Il re dei bibliomani

giovedì 27 agosto 2009


Ingegnere del Cnr, esperto di smaltimento rifiuti, ha accumulato 120 mila volumi: è il campione moderno di una "malattia" antica

CASTEL VOLTURNO (Caserta)Da due anni e mezzo compera soltanto online. È più pratico, dice, anche se a volte ci sono problemi di consegna perché non sa mai se farsi spedire i libri a Roma, dove abita, o nell’antica magione di famiglia, a Castel Volturno. È anche un sistema più veloce, e questo è molto importante per l’ingegner Ennio Italico Noviello, «primo ricercatore» al Cnr, esperto di smaltimento rifiuti, bibliofilo e molto probabilmente bibliomane, posseduto come pochi altri da quello che Jean Baptiste de Rond, il grande illuminista noto come D’Alembert, definiva nell’Encyclopédie il «furore d’avere dei libri e di raccoglierne». Ha catalogato su un file Excel tutti i volumi acquistati dal 2007 a oggi, e ha scoperto che sono novemila, il che significa parecchi al giorno. A questi ritmi, l’online risolve tanti problemi, ed evita di trascorrere la vita tra i banconi della libreria: ma non li elimina del tutto, anzi a volte li aggrava, come certe droghe.Tra Castel Volturno e Roma (ma soprattutto nel piccolo centro del Casertano, tristemente noto per storie di camorra) giacciono infatti più di centoventimila libri; oltretutto, con grande rincrescimento del proprietario, in un certo disordine. Sono accatastati dovunque, hanno messo a repentaglio la stabilità dell’edificio, attendono da anni, dal terremoto del 1980, di entrare in un’ordinata fila di scaffali. La grande villa fu scossa e danneggiata dal sisma, e l’ingegnere bibliofilo decise che era l’occasione buona per avviare imponenti lavori di risistemazione. Smontò le biblioteche del padre e del nonno, consolidò fondazioni e solette, prese a risistemare la cappella di famiglia per farne il cuore di una grande biblioteca. Ancora non ha finito. «Mia moglie dice che dovrei smettere di comperare libri e preparare le librerie. Ma non ci riesco», racconta con una buona dose di autoironia. «E poi, se devo cercare un titolo, lo trovo comunque». Non sembra facile. Centoventimila volumi (ma stimati per difetto) rappresentano un’enormità. Un record, per un privato. Certo, le biblioteche pubbliche di Napoli ne hanno di più: la Nazionale supera il milione, l’Universitaria i 700 mila, ma l’antichissima Girolamini si ferma proprio a 120 mila. Per l’ingegnere non è però questione di sfide o di collezioni. Raccoglie libri di lettura in edizioni comuni. Non si ritiene un collezionista. Ha cominciato con la filosofia, affascinato da Bertrand Russell. E come il sinologo di Elias Canetti, che vive e muore in Autodafé al tempo stesso signore assoluto e schiavo della propria biblioteca, re e prigioniero, l’ingegnere ha continuato allargandosi sempre di più a ciò che gli sembrava «interessante». Né teme di fare la brutta fine del professor Kien. «Il massimo piacere è entrare nella mente di chi ha scritto il libro, non quello di possedere il volume», dice. Però possiede eccome. È una tradizione. Molti volumi risalgono al padre, al nonno e forse al bisnonno, in una linea famigliare (materna) che parte dai Bocconi di Milano, commercianti di tessuti, carbonari e illuministi, uno dei quali fu esiliato in quella tenuta cinquecentesca. Anche il nonno conservava tutto. «C’è da qualche parte una collezione di giornali del 1850 che non sono mai riuscito a vedere», racconta. «Mio padre ha continuato, specializzandosi con l’aiuto di mia madre, che è americana, in direzione di tutto ciò che è bello e affascinante, quindi anche della letteratura». La casa, enorme, ha visto così riempirsi molti dei suoi 40 vani, presidiati dall’ingegner Noviello, dalle due zie, da una sorella «e poi naturalmente della servitù». Sembra una storia d’altri tempi, ora deflagrata sull’online. E la domanda resta una: perché compra tutti questi libri? «Mi piace averli». Lei sa che la bibliomania è stata ritenuta nel tempo una feroce malattia. Ride. «Molti parlano di disturbo compulsivo. Però....». Però? «Però se ho letto qualcosa o di qualcosa che mi pare interessante, devo anche averlo». E basta. L’ingegner Noviello ha avuto giorni di celebrità durante le contestazioni per la discarica di Pianura. Andò in tv a spiegare che gli inceneritori inquinano e non sono la panacea di tutti i mali. Nessuno intuì il suo «segreto», la vera passione super-predominante, che ha una storia antica e spesso sfora nella leggenda nera.Già nel 1807, prima che cominciasse la saga dei Bocconi, il conte Leopoldo Cicognare, storico dell’arte e bibliofilo, metteva in guardia nella sua Osservazioni sulla bibliomania contro «quella insaziabilità che è il preciso contrassegno della malattia dello spirito, fomentata purtroppo dalla eccessiva quantità di libri che inondano la terra». È una riprova del fatto che i lamenti contro l’eccessiva quantità di libri stampati sono antichi quanto la stampa; ma chi si interroga su quell’eterno furore è sempre un po’ complice, anche quando lancia anatemi. Vale per l’indomito ingegner Noviello il «lodo Pontiggia». Il grande scrittore, bibliofilo e bibliomane, nella sua ultima opera, Prima persona, si chiese se vi sia qualcosa di più folle della furia di accatastare libri. E rispose: sì, c’è. È la follia di non averne.

AUTORE: Mario Baudino

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