggi discriminatorie in modo assoluto contro l’immigrazione illegale, si inventa pattuglie di cittadini per collaborare con la polizia nella repressione fisica dei migranti senza documenti e, colmo dei colmi, proibisce ai figli di padri immigrati di essere iscritti nei registri civili. Catilina, quello storico, non avrebbe fatto di meglio.Dicevo prima che la Storia d’Italia per qualcuno è sorprendente. Per esempio, sorprende che nessuna voce italiana (almeno che io sappia) abbia ripreso, adattandole ma di poco, le parole di Cicerone: “Fino a quando, Berlusconi, abuserai della nostra pazienza?”.Bisognerebbe provarci, magari si avrà qualche risultato e magari, per questo o per qualche altro motivo, l’Italia tornerà a sorprenderci.
Grassetto

Altri stralci interessanti:

«Dev’essere duro vivere quando il potere politico e quello imprenditoriale si riuniscono. Non invidio la sorte degli italiani, però in­fine è nella volontà degli elettori mantenere questo stato di cose o cambiarlo».

Perché arrivare a paragona­re Berlusconi a un «capo della mafia»? Saramago ri­sponde: «Davvero le sem­bra esagerato? È sicuro? Al­meno mi concederà che ha una mentalità mafiosa».

«Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi non nascono dalla mia testa ma si basa­no su informazioni giornali­stiche che ogni giorno appa­iono sulla stampa europea. Io semplicemente osservo e concludo. Con dispiacere, naturalmente»

«Quando tutte le opinioni che si diffonde­vano sulla capacità creati­va, sulla modernità e talen­to artistico erano favorevo­li, non ricordo nessuno che si lamentasse di questi giu­dizi. Ora le cose sono cam­biate. L’Italia non è più il Pa­ese che emoziona, ma sor­prende non certo per le mi­gliori ragioni. Né l’Italia né coloro che amano questo Paese meritano lo spettaco­lo politico di fascinazione malata per Berlusconi»

Sarama­go è severo con Berlusconi ma anche con gli italiani, il cui sentimento «è indiffe­rente a qualsiasi considera­zione di ordine morale». Ma «nella terra della mafia e della camorra che impor­tanza può avere il fatto pro­vato che il primo ministro sia un delinquente?». L’au­tore del Quaderno arriva a paragonare il nostro capo del governo a «un capo ma­fioso ».

Tratto da "Il Quaderno" che Einaudi per via del suo padrone ha deciso di censurare. Come se fossimo in un regime totalitario. Ma evidentemente, un regime totalitario, lo siamo a tutti gli effetti. Beati coloro i quali nascondo la testa sotto la sabbia facendo finta di nulla.
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Racconto o Romanzo?

domenica 21 giugno 2009

Io fino a poco tempo fa a questa stessa domanda, "preferisci il romanzo o il racconto" non avrei avuto alcun dubbio ad accendere e confermare la prima opzione. Ora, devo dire, il racconto mi sta dando enormi soddisfazioni di lettura. Yates con 11 solitudini è stata folgorazione, la mia iniziazione al racconto, poi ho letto Kevin Canty ed è stata pura magia, contatto amoroso di una romantichereria indimenticabile, scrittura di una delicatezza da brividi, poi ho letto Carver e il mondo mi sembrava che mi girasse attorno in miniatura e potessi scorgere tante piccole vite di milioni di persone tutte assieme nel loro svolgimento quotidiano affiancando le singole anime in perpetuo movimento e sempre costrette a operare scelte, riuscendo anche a penetrare negli appartamenti , quasi come se si stesse giocando alla Lego ma in movimento e dotata di vita.Ho letto anche diversi racconti di Ray Bradbury (L'uomo Illustrato è un capolavoro che rivaluta l'uomo in maniera eccezionale, descrivendone la natura anche in termini addirittura poetici). Ho poi letto anche Fitzgerald, e i suoi I RACCONTI DELL'ETA' DEL JAZZ, racconti meravigliosi di una sensibilità di penna e di racconto dei sentimenti e dello stato umorale dei suoi personaggi, precari, deboli, sognatori, o coraggiosi che siano, incredibile . Ho da leggere ora ancora Carver, D'Ambrosio, Mary Robison, Ali Smith, David Leavitt e altri ancora e davvero si è innescata un certo feeling importante tra me e il racconto. E' capitato che un racconto di pochissime pagine mi abbia dato molto di piu' di un romanzo. Il racconto, quello di qualità, riesce a farti suo in pochissimo tempo, conquistarti in ancor minor tempo, immergendoti (per forza di cosa) a tempo record nei personaggi e nelle loro vicissitudini. E mi piace questo rapimento fulmineo che un racconto è in grado di mettere in azione nei confronti del lettore. E' una bellissima sensazione sentirsi rapiti. Dura poco ma è intensissimo. Ma puo' anche darsi che possa durare per molto piu' tempo.Il sapore di un racconto letto e piaciuto rimane a inebriare i propri sensi, o almeno a me capita solitamente che sia cosi'.

Il romanzo è inevitabilmente piu' lungo, caratterizzato da una penna diversa, da esigenze di scrittura diverse con durata dei periodi diversa, e piu' idee attorno a cui sviluppare la trama, con una maggiore possibilità, almeno in linea teorica, di sviluppare in maniera piu' completa i personaggi, attraverso intrecci piu' complessi.
Nel racconto tutto gira attorno a un'idea chiave, che è centrale, pochi personaggi, non esistono molti intrecci, c'e' spesso un'unica trama che ruota attorno a un evento principale.

Ma è possibile definire cosa dia piu' l'uno e cosa l'altro? Io credo che sia un'operazione a livello oggettivo, impossibile da espletare. Anche nel racconto esiste il genere e il carattere peculiare e assolutamente personale e di stile dell'autore, pari pari a quanto accade nel romanzo.
E' piu' complesso scrivere un romanzo o un racconto? Entrambi secondo me, perchè se nel primo è fondamentale costruire una storia che abbia una coerenza e una certa organicità per le molte pagine entro cui si svilupperà (ed è come vivere un'altra vita, nella propria immaginazione), nel racconto è assai complicato il lavoro di sintesi, dell'immediatezza delle descrizioni e di cio' che si vuole passare al lettore. Il rischio è quello di non giungere a capo di nulla e apparire come opaco, insapore, sconclusionato. Oppure viceversa, di mettere troppa carne sul fuoco in poche pagine creando una sorta di inflazione di pensieri, messaggi e informazioni che il lettore deve accumulare a recepire. Chi scrive un racconto, secondo me, deve essere molto attento e molto disciplinato, forse piu' che in presenza di uno scrittore di romanzi.
Secondo Edgar Allan Poe,autore cui la nostra idea di racconto deve molto, la narrazione breve è uno degli strumenti con cui gli autori davvero geniali possono esprimere al meglio la potenza della loro capacità di raccontare.
Questo perché il racconto consente al lettore una unità di impressione che gli permette di essere
completamente immerso nella storia, senza pause e senza lasciarsi disturbare da elementi esterni.
Autori come Hemingway, Cechov, ora Carver, sono apprezzati tantissimo dai giovani. Giovani che sembrano forse apprezzare di piu' il racconto rispetto al romanzo.
Alcuni sono dell'idea pero' che il racconto sia troppo manipolabile dall'autore stesso, ovvero che decida lui stesso quando interrompere la storia, a suo piacimento, magari lasciando a bocca asciutta il lettore che si aspettava anche dell'altro. Secondo altri, poche pagine non sono abbastanza per entrare nella storia e affezionarcisi. Per alcuni il racconto è è come un cioccolatino. Mangi e godi sul momento. Per alcuni il romanzo è decisamente la forma letteraria madre della letteratura stessa, molto piu' della poesia e della prosa breve.
E dei romanzi brevissimi? E se fossero catalogabili come racconti? E viceversa, i racconti lunghi non possono passare anche per romanzi?
Nel racconto dai piu' continuità alla lettura, perchè inizi e termini la lettura in un arco temporale cosi' breve da avere ancora in testa il filo della storia che hai vissuto in un unico tratto autostradale senza soste e caselli. Con la lettura di un romanzo, specie di un tot numero di pagine ci sono piu' tempi e piu' momenti di lettura, col rischio che l'umore un giorno, rumori circostanti in determinati momenti, rischiano di incidere sul modo in cui vivi la trama che stai leggendo. E allora, romanzo o racconto? Io, nel dubbio, mi metto nel mio zaino tutto quanto. Dipende dai momenti e dalle mie esigenze del momento. Magari, nel caso, anche leggere contemporaneante romanzo e racconto, perchè no?
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Saramago risponde alla decisione dell'Einaudi



La casa editrice italiana Einaudi, proprietà di Silvio Berlusconi, non pubblicherà “Il quaderno” in quanto contiene critiche dirette al primo ministro italiano e magnate della comunicazione. Cosa ne pensa di questa decisione?

Prima o poi sarebbe dovuto accadere. Berlusconi è padrone e signore di Einaudi, era scontato che avrebbero preso una decisione contro l’impertinente scrittore che gli crea seccature. Bisogna ammettere che gli editori non potevano far altro che obbedire agli “ordini” del despota. I loro posti di lavoro sarebbero stati in pericolo se avessero deciso di pubblicare “Il quaderno”. Come minimo il giorno dopo si sarebbero ritrovati in mezzo a una strada.

Cosa accadrà con l’edizione italiana de “Il quaderno”?“

Il quaderno” sarà pubblicato in Italia dalla casa editrice Bollati Boringhieri che, grazie alla sua disponibilità, è diventata la mia nuova casa editrice. Per quanto riguarda Einaudi, non ho nulla contro gli editori, piuttosto contro il proprietario dell’azienda.

Come sta andando l’avventura da blogger che ha intrapreso lo scorso mese di settembre?

Meglio di quanto avrei potuto immaginare. Mi colpisce in particolare la velocità di risposta dei lettori e la sincerità che esprimono, come se fossimo tra colleghi…

Che sensazione prova nel vedere raccolti ne “Il quaderno” i testi che ha scritto per il suo blog?

Mi risulta un po’ strano. Io non stavo scrivendo un libro, ed ecco che il libro appare, fatto e finito come se fosse stato progettato. La sensazione è che un’altra persona, che non sono io, abbia scritto queste pagine. Anche se quando le leggo non solo le sento mie ma penso anche che, come ho scritto sulla quarta di copertina, abbiano in qualche modo illuminato il cammino di giorno in giorno.

Come blogger, che funzione attribuisce ad Internet nello scambio di opinioni? Ha cambiato idea sulla rete?

In questo momento credo che Internet abbia soltanto sfiorato la superficie di un auspicabile scambio di opinioni. Tutti credono di avere idee e rifiutano le gerarchie di pensiero che, lo vogliamo o no, esistono. La conclusione, quindi, è che tutto è uguale a tutto, si confondono i ruoli e il concetto di autorità. Ma si tratta di una confusione iniziale, il caos è un ordine da decifrare e anche in rete arriverà il giorno in cui si riuscirà a non confondere pan per focaccia.

Per il resto dell'intervista, cliccare su:

http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=43100&idsezione=3
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Minimalism is an art

sabato 20 giugno 2009

Finzione o realismo? Lieto fine o amarezza finale supportata da una certa sospensione frustrante che lascia interrogativi importanti irrisolti? Personaggi belli e di successo e dotati di un certo fascino irresistibile che fan grondare di invidia e ammirazione incondizionata il lettore ma sostanzialmente stereotipati e plasticati o personaggi sgangheratissimi, ma vivi, che lottano ogni istante per ritagliarsi uno spazio nel mondo, nei quali ci si riconosce almeno un po' vista la precarietà che intercorre tra un momento vissuto e l'altro, senza avere la benchè minima certezza di cosa riservi il giorno dopo? A dir la verità ci sarebbe anche il genere Hornbyano che scava nella società e nelle sue viscere ma lo fa attraverso un'impostazione piu' da commedia ma non è affatto commedia spicciola e cartonata. E' vera, basti leggere NON BUTTIAMOCI GIU' ad esempio o COME DIVENTARE BUONI per rendersi conto dell'assoluta concretezza della vita che racconta.
Da qualche tempo a questa parte la corrente minimalista, presente fortemente nell'arte figurativa, ha preso decisamente il sopravvento nelle mie letture preferite, scalzando altri genere che si son visti retrocedere in posizioni inferiori. Tutto è iniziato con Richard Yates e ora mi trovo in una fase di continua e curiosa scoperta di altri autori simili, che vengono incorporati in questo filone culturale-letterale.

Minimalismo (letteratura) Corrente letteraria statunitense affermatasi negli anni Ottanta del XX secolo. “Minimalista” è stata definita una generazione di giovani narratori americani le cui opere si caratterizzano per l'attenzione al particolare e al quotidiano, nonché per la scelta di uno stile asciutto, essenziale e immediato, di stampo hemingwayano. Tra i minimalisti sono stati annoverati Bret Easton Ellis, Amy Hempel, David Leavitt, Jay McInerney e Susan Minot. I loro autori di riferimento sono Raymond Carver, Grace Paley e Ann Beattie.

Gli scrittori minimalisti descrivono la vita spesso squallida e banale nelle piccole città americane, oppure quella alienante nelle grandi metropoli come New York e Los Angeles, e raccontano, con una lucidità che rasenta il cinismo, la desolazione quotidiana di personaggi soli e annoiati, che vivono con disagio la propria incapacità di comunicare. Stilisticamente prediligono un discorso semplice e immediato, nel quale prevale la forma del dialogo e del rapido scambio di battute. Al romanzo si preferisce la misura breve del racconto, che si rifà alla tradizione della short story americana.

Il minimalismo ingloba certamente un determinato stile narrativo, molto immediato, diretto, basato su pochi fronzoli. Ma è piu' che altro un modo di raccontare la vita. Per quella che è. Senza proteggersi sotto l'alone del "raccontiamo la realtà nel modo piu' bello possibile per venire incontro al lettore che vuole nella lettura trovare riscatto rispetto ai problemi reali che vive ogni giorno". Non scende a compromessi del genere. Anzi, ti sbatte in faccia senza scrupoli e senza tentennamenti una realtà che è quella fatta di stenti, privazioni, solitudini, cadute, impotenza di fronte a certi ostacoli invalicabili che la vita ti presenta come conto, precarietà di salute, inadeguatezza nel controllo di sè, scivolamenti continui, botte tremende, reazioni fiacche o inesistenti, cecità esistenziale, domande a cui non si riescono a dare risposte e ci si sente impotenti, totale svilimento di sè, autodistruzione inevitabile. Ma esiste anche speranza, e a volte la determinazione di rincorrere una via di uscita, viene premiata. Ma sono sostanzialmente storie molto radicate nel comune vivere, che il lettore non puo' non sentire una minima partecipazione personale alle vicende raccontate. Racconti e romanzi che sono dei veri e propri mondi vissuti. Non idealizzati. Il minimalismo che potrebbe benissimo in un certo senso far coppia, con l'esistenzialismo e il realismo, sembra essere voce di una realtà scoperchiata dei suoi eccessi, delle finzioni idilliache che colorano di una perfezione improbabile cio' che invece non è. Una parte di letteratura vuol far passare il messaggio che il lieto fine ci sia sempre, basta che tu segua quasi una sorta di biglietto illustrativo o foglio delle istruzioni o semplicemente che aspetti il lieto fine o la felicità a bussare alla tua porta. Questa letteratura ha assunto un po' i connotati di una minestra riscaldata, che ostenta troppo banalmente la facilità con cui si raggiunge una certa serenità esistenziale. Questa minestra è stata preparata con ingredienti scaduti.

Il minimalismo in letteratura è caratterizzato dall'uso economico delle parole e dalle descrizioni superficiali. Gli autori minimalisti evitano gli avverbi e preferiscono lasciare al contesto il ruolo di definire il significato. Ci si aspetta che i lettori prendano parte alla creazione della storia, che scelgano da che parte stare in base a indizi obliqui e innuendo, piuttosto che seguire alle direzioni proposte dall'autore. I personaggi di romanzi e storie minimalisti tendono ad essere piuttosto normali; possono essere venditori o allenatori di seconda categoria piuttono che famosi investigatori o incredibilmente ricchi.

Gìà, la normalità. Che sembra essere un tabu' per una parte della letteratura.
Yates mi ha preso per mano e mi ha inoltrato in questo nuovo mondo da leggere. Con la sua scrittura strepitosa, cristallina, realistica, spietata.
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Non uccidiamo il cartaceo!!

giovedì 18 giugno 2009

Ormai la tecnologia, in simbiotica alleanza con quello che sembra lo sport preferito della nostra società che è quello di modificare e riassemblare ogni cosa che possa essere deformata e reinventata, sta prendendo il sopravvento su tutto. In primis su noi stessi. Il progresso è necessario, a patto che venga concepito come valvola della democrazia e stimolo di crescita, non certo di retrocessione o di tradimento e rinnegamento della tradizione, fino al tentativo della sua completa cancellazione.
Sta succedendo un po' ovunque che la voglia di cambiare, di innovare, di ammodernare, stia creando anche parecchi danni oltre che innegabili vantaggi di tempistiche e fruizioni.
Vogliamo parlare ad esempio dei cellulari che con il fenomeno sms, ha modificato addirittura il linguaggio dei giovani, tant'è che insieme alle varie lingue, esiste oggi anche l'Smsese? Vogliamo parlare del fatto che si sia disimparato a scrivere a mano perchè ormai tutto è computerizzato ed elettronico? Vogliamo parlare, ed è questo il punto su cui vorrei soffermarmi, che oggi si sta cercando di scavalcare il libro cartaceo con un qualsiasi aggeggino elettronico, che ti permette la lettura di un libro su un videoschermo, che per quanto attento alla vista e perfettamente leggibile, viola quelli che sono i tantissimi dogmi di una lettura che si rispetti? La lettura ha secoli e secoli, millenni di vita. L'avere in mano l'oggetto di lettura, sfogliarlo, risfogliarlo, averlo semplicemente tra le mani è una sensazione impagabile di possesso e di rapporto fisico con il libro. Un rapporto che non puo' venir meno. Non puo' un clic sostituire una mano e un foglio elettronico prendere il posto di un foglio cartaceo. Non esiste piu' il profumo della carta che si annusa anche a distanza, non esistono piu' i sensi, a parte quello della vista. Togliere la manualità e la fisicità della lettura, equivale a una grave violazione del diritto del lettore. Perchè dover scorgere "progresso" ovunque, anche quando e dove non si sente francamente bisogno di modifica di alcunchè? Questione di soldi, di interessi commerciali che come al solito tentano di scavalcare certi valori e certe tradizioni.
La spersonalizzazione e l'alienazione sembrano due evidente e innegabili effetti di questa distorsione clamorosa del leggere. Ne ho piene le scatole di questi aggeggini portatili da cui la gente si rende sempre piu' dipendente e verso i quali ci si mostra sempre piu' impotente. Non crediamo alle favole "commerciali" che l'ebook porti ad aumenti di lettori, a una maggiore alfabetizzazione, a un richiamo maggiore di iniziatori alla lettura. Tutti numeri e statistiche che sono oggetto a uso e consumo di chi persegue un obiettivo economico, solo e meramente economico. Muore il concetto stesso della lettura. Se ne estirpa, indebitamente, la sua essenza. La si schiaccia, la si sgretola. E' giusto? No. Chiaramente ci sarà sempre una divisione netta tra la fazione dei tradizionalisti e i tecnologici, ognuno con le proprie idee si confronterà con la tesi opposta, in un infinito e quanto mai impossibile da risolvere, scontro ideologico. C'è chi mi dice che leggere un ebook è piu' semplice, piu' immediato. Non mi trovo d'accordo. Cosa c'e' di piu' semplice che avere in mano un libro e sfogliarlo? C'e' anche chi mi dice che è piu' comodo. Anche qui, la mia idea è controversa rispetto a chi esprime questo pensiero a riguardo. Cosa c'è di comodo di continuare a cliccare, e fare mosse da trapezisti del circo per tornare a leggere una frase su cui si è passati troppo in fretta? Ho provato una sola volta a leggere tramite ebook, perchè almeno la curiosità mi ha spinto almeno per pochissimo, a valutare il punto di vista altrui coi miei stessi occhi. Giusto, almeno per comprendere per discutere. Ed è stata decisamente un'esperienza traumatica, e allo stesso tempo molto fredda, molto asettica, molto formale, troppo alienante. Il salto, ed è un salto nell'abisso o un salto all'indietro, è netto, nettissimo. Come passare dalla notte al giorno improvvisamente, dal buio di una cupa notte invernale all'improvvisa luce estiva di un sole a 40 gradi che batte e picchia, senza l'ombra di una nuova in cielo. Ora non intendo, premetto, criminalizzare chi opta per l'ebook. Intendo solamente osservare come con l'ebook si perde un po' il proprio rapporto intimo con cio' che si legge, che penso che sia piu' complicato dare libera strada alla propria costruzione di immagini a partire dalle parole, che sia molto distraente. E' a mio modo di vedere un'esperienza totalmente insipida e incolore. Non sprigiona sentimenti, atmosfera (cosa c'e' di meglio che leggere sdraiati un libro su una panchina, o sull'autobus la mattina presto prima di andare al lavoro o a leggere un libro a letto prima di addormentarsi?) ma crea soltanto formalità in un abitudine che alla lunga potrebbe allontanare la persona dalla passione della lettura. La tecnologia è croce e delizia oggi. Va interpretato e pensato al meglio il suo utilizzo. Non lo si puo' applicare a tutto. E' arrogante e indisponente pensare al piccolo monitor come dominatore sul pezzo di carta e l'inchiostro. E' scorretto, aggiungo. E' decostruzione della normalità. I blog hanno sostituito la "smemo", e la tastiera la penna. E anche qui si potrebbe discutere a lungo. Ma il video come si fa a pensare che possa sostituire il materiale cartaceo? Come si fa? Come si riesce anche solamente a concepire una cosi' drastica rivoluzione di un' attività mentale fondamentale e cosi' appassionante, come la lettura? Cosa ci dobbiamo aspettare? Tanti libri nelle nostre librerie, in formato file anzichè le copertine, accatastate l'una accanto all'altra in cui colori, formati, font, nomi degli autori, case editrici, foggiano la loro identità irrinunciabile, da toccare con mani? Perchè rinunciare a un'esperienza tanto bella e irripetibile quanto quella di divorare un libro sia mentalmente sia fisicamente, per sposarci con una lettura cosi' impersonale e distaccata come quella dell'ebook? Si legge tanto la stessa cosa sulla carta che sul lettore ebook, si difendono gli ebookisti convinti. Ma c'e' una differenza enorme, di esperienza che si vive proprio. E ha un valore irrinunciabile e innegabile. Dove ci porterà tutto a cio'? Ad allevare robot anzichè bambini? A parlare solo scrivendosi sms abbandonando le chiamate come si sta sempre piu' facendo? O a vivere la propria vita su Second Life anzichè fuori di casa? Chissà che non si possa per una volta, una volta, vedere trionfante la Storia anzichè la rincorsa alla semplificazione (e alla banalizzazione) sfrenata delle cose. Chissà che non ci si possa rendere conto un giorno di quanto sia stato ridicolo anche solamente pensare che si potesse architettare una rivoluzione del genere. Io e la carta, un rapporto che verrà mai stroncato. Anzi,semmai di fronte a queste continue e inacettabili violazioni di domicilio, fortifica il lettore con l'oggetto-sentimento libro cartaceo. Difendiamoci.
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I diritti del lettore


1. Il diritto di non leggere
2. Il diritto di saltare le pagine
3. Il diritto di non finire un libro
4. Il diritto di rileggere
5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa
6. Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa)
7. Il diritto di leggere ovunque
8. Il diritto di spizzicare
9. Il diritto di leggere a voce alta
10. Il diritto di tacere

(da "Come un romanzo" di Daniel Pennac)
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Copertine, che passione...Prima puntata: Pan di Francesco Dimitri



Inizia da oggi una serie di post, uno alla settimana, in cui pubblico una copertina che a me piace in modo particolare...

Oggi, debutto di questa mia specie di rubrica, tocca a Pan di Francesco Dimitri.






Come si fa non rimanere incantati da una creazione grafica come questa? Roma, i mostri, Peter Pan non con la classica faccia d'angelo ma dalla fisionomia inquietante e minacciosa, sullo sfondo di una città che si vedrà scelta come location parallela all'Isola che non c'e' Barrieana.
Questo è uno dei casi in cui, la copertina ha avuto su di me un effetto cosi' avvolgente che non ho avuto bisogno di momenti di riflessioni, di potenziali sensi di colpa dovute al prezzo che sarei andato a spendere.
Roma, Isola che non c'e' e Peter Pan, un ragazzo italiano giovane che ha deciso di buttarsi un terreno missconosciuto in Italia. Tre motivi per cui la copertina ha avuto un ruolo decisivo per la mia scelta.
La scelta dei colori, il fon utilizzato e la qualità di materiale utilizzata nella stampa del libro, han inciso anch'essi.
Si sa come sappiamo noi lettori...Spendiamo molto ma a volte siamo anche molto pretenziosi e, oserei dire, molto attenti a quello che si va a comprare. Anche andando a contemplare nelle nostre decisioni, esami ai raggi x del protagonista della nostra (potenziale) scelta.
Grande lavoro della Marsilio.

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Una bellissima realtà...

mercoledì 17 giugno 2009






Einaudi? Mondadori? Feltrinelli? No, Minimum Fax, Elliott, Isbn, per citarne solo tre di una lunghissima schiera che si sono o si stanno affacciando nel mondo editoriale. Ovvero, piccole case editrici, nate quasi per caso, anzi no, nate per passione comune di due, tre, quattro persone che han deciso di investire sull'amore per i libri, senza sapere bene a cosa andassero incontro. Il rischio, un po' azzardato perchè di certezze non ve n'era alcuna, era quello di dover rientrare immediatamente dietro le quinte e abbassare il sipario appena messo piede sul palcoscenico. Invece, la passione, la voglia di emergere, la determinazione di investire tutto e piu' di tutto in qualcosa in cui si crede fortemente, sono forze che vincono. Certo, poi anche la fortuna gioca un suo ruolo (di comparsa) pero' con la fortuna ma senza intraprendenza, passione e capacità non si va da nessuna parte.
Chiedetelo a Marco Cassini e Daniele Di Gennaro, i fondatori di questa ormai riconosciuta, e stimatissima casa editrice romana, che nasce nel 1993 da una rivista poco conosciuta che veniva smistata via fax ogni mese agli abbonati, cosa significhi emergere dal nulla, circondati da pescecani e grattacieli che son li pronti a inghiottirti in un sol boccone. Oppure Isbn che è saputa emergere rischiando su un catalogo particolare ma comunque di grande fascino, tra narrativa e soprattutto saggi di grande interesse, su nomi che certamente meriterebbero piu' il palcoscenico di quanto non abbiano ora. Con quel logo e quel nome cosi' familiarmente commerciale, che è immediatamente riconoscibile. Ma di strada ne deve ancora fare parecchia, nonostante abbia già guadagnato popolarità e apprezzamenti vari. Lo stesso dicasi per la Elliot, nata nel maggio 2007 sulla scia della Rivista Eliot narrazioni, nata 10 anni fa e che ne persegue gli stessi obiettivi, incarnandone i valori e la qualità. Quando si pensa a Elliot penso immediatamente a Christopher Moore e alle meravigliose copertine, grazie a un lavoro grafico che ha pochi pari in circolazione. Ma occhio, perchè almeno io personalmente li sto conoscendo un po' per volta e devo dire che hanno un catalogo brillantissimo e assai interessante. Nomi e titoli che andrebbero acquistati già sulla fiducia, a occhi chiusi, visto il grandissimo lavoro che questa casa editrice in continua espansione, sta praticando. La politica della ricerca, della scommessa, della competenza, del saper guardare oltre e arrivare prima degli altri, anche in questo terzo caso, sta dando i suoi frutti.
Forse si sta smuovendo qualcosa oggi? Forse che gli squali Feltrinelli, Mondadori, Einaudi stiano perdendo un po' di strada a favore di queste piccole bellissime realtà emergenti che hanno il grande merito di entrare in un mondo cosi' competitivo come quello editoriale, in punta di piedi e lavorando solo non in prima battuta per il ritorno economico ma per la passione e con l'intenzione di poter fare qualcosa per la cultura e chi si nutre di cultura? I soldi e il potere (caro Berlusconi vero?) non sono tutto. In attesa dell'uscita ormai imminente di Yates, di Christopher Moore e in attesa, e dipende solo da me, di acquistare LA FILOSOFIA DEI SIMPSON, a queste meravigliose realtà a cui andranno la mia fiducia e i miei soldi, auguro ogni bene possibile perchè sono loro, unitamente ai lettori, a mantenere vivo, forte e in pienissima salute il libro. A loro, quindi, da parte mia un sentito grazie. Per tutto quello che hanno fatto, stanno facendo e faranno anche in futuro.

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Maus, La storia raccontata a matita



Dopo fotografia, cinema, documentari, saggi storici, diari, Spiegelman ha scovato un nuovo tipo di mezzo di comunicazione dell'informazione, da mettere a disposizione di noi lettori, per raccontare l'Olocausto.

Raccontare la storia attraverso il fumetto, la realtà attraverso una matita su un foglio bianco da riempire. Si puo'? Non si puo'? E' fattibile e coerente un'operazione di incastro del genere? Si svaluta cosi' facendo il tema trattato banalizzandolo o lo si celebra ancora di piu' configurandolo come un momento della storia che va continuamente letto e rieletto per coglierne anche i piu' piccoli momenti per non dimenticare ma anzi, per rafforzare il sentimento di appartenenza al sentimento del dolore? E' un capolavoro perchè permette di porsi tantissime domande, il piu' delle volte senza risposta. E' un capolavoro anche perchè racconta un momento della storia cosi' devastante e antiumano, con la poesia delle piccole cose, con il racconto di momenti assolutamente intimini vissuti tra migliaia e migliaia di persone. Si, perchè nei campi di concentramento si era in tanti, tantissimi, uno stipato sull'altro e contro l'altro da far mancare quasi l'aria da respirare, ma era anche il momento in cui ci si è sentiti soli come non mai, alieni e alienati della vita, accompagnati solo e unicamente dalla sensazione di neutralità dei propri sentimenti che si fanno sempre via via piu' sfumati tanto da non accorgersi piu' della loro esistenza, della nullità della propria essenza, messa cosi' a nudo dalla violenza alla dignità della persona praticata con ferocia e con implacabilità dai tedeschi. E' un libro che ripercorre la sopravvivenza del padre dell'autore, ad Auschwizt, del racconto in prima persona degli orrori subiti ma soprattutto visti subire dagli altri che sono scomparsi.Mette a durissima prova la pelle d'oca del lettore il resoconto portato avanti, su richiesta del figlio, con sofferenza nei suoi ricordi, da Wladek Spiegelman che ritorna a quei giorni, a quei mesi e raccontando quasi come se fosse ancora sul posto, via via gli compaiono davanti agli occhi particolari agghiaccianti che forse sono ancora piu' agghiaccianti delle grandi infamie praticate dall'esercito della morte di Hitler. L'utilizzo di animali per impersonificare i vari personaggi nel graphic novel (gatti=tedeschi, topini=ebrei, cani=americani) rimanda un po' a "La fattoria degli Animali" orwelliana ed è una trovata artistica decisamente interessante da parte dell'autore. Ci si è sempre relazionati all'argomento con grande passione ma sempre o attraverso le sole parole o attraverso le sole foto che ci sono pervenute, mai attraverso un dosaggio sapientemente mescolato di parole e immagini (disegnate). Il valore storico si va ad aggiungere a quello artistico (che è notevole) perchè spesso si pensa che il disegno abbia una sua dimensione, per cosi' dire, leggera e vada utilizzato in funzione di qualcosa che deve distrarre, divertire, far sognare, immaginare. In questo caso il disegno è vivo, tremendamente vivo, nel suo ruolo di co-protagonista narratore di un qualcosa che è troppo piu' grande di tutto per aver la presunzione di poterlo raccontare in tutto e per tutto con una visione di insieme che pretende di saper spiegare tutto a tutti. Il disegno diventa allora un tentativo di smorzare questa pretesa e di avvicinare il lettore con la sua curiosità e la fame inesauribile di capirne qualcosa in piu', a un resoconto parziale di quello che è stato senza retorica o luoghi comuni ma porgendo semplicemente un'esperienza vissuta in prima persona da un sopravvissuto, raccontato per mezzo di un altra persona, il figlio, che ha voluto condividere con tutti noi questo bene prezioso enorme che è stata la testimonianza della sopravvivenza dal piu' enorme massacro della storia. Pelle d'oca, ma anche lacrime mi ha procurato questa intensissima e commovente lettura. Penso che vada fatto leggere al liceo, perchè nei ragazzi oggi manca ancora la consapevolezza di cio' che abbia voluto dire e voglia ancora dire tuttoggi, cio' che è accaduto in quegli anni.

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La magia di una libreria rimasta incontaminata

giovedì 11 giugno 2009










Lo scorso anno, a Capodanno, io e la mia dolce metà abbiamo vissuto giorni da sogno autentico a Parigi, la Capitale dell'Amore e, oserei dire, anche dell'Arte, seconda solo alla nostra Roma. Giorni di febbricitante eccitazione da orari strampalati e corse forsennate, attese infinite e incredulità di essere proprio li', nella città della Tour Eiffel, del Louvre, del Musee' D'Orsee', e perchè no, tra le altre tantissime cose, anche di Ratatouille. Fino a quel momento immaginata, sognata, desiderata e in quei momenti era sotto il nostro dominio di volerla conoscere in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue sfumature. Eravamo impazziti. Impazziti d'amore per questa città che non è una città, ma un mondo a sè.
E, prima di partire, alla fretta e furia perchè era stato un regalo a sorpresa di Natale, ci siamo concentrati e studiato attentissimamente tutte le tappe che avremmo dovuto immancabilmente e inderogabilmente vivere.
Tra queste, anche se nelle guide ahimè viene in qualche modo resa un'esperienza come le altre, quasi quanto prendere un cappuccio in qualche bar del quartiere Latino, c'è stata la Libreria Shakespeare & Co (37, rue de la Boucherie), gestita ora dalla giovane figlia (Sylvia, beata lei, spero si renda conto che cosa abbia tra le mani,


che patrimonio straordinario ha la fortuna di gestire) dell’originario proprietario, George Whitman, nato in Massachussetts, a Salem.
Questa libreria, storica, è stata frequentata da Hemingway, James Joyce, Francis Scott Fiztgerald, Henry Miller, Jack Kerouac, Ferlinghetti. La storica libreria di Parigi, aperta nel 1951 sorge sopra un’antico monastero e al suo interno si trova un pozzo in cui è tradizione buttarvi una monetina ed esprimere un desiderio.L’aspetto più affascinante è che spesso scrittori (famosi e non) vengono tuttora ospitati nei letti adiacenti agli scaffali e dormono e scrivono all’interno della libreria. E’ imprescindibile una visita.
Impressionante pensare come questo luogo come spazio storico di figure cosi' imponenti nello scenario letterario mondiale, assolutamente incredibile pensare, immaginare che tu ti sieda su quel divano o sedia che anni e anni prima ci si è seduto un mostro sacro del Libro e quasi ti senti a disagio, quasi non vorresti sporcare con la tua presenza quell'atmosfera di intoccabilità che si respira con tutti i sensi. Assolutamente stracolmo di libri, e nonostante ce ne siano cosi' enormemente tanti si trovi ancora posto per libri che arrivano a fiume, entrarci crea un sentimento che commuove, che riempie il cuore di qualsiasi lettore che entra in contatto con questo mondo d'altri tempi, forse addirittura un mondo completamente diverso da quello che ti trovi appena oltrepassi la porta d'uscita.


Stanze con divani e addirittura letti in cui assaporare a oltranza letture di ogni genere, mobili antichi che sembrano riflettere le impronte ancora ben visibili di Hemingway, corridoi e spazi strettissimi, una scala a chioccioli in perenne instabilità che resiste ancora alle intemperie degli anni passati e della polvere storica di chi ci ha messo piede, ma è soprattutto l'odore, il profumo di libro che contraddistingue questo luogo che è sempre piu' un mondo che geloso della propria tradizione, cerca in tutti i modi di resistere alla prepotente e inarrestabile invasione delle nuove librerie che sembrano dei locali asettici, privi di spirito e di quel clima che ti attornia rendendoti immortale per il tempo in cui ci resti. Al piano superiore c'e' anche una piccolissima stanzina, con una piccola scrivania e una macchina da scrivere di quelle datatissime e ancora in perfetto stato, dove tu puoi lasciare un messaggio su dei cartoncini dalle varie forme. Io e Giorgia ne abbiamo lasciato uno a forma di cuore, appeso proprio in quel minuscolo spazio che rappresenta con la sua piccolezza l'assoluta intimità di un'ambiente che cerca quasi di proteggerti dal mondo esterno. Non che poi uscendo vedi chissà che cosa di orribile, c'e' pur sempre Notre Dame de Paris, che è in assoluto uno degli edifici in assoluto piu' belli ed evocativi al mondo. Ma, e non finiro' di ripeterlo fino alla nausea, cio' che si sente, si vede, si VIVE soprattutto in questa libreria non ha eguali. Libri disposti ancora su scaffali di legno, traballanti, con quella straordinaria imperfezione delle misure e delle lunghezze che sembrano dare ai libri accastati l'uno accanto all'altro, attaccati a tal punto quasi da non riuscire a estrarne uno senza il rischio di far crollare l'intera parete, che sembrano dare una sensazione di movimento d'onda all'immagine totale e collettiva di tutti quei libri uno affianco all'altro. Sembrano muoversi, parlarsi e parlarti. E' una sorta di museo, anche per chi non piace leggere. Figurarsi come rappresenta per una persona che vede nel libro quasi una delle ragioni di vita.
A distanza di 2 anni sono ancora qui a ripensare malinconicamente a quel tempo che ho passato in questo luogo meraviglioso. E' da considerarlo a ogni effetto PATRIMONIO DELL'UNESCO.
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Addio Riccardino

lunedì 8 giugno 2009


Ci avete tolto tutto, brutti luridi schifosi vermi. Coi soldi ci avete rubato i sentimenti. Ci avete rubato un modello di calcio e di persona, una favola in cui credere era fin troppo facile. Ci avete tolto il SALE del calcio. Nascondendovi, facendo tutto di nascosto ai nostri occhi, noi che diamo linfa al calcio, alla bellezza del calcio, all'essenza del calcio stesso. E voi ci trattate come se neanche esistessimo, lavorate per sotterfugi, smentite ridicole, sorrisi assassini, parole pronunciate che fanno ribrezzo e quelle non pronunciate che fanno ancora piu' schifo. Siete delle persone orribili, a cui auguro di cuore, il peggior male possibile.

I vostri cuori sono aridi, poveri, vuoti, cosi' rigidi da non essere in grado di sentire neanche i battiti. Non come questo, che continuerà a battere anche se voi, brutti bastardi, avete deciso di separare dai nostri, di cuori. Bastardi.
Dura da concepire, dura separarsi da un qualcosa che credevamo fosse eterno.


Ricky non ti dimenticheremo mai, per sempre nei nostri cuori.
Per sempre. E non saranno loro a poterti togliere a noi una seconda volta. Vivrai sempre e per sempre dentro di noi.


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La copertina nei libri

domenica 7 giugno 2009


"Dimmi che copertina hai e ti diro' che libro leggi" , vale, non vale?
Quanto l'aspetto grafico incide nella scelta di un libro e quanto l'aspetto grafico coincide con la bellezza della parola scritta e della storia narrata?
Dietro la scelta di una copertina c'e' tutta una serie di punti da rispettare, o quantomeno, da tener conto.
Dal titolo, al sottotitolo, al font, al colore, fino all'immagine. Tutta una serie di decisioni che si avvalgono della specificità di professioni dedite proprio alla creazione di cio' che, almeno a prim'acchito, rappresenta il primissimo contatto tra lettore e libro.
E' una discussione complicata, perchè non esistono regole o leggi che indicano la bontà di una scelta piuttosto che dell'altra o che consigliano al lettore una certa confidenza e fiducia nella copertina o diffidenza e timore di fregata. Forse una via di mezzo, la classica via di mezzo sarebbe il consiglio che piu' si avvicina all'azzeccato.
Ogni casa editrice, investe moltissimo nella veste grafica. E questo conferma quanto importante sia il primissimo vissuto con il libro. Cos è che ci appare per prima cosa? La copertina. E nella copertina cos'è che salta subito al nostro occhio? Immagine, titolo o autore? Ecco, in questo caso dipende. Se un lettore conosce già uno scrittore, è ovvio che la veste grafica passi in secondo piano, anzi in terzo piano rispetto ad autore, per l'appunto, e titolo. Piu' ci si è affezionati a un autore, piu' secondo me la veste grafica ha un minor appiglio su chi decide se acquistare o no un libro. Qualora la conoscenza dello scrittore in questione sia superficiale o nulla, ecco che inevitabilmente scalano posizioni molto importanti l'effetto immagine e l'effetto titolo. A volte, il titolo puo' anche essere piu' incisivo di una copertina formidabile. L'effetto parola riesce ad aver un maggior appiglio dell'effetto immagine o dell'effetto colore. Anche il font del carattere con cui è stampato un titolo ha una sua certa influenza, non trascurabile, anche perchè l'uso di un font piuttosto che di un altro,puo' manifestare chiaramente il genere di un libro.
Quanto poi gli interessi commerciali ci marciano sopra, creando copertine e titoli accattivanti, quando poi il titolo risulta un flop clamoroso? Tantissimi esempi, purtroppo molto spesso per quanto concerne Mondadori, per quanto mi riguarda personalmente. Una sorta di trappolone per il lettore, nel quale è fin troppo semplice scivolare. Consigli per cercare di non inciampare in questa buccia di banana? Almeno dare un'occhiata alla trama non sarebbe male, se non si conosce l'autore. Ma anche qui, i rischi non mancano. O magari, una certa diffidenza del lettore a leggere le quarte copertine che rischiano di scoperchiare e anticipare momenti della storia, frenano anche questa possibilità. E allora? Siamo prigionieri di cio' che la casa editrice vuol far apparire ma che in realtà non sarà? Sbagliare è umanissimo, per carità. La "fregatura" potrebbe anche non essere cosi' maliziosa come l'ho delineata io. Puo' essere anche frutto del caso, ovvero del gusto particolare e oggettivo che ognuno ha e lo contraddistingue per questo. Basti vedere quanto un libro possa scatenare opinioni diverse, anche antitetiche, e dia vita a una serie di discussioni infinite in cui l'uno cerca di esprimere i propri punti di vista all'altra persona, che giudica cio' che ha letto in maniera diametralmente opposta. Fatico a pensare che un'immagine piazzata in prima pagina possa raccontare fedelmente il contenuto. Fatico meno a ritenere invece piu' decisivo il titolo. Che non è altro che una parola chiave che ha un valore centrale nella narrazione. E secondo me ha un valore piu' concreto nella considerazione che debba fare chi si appresta ad acquistare un libro o a rimetterlo sullo scaffale.
Ci sono, pero' e va detto, alcune case editrici che riescono a combinare perfettamente un lavoro grafico con un lavoro di contenute, in spiccioli: grandissimi libri con grandissime copertine, dai grandi titoli. Esempi: Elliott, Minimum Fax, Marsilio, Fazi, Marcos y Marcos, alcune collane dell'Einaudi. E la gestione della veste grafica e del formato dei libri, è un altro parametro che va a costruire la fedeltà di un lettore a una casa editrice piuttosto che a un'altra. Ci sarebbe da fare un'inchiesta a sondaggio a riguardo, per scoprire tanti altri piccoli (ma grandi) dettagli che spingono all'acquisto i lettori e alla loro fedeltà a determinate case editrici. Sarebbe molto interessante.
Decisamente affascinante indagare la storia d'acquisto di libri della gente. Ne scopriremmo sicuramente delle belle. E quasi riusciremmo a stilare addirittura quasi degli identikit.
Io personalmente i libri me li coccolo tra le mani, anche perchè adoro certe copertine, il modo in cui un certo formato ti si scioglie tra le mani, e attribuisco una certa importanza un po' a tutto: Titolo, Autore, Immagine in copertina, casa editrice. Si, perchè anche la casa editrice, che si è costruita un certo tipo di storia tra i lettori o che magari nuova di zecca stuzzica l'interesse del lettore o al contrario puo' venir snobbata perchè poco o per nulla conosciuta ancora, ha un certo ruolo da protagonista da recitare.
Sono solo io che mi innamoro delle case editrici quasi quanto un autore?
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Lui mi ha iniziato...



A quest'uomo io devo la mia vita. Non si sa bene quale, se quella reale, o quella parallela che poi in certi momenti era quella piu' reale delle due. Si sono incrociate e incastrare talmente alla perfezione, come due pezzi di puzzle, che a un certo punto mi sembrava complicata l'operazione di scissione delle due.
Quest'uomo, J.R.R. Tolkien, ha inventato un mondo, anzi i mondi. Ha inventato, a mio parere, un genere, una scrittura, un modo di comunicare, l'immagine. Mi trovo in difficoltà a mettere ben a fuoco questa sua invenzione perchè è tutto troppo riduttivo da esprimere e centrarne il concetto totalizzante e totalmente spiegabile a parole, attraverso un unico termine che ne inglobi tutto il senso e tutta la spiegazione completa, priva di difetti e mancanze.
Quest'uomo mi ha permesso di conoscere la lettura e le sensazioni uniche che procura, entrarne in contatto, mi ha iniziato a tutti i piccoli vizi e manie che solo un lettore conosce, mi ha dato la possibilità di poter scegliere: se provi a leggere e ti piace, vai avanti, se non riesci a entrarci nel modo giusto o ti trovi a disagio, fermati. Non mi sono mai sentito neanche una volta spinto a continuare se avessi avuto difficoltà. E non ho proprio mai riscontrato alcuna difficoltà perchè lui semplicemente INVITA il lettore a leggere, e non lo attira con mezzucci discutibili come accade oggi spesso e volentieri, grazie soprattutto al potere della pubblicità, al potere economico delle case editrici e del potere politico di certi personaggi che comandano il mercato dell'editoria.
Mi ha dato un'iniezione di fiducia nella letteratura che è qualcosa di straordinario. Io che fino a pochissimo tempo prima di sfogliarne la prima pagina, vedevo il libro come qualcosa che non mi sfiorava nemmeno lontanamente lo stimolo e l'interesse.
E' stato inizio e svolta, approccio e consapevolezza, esame e realizzazione.
E' l'uomo che mi ha partorito lettore. Lo sento come un padre. Un padre che ha lasciato libertà totale al Me lettore. Libertà di tempo di lettura, di acquisizione del contenuto, di interpretazione del contenuto e di creazione di immagini proprie a partire da una descrizione fatta a penna e inchiostro da lui. E' possibile che tra i milioni e milioni di lettori di Tolkien ognuno abbia il suo, con colori diversi, immagini paesaggistiche diverse tra loro, fisionomia dei personaggi l'una diversa dalle altre. E' meravigliosa questa creazione personale della storia, a partire da una lettura comune,che è quella per tutti.
Con la sua pipa in bocca, con la sua eleganza non dettata da cio' che indossa esteriormente ma da cio' che conserva al suo interno, con il suo sguardio che ha un'occhio dove nessun altro potrà mai arrivare, in un rapporto simbiotico con la mente creando l'immaginazione che nella sua straordinaria immensità sa anche essere ben trapiantata alla realtà. Per varcarne la porta, non urgono requisiti di accesso particolari, basta semplicemente essere curiosi e ben disposti a farsi prendere per mano.
Amarlo è la conseguenza piu' naturale che possa esserci, quasi come quella di amare la propria madre e il proprio padre.Perchè è come se ti sentissi un po' figlio suo. E se penso che nel periodo in cui ha steso e pubblicato IL SIGNORE DEGLI ANELLI, non ha avuto un successo di vendite particolare cosi' come addirittura parallelamente ha riscontrato tantissime polemiche, comprendo come se è vero che "si stava meglio quando si stava peggio", per certe cose è innegabile che si è andati avanti, e non regredendo agli stadi embrionali della civiltà.
Spesso ci si impaurisce per le dimensioni di un libro, c'e' un blocco quasi psicologico ma anche per timore di non aver tempo utile per dare alla lettura una continuità che necessità. A parte che IL SIGNORE DEGLI ANELLI non è concepito, come lo è erroneamente secondo alcuni, come un UNICUM ma sono TRE LIBRI, relegati insieme per comodità piu' che per una corretta operazione letteraria, se c'e' un modo con cui spiegare il motivo perchè vada letto io lo riassumo attraverso, visto che siamo nei giorni politici di maggior fermento, con uno spot elettorale: "Vi siete stancati della solita vita nervosa e stanca? Vi siete stancati delle solite parole che sentite trasmesse da microfoni e telecamere o semplicemente dallo starnazzare dei vostri vicini di casa? Vi siete stancati di sbuffare dallo stress per una cinquantina di volte al giorno? Allora sdraiatevi, per alcuni momenti dimenticate tutto cio' che vi circonda e addirittura chi siete, aprite IL SIGNORE DEGLI ANELLI, e catapultatevi in un mondo che sentirete molto piu' vostro rispetto a quello nel quale siete costretti a vivere, nella precarietà di ogni momento. Vi sentirete molto piu' vivi, vi sentirete resuscitare, vi sentirete pronti a dare un senso a cio' che vi circonda, malgrado non lo meriti"
Se mi chiedessero, a mo' di lampada di Aladino, esprimi tre desideri. Uno di questi certamente sarebbe quello di sedermi attorno a un tavolino, magari per un tè con biscotti, a parlare ininterrottamente con Tolkien. E penso che da quella chiaccherata infinita, io possa anche non tornare piu' nel mondo nel quale in teoria vivo (o meglio, sopravvivo).
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Wish list, la mia rovina

sabato 6 giugno 2009


Poniamo caso che io abbia un debito di 250 mila euro (povero me, sarei già un suicida a 27 anni), ne saldassi 180, e andassi a spendere ogni giorno 1000 euro. Con un'equazione un po' tirata per i capelli eccomi presentato, in tutta la sua folgorante...incoscienza. Avro' piu' o meno 120 libri da leggere, continuo a comprarne altri e ho una wish list che si allunga ogni giorno che passa...e la cosa stupenda (mica troppo, in effetti) è che riesco poi trovare e acquistare libri di cui non c'era alcuna traccia nella wish list...che in teoria va organizzata e stilata per avere piu' chiaro in testa i propri desideri.
Piu' chiaro, è una parola grossissima, in effetti...Cosa ci si aspetta da uno che va in libreria, entra, tira fuori una dozzina di fogli, con su stampato in carattere Times New Roman grandezza 8, una fila infinita di autori con relativo titolo del libro desiderato ed è già tanto che non ti scambino per un commesso che sta facendo l'inventario del negozio?
E' diventata una droga pure la wish list, che non so quante volte mi metto li a rileggerla, correggerla, modificarla, sottolineare parole, colorarle. Manco dietro alla mia tesi di laurea ci sono stato dietro con cosi' grande scrupolo, attenzione e passione. Ci sarebbe da inventare una materia per la facoltà di psicologia a proposito. Teoria e tecniche della psicologia della wish list, suona bene, accidenti. :-)
Dopo aver letto ALTA FEDELTA', in generale ho avuto una fissa per le liste. Mettere in ordine, e in ordine di preferenza, mi da un senso di semplificazione della realtà e della mia presentazione agli altri. La wish list libraria ha tutt'altra funzione anche se per la verità non sempre molto costruttiva, anche se esprime perfettamente quanto sia un depravato librario che non ha un minimo di zucca in testa ma continua desiderare e desiderare, senza un minimo freno da responsabile 27enne quale dovrei essere. Divento un cacciatore senza scrupoli quando si parla di libri, le orbite degli occhi mi si allargano, cambio colore come un camaleonte in base al tipo di copertina che mi ritrovo affianco, con sempre la wish list cartacea in mano. Immancabile. E scruto scruto, e tacchete accanto al libro che stavo cercando eccone un altro che mi attira anche di piu', senza tuttavia essere presente nella lista iniziale. Eh no, c'e' qualcosa che non va, non è possibile. Ci sarebbe da arrendersi di fronte all'impotenza, alla propria "sfiga" di imbattersi nin altri e ancora altri libri che catalizzano e parecchio, la tua attenzione. Ed ecco che forse, inizi a fare due conti, forse, puo' darsi. Ma non hai voglia di tirare fuori il portafoglio se non nel momento in cui non puoi fare a meno e non puoi piu' tornare sui tuoi passi. Forse, per autoscoraggiarsi, bisognerebbe trovare il coraggio di fare un calcolo totale di quanto si andrebbe a spendere, una proiezione della propria incoscienza, un test della propria psicologica profondamente ammaccata.
Vedo numeri, autori, libri anche nel sonno, programmo acquisti anche durante il sogno, ma che roba è? Mi dica, dottoressa, è grave?
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Boicottaggio personale di Berlusconi


E' una decisione, patetica per qualcuno, assurda per qualcun altro, da sfigato per altri. Non mi interessa. Senza voler fare politica spicciola, io non mi sento di dare piu' neanche 0.10 centesimi a questo uomo di merda.

Non comprero' piu' un solo libro NUOVO di:

- Elemond
- Sperling & Kupfer
- Grijalbo
- Le Monnier
- Pianeta scuola
- Frassinelli
- Electa Napoli
- Riccardo Ricciardi Editore
- Editrice Poseidona
- Mondadori
- Einaudi

A meno che non siano acquistati in librerie dell'usato, dove non andrebbe un euro che sia uno a questo stronzo.
Doloroso rinunciarci ma certe cose non hanno prezzo, in primis la dignità e l'onestà. E chisse ne fotte se per lui non conta un cazzo che non prenda piu' un libro. E' un gesto nel suo piccolissimo, indispensabile. Almeno per quanto mi riguarda. Dopo lo schifo Einaudi-Saramago a maggior ragione.
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Passione di leggere? Ecco cosa significa...

venerdì 5 giugno 2009

Quando uno ha passione dentro, non ha senso porsi limiti. Sarebbe solamente un grandissimo spreco di energie e una limitazione di se stesso che avrebbe dell'imperdonabile. Solitamente non mi viene da scrivere qualcosa cosi' apertamente e pubblicamente su una persona. Chi mi conosce sa quanto sia una persona riservata, che a volte fatica quasi a esternare emozioni ovvie, che a volte fatica anche a dimostrare perfino la (in apparenza) piu' piccola e semplice sensazione. Ma voglio fare uno strappo alla regola. Che sto forse migliorando in questo?



C'e' un blog che è nato poco tempo fa, dalle mani (ma soprattutto dal cuore) di una grande persona, che ho avuto la fortuna di conoscere su Anobii (e qui mi ricollego al mio messaggio di ieri qui nel blog, proprio sulla bellezza di anobii e sui miracoli che compie) e penso che sia giusto sottolineare la grandezza del suo lavoro, che oltre a crescere numericamente secondo "rendimenti" netti e indiscutibili, matura giorno dopo giorno diventando sempre piu' grande, piu' specifico, piu' serio, piu' riconosciuto, allargando i suoi orizzonti fin quasi a raggiungere quella professionalità che il suo grande obiettivo, e che son certo che riuscirà a centrare. La mia certezza sui traguardi che taglierà nasce, per quanto possibile, dalla sua serietà ma soprattutto dalla devozione quasi commovente che dedica alla lettura. E dai progetti che ha in testa e dal modo in cui racconta questi suoi progetti, perchè conta tantissimo il modo in cui si cerca di spiegare agli altri cosa si intende fare di una propria idea che si ha in testa. Gli ostacoli e i problemi ci sono, per qualunque cosa, ma va oltre. La forte determinazione è determinante (perdonatemi il gioco di parole). Dal gruppo di Anobii Corpi Freddi ha pensato bene di creare un blog, che ha visto tanti cambiamenti e ancora ne vedrà, con articoli, interviste sia scritte sia video, con una chat, con tante altre promesse di crescita, testimoniata da numeri che fanno impressione: da 949 di gennaio 2009 a 5320 di maggio 2009, senza trascurare le tappe intermedie, crocevia indispensabile per comprendere la crescita incredibile che ripaga la passione e il tempo investito in qualcosa in cui si crede.

La forza arriva anche da chi apprezza quello che fai e ogni parola di una persona che ti apprezza è una tonnellata di ottimi motivi non solo per andare avanti ma per migliorarsi continuamente.



Come ho scritto nel Gruppo Anobiiano Corpi Freddi,



"Mai accontentarsi, sempre stimolarsi. Chi si guarda indietro e si vede già grande, rimpicciolirà, chi guarderà avanti e al momento in cui guarda si vede piccolo, crescerà a vista d'occhio senza che se ne accorga.
Grandissimo Enzo, grandissimi in seconda battuta tutti. Le cose grandi nascono sempre da piccole grandi passioni. Speriamo possa diventare qualcosa di grande anche a livello ufficiale, perchè di grande, anzi di grandissimo come risultato già si tratta
"



A dir la verità, e me ne scuso con tutta la mia umiltà e anche ruffianeria che a volte riesco a tirar fuori di me, tutto è nato grazie a una splendida persona, Stefania, che ha creato il gruppo CORPI FREDDI, che oggi non è tanto un gruppo online di persone che condividono una passione, ma è un gruppo prima di tutto di amici, che si stimano e che amano passare del tempo insieme, che non appena possibile si incontrano e si divertono malgrado provengano da un po' quasi tutta Italia.

Enzo, ecco svelato l'arcano mistero del suo nome, non ho mai avuto fortuna di conoscerlo ma di stare al telefono una volta per quasi un'ora si. E si capiscono tante cose, nonostante possa apparire una considerazione superficiale in virtu' del fatto che non ci si conosca personalmente. Sappiate che questo mio blog è nato anche da questa grande persona, dalla sua grande passione, di creare qualcosa da condividere con altre persone.

Grande Enzo, grande Stefania, grandi tutti gli anobini (e non anobiiani, mi sembra meno formale). Insegnate la passione a tutti, ed è una bellezza indescrivibile potervi leggere e discutere, di tutto, con voi.
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Se a scrivere sono cani e porci...


Io, nella mia vita di lettore, ho sempre cercato di imparare una cosa, cercando di tenerla bene a mente nei momenti che serviva: rispettare chi legge cosa e chi scrive, perchè diciamocelo, è un rischio notevole buttarsi in un lavoro che prima ancora di essere una professione, è una vera e propria arte e pertanto, o hai la stoffa per farlo o non ce l'hai.
Una piega oserei dire quasi sociale, che ha preso un po' troppo e decisamente il sopravvento oggi, è quella del "ma si, mettiamoci a scrivere un libro, va cosi' di moda" o "ma si, scriviamo sto libro, ma dobbiamo guadagnare il piu' possibile". Scrivere un libro, secondo me, ha perso un po' lo spirito libero del farlo con intenzioni positive, ovvero per il piacere di farlo, per il piacere di raccontare, per il piacere di condividere qualcosa con il lettore, per il piacere di mettere in mostra il proprio talento al servizio della gente.
Oggi, e di questo mi convinco sempre di piu' ogni giorno che passa e ogni notizia per me choc che apprendo per giornali, tv o internet, è il fatto è che la scrittura sta vagando oltre certi confini stabiliti e predefiniti, senza barriere, senza alcun tipo di dogana. Il libro diventa un oggetto commerciale il cui scopo è prettamente economico, gente dello spettacolo sempre piu' visti in libreria, sugli scaffali (gente come Costantino, insomma, o altri personaggi dello spettacolo) e una cultura, anche del tempo libero e della lettura cosiddetta leggera, che va a farsi friggere. Di poco tempo fa la notizia che Fabrizio Corona che dalla sua esperienza carceraria sta cercando di estrapolare un best seller (e immagino sarà scandalosamente cosi' vista l'incomprensibile folla di gente che si è autoproclamata allieva della setta-Corona). Io mi chiedo, sinceramente e dal profondo delle mie riflessioni, che si ammetto sono leggermente condite di pregiudizio in questo caso, ma è proprio necessario che anche case editrici di un certo prestigio, anche solo si interessino a certi personaggi e diano loro la possibilità, anzi il privilegio, di scrivere e di vendersi in libreria? Quanti scrittori emergenti o che cercano affannosamente, in lotta continua e perenne con ostacoli, spesso insuperabili, e di talento, non riescono neanche a superare il primo scoglio, dell'invio del proprio testo a una casa editrice? Perchè? Perchè preferire il sensazionalismo puro e becero a uno spazio piu' attento riservato ai giovani talenti che cercano di farsi strada e farsi un nome attraverso l'arte in tutto e per tutto che è la scrittura creativa? Perchè? Perchè certe cazzate, che sono cazzate oggettivamente parlando, possono essere viste in libreria appostate accanto a libri di una certa caratura? Non intendo con questo dire che i libri debbano essere tutti di un certo tenore, di una certa seriosità, di una certa qualità linguistica, ma che almeno diano spazio alla scrittura per quello che è e che non diventi un mezzo per aspirare a qualcos'altro. Ma chi è Costantino per venir definito cosi' nel suo curriculum vitae anche scrittore? E cosi' anche per Fabrizio Corona e molti altri? Chi sono? Che capacità hanno? Che messaggi comunicano? Neanche divertono e neanche interesse apportano. Il vuoto. Semplicemente il vuoto.
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Voglio il 30% di Einaudi
di Juri Testa e Edna Pontellier

«Titoli first class, prezzi low cost»: non è male lo slogan che la casa editrice Einaudi ha scelto per promuovere la campagna sconti 2009. Richiama i prezzi stracciati dei voli a basso costo (e quindi, in senso lato, il concetto di libertà) e il lusso della prima classe, in questo caso riferito al catalogo Einaudi tascabili, che è veramente un catalogo di prima qualità. Si va dai classici italiani del Novecento (Natalia Ginsburg, Primo Levi etc.) ai classici stranieri (Edgar Lee Master, Il diario di Anna Frank, Jules Verne, Salinger e molti altri); dai contemporanei italiani dai grandi numeri (Jovanotti, Lucarelli) a quelli stranieri più corteggiati dal pubblico (Pamuk, Yehoshua, Vargas), fino ai classici di tutti i tempi (Le mille e una notte, Il decamerone). Insomma, un catalogo coi fiocchi in grado di attirare una grande varietà di lettori.Peccato che lo sconto sulla collana (il 30%), in realtà, si riveli nettamente inferiore alle aspettative. Vediamo perché: chi è abituato a frequentare le librerie, o anche solo a guardare su Internet, avrà notato che da stamattina i prezzi degli Einaudi Tascabili sono stati leggermente ritoccati. Per fare qualche esempio: le Storie di Cronopios e Famas di Julio Cortázar sono passate da 8,80 euro a 10,50 (+19% circa); Menzogna e Sortilegio da 13,50 a 15 (+11% circa); Zazie nel metro di Raymond Queneau da 9,50 a 10,50 (+ 10% circa). E il ritocchino ha toccato anche la poesia (Il Canzoniere di Saba è passato da 16 a 17 euro) e il teatro (quello di di Beckett è aumentato di 1 euro, da 12 a 13). Il lettore, sicuramente più accorto di me, avrà notato altri aumenti.Ora, stando così le cose, si può tranquillamente dire che lo sconto del 30% si è ridotto da un giorno all’altro a circa il 25 % per il Canzoniere, al 24 % per il Teatro di Beckett, al 22 % per Zazie, al 16% per Cortázar (man mano che i titoli diventato maggiormente popolari gli sconti diminuiscono), al 15% per Menzogna e Sortilegio. E gli aumenti hanno riguardato anche i cataloghi Einaudi non scontati (Sulla fotografia di Susan Sontag, ad esempio, è passato da 15,50 a 16,50) e i libri Mondadori o Electa (stesso gruppo di Einaudi). Per fare qualche esempio, Chitarra di Chapman è passato da 18 a 21 euro (+16%), e Madame Bovary da 8,90 a 9.Insomma, è la solita storia. Con queste promozioni le case editrici cercano di portare i lettori in libreria in un periodo in cui preferiscono fare gite in campagna nel week-end e, fin qui, va benissimo. È giusto incentivare la lettura tramite offerte promozionali. Soltanto che con questi aumenti semi-occulti si gabba il lettore, che viene attirato dal fantastico sconto del 30%, e si approfitta della promozione per aumentare il prezzo dei libri senza dare troppo nell’occhio. E poi, la promozione scade il 30 giugno, gli studenti delle scuole medie e dei licei, sempre in ritardo quando si tratta di comprare i libri da leggere per le vacanze, avranno bisogno della Luna e i falò, di Fenoglio, dell’Isola di Arturo, di Flaubert; e, per leggere sotto l’ombrellone, di De Silva, Jovanotti, De Lillo, Wu Ming…

fonte: http://francotirature.blogspot.com/2009/06/voglio-il-30-di-einaudi.html
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giovedì 4 giugno 2009


Anobii. Che significa il "tarlo della carta". Un social network che è nato nell'agosto del 2005 a Hong Kong, tradotto in piu' di 11 lingue, milioni e milioni di iscritti, ma soprattutto 11, 7 milioni di libri inseriti, che potranno solamente aumentare ora dopo ora, giorno dopo giorno, anno dopo anno, a ritmi vertiginosi.
E' un fenomeno che è diventato dipendenza. Una libreria gestibile online, dove ormai vengono addirittura costruite vite parallele stile "Second Life", utile per annoverare tutti i libri letti, quelli ancora da leggere, per votarli (e pazienza se il numero delle stelline a disposizione è ormai diventano un nodo di discussione perenne con i creatori del social network, che non aprono alle richieste degli iscritti), commentarli, scambiarli, inserirne altri nella propria wish list, anche stampabile cosi' da portarsi dietro con sè, nella borsetta o nei pantaloni, una lista ufficiale e comoda da consultare appena si entra in una libreria (che sia una decisione del momento o una tappa organizzata e programmata, poco conta per un lettore, i soldi vengono scuciti in qualunque caso: consigliabile non uscire proprio di casa per allontanare la tentazione di entrarci). E pazienza se si hanno in mano anche piu' di una dozzina di fogli nei quali pullulano nomi di autori e titoli di libri, con relativo codice ISBN. Anobii è un mondo in condivisione, forte. Non ti saresti mai aspettato una comunità cosi' enorme di persone che condividono fortemente come te la passione della lettura. Spesso, si legge o si dice, che la lettura è un passatempo decisamente raro, snobbato, dalla gente, stilando numeri, percentuali e classifiche che rendono impietoso e implacabile il giudizio che ha il sapore della quasi condanna, della cultura delle persone. E invece ci si accorge che forse i numeri andrebbero un po' riletti. Lo si tocca con mano, lo si vive di persona: milioni di persone da tutto il mondo che appena possono accendono il proprio pc, si collegano a internet e iniziano a immergersi nel mondo magico Anobiiano. Anche quando si torna a casa alle 3 di notte, c'e' la tentazione di entrarci, come se ad aspettarti ci fosse qualcosa per cui non puoi perdere tempo di aspettare alcune ore per entrarci. Ora, al lavoro, è stata tolta la possibilità negli uffici, di poter accedere dal proprio pc a forum, social network ecc.ecc. Questo, per comprendere meglio, l'enorme potere sociale e il devastante effetto-calamita di Anobii. Io sono rimasto del tutto folgorato, del tutto rapito, del tutto trasportato in una dimensione che sento completamente mia. Tant'è che continuo aggiornare ogni 30 secondi il sito, per controllare se ci sono aggiornamenti dai vari gruppi, se ci sono commenti o interventi di altre persone nella mia libreria, che siano interventi pubblici o privati. Ed è questo un altro effetto straordinario del social network librario: entrare in contatto, anche diretto, anche personale, anche faccia a faccia, con una quantità enorme di persone, diventare amici, iniziare a vedersi e a vedersi ancora e poi ancora e talvolta ci scappa pure di fidanzarsi, e perchè no, sposarsi. CORPI FREDDI è un gruppo che mi ha dato possibilità di conoscere gente di grande umanità e di particolare simpatia. Gente speciale, insomma. "Dimmi che libro leggi e ti diro' chi sei" e magari pure tutto nasce da una condivisione totale o una litigata altrettanto totale su un giudizio di un libro. E' magia, magia, che solo un lettore che ha dentro una passione cosi' intensa, incondizionata, totale puo' capire. L'attenzione maniacale con cui si inseriscono libri, la precisione di notizie da inserire online su quel libro, su dove lo si è acquistato, sull'etichetta da affibiargli, son tutte piccole cose che rendono enorme la lettura. E la passione che senti siliconata sulla propria pelle. Per me, potrei anche dire che la lettura è una sorta di pelle, creatasi negli anni ma ora la sento proprio parte del mio corpo.
Che dire, grazie Anobii. Per tante cose, che non posso qui sintetizzare, altrimenti rischierei di superare come pagine la mia wish list, che è interminabile e, ahimè, "incoscientemente" in via continua di aggiornamento. Come se non ne avessi abbastanza...Ma anche questo è il bello di Anobii...conoscere, conoscere, conoscere...Una fame di cui non mi stancherò mai.
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