Rimini all'insegna del Thriller con la D maiuscola

venerdì 16 luglio 2010


E’ arrivato alle 9.50 anziché alle 9.30, con la scorta come un capo di Stato, ma gli si perdona tutto, anche se fosse arrivato il giorno dopo. Jeffery Deaver a Rimini è un evento ma un evento che si ripete negli anni, perché Rimini, con Mobycult in particolare, con la collaborazione del Comune e della Provincia di Rimini, sono sempre molto attenti a questi tipi di rassegne, che ormai vivono incontrastate da 20 anni.  
La fondatrice di Mobycult , Manola Lazzarini, è una signora decisamente briosa, brillante, determinata, proprietaria di una libreria praticamente piantata sulla spiaggia, una signora che vuole mantenere a galla questa sua creatura che, tra il porto di Rimini, Sant’Arcangelo, Riccione e Bellaria, fa incetta ogni estate di autori e letture di un certo calibro.  E la gente apprezza, eccome se apprezza, questa ventata fresca di cultura, che mescolata al dilagante divertimento serale che Rimini offre, e alle intere giornate trascorse sotto il sole e in acqua, forma un mondo a sé nel quale viverci anche solo per un lasso di tempo limitato, è ossigeno puro per affrontare il ritorno ai propri posti di combattimento.
La serata del 13 luglio è stata la volta, come detto, di Jeffery Deaver, che si sa, ama l’Italia e ama Rimini, per tradizione ormai una tappa fissa del grande scrittore di thriller americano.
Sotto uno stand, tra il ballo emozionante dei colori del cielo al tramonto che si riflettono nell’acqua luccicante, che ha lasciato spazio al buio illuminato a intermittenza dal faro portuale, e una leggera brezza che ha dato una tregua al caldo soffocante di questa pazza estate italiana, tante persone con in mano il libro IL FILO CHE BRUCIA, appena uscito edito da Rizzoli, hanno atteso con trepidazione e un bel sorrisone stampato in faccia, chi alla prima volta chi non, l’arrivo del proprio scrittore preferito. Un appuntamento da non bucare, per qualsiasi ragione, ed ecco che allora per una sera tutto puo’ attendere o essere rinviato, e rompere qualsiasi tipo di routine con cui si è stretto un patto quotidiano. Largo a Deaver, dunque.  “Non ci sono per nessuno”, sembra leggere sul labiale dei presenti.
Entra, sale sul minipalcoscenico, tutto tempestato di fucsia, colore ufficiale della rassegna Mobycult, in abito scuro, giacca e cravatta, occhiali da intellettuale.  Il contrasto di colori è netto. Saluta tutti, sforzandosi di parlare il piu’ possibile in italiano, come omaggio a un paese che ha dimostrato da sempre di amarlo come poche altre cose.  E poi parte l’introduzione, piuttosto simpatica della fondatrice di Mobycult e proprietaria della libreria IL LIBRO E LA VELA, dislocata proprio tra porto e spiaggia libera, a due passi dal delfinario. 
A coadiuvare il tutto, la traduttrice al seguito di Deaver e il giornalista Pietro Caruso, che ha appoggiato nell’introdurre alla serata, Manola Lazzarini  in un resoconto semplice ma efficace, incentrato sulla figura di Jeffery Deaver e in particolare, senza approfondire troppo il contenuto del libro, de IL FILO CHE BRUCIA, appena uscito per Rizzoli.
Si parte ricordando l’impressionante prolificità di scrittura di Deaver: con IL FILO CHE BRUCIA, ha toccato quota 28 libri per un totale di copie vendute che superano i 20 milioni di unità. Colgo l’occasione per sottolineare una bella definizione che Caruso ha dato di Deaver:  “un perfetto intagliatore di diamanti narrativi”, nel senso che Deaver si caratterizza per i capitoli ben delineati e proporzionati tra loro, per la presenza di una popolazione ampia di personaggi, che a parte Rhyme e Sachs, tendono a non prevaricare l’uno sull’altro, il fatto che al centro di ogni suo libri sia ben presente, e forte, piu’ il potere della mente che non della forza fisica (e Rhyme in questo caso è un esempio assolutamente calzante), e poi, un linguaggio specialistico, senza essere troppo oscuro da risultare incomprensibile , in particolar modo nel suo ultimo libro si parlerà degli arcani misteri legati all’energia elettrica.
Una bella serata, non afosa, nel quale si è discusso un po’ di tutto, anche sorridendo spesso per le straordinarie performance linguistiche di Jeffery, che piu’ e piu’ volte ha cercato di rivolgersi al suo pubblico presente in italiano.
-          DOMANDA: Quanti libri ha scritto?
Jeffery Deaver: 28 (cercando, con successo, di esprimere il numero anche in italiano), e per una persona giovane come me sono tanti (ride). Mi ritengo fortunato perché ho la possibilità di fare una cosa che mi piace, che non chiamerei lavoro, ma passione: raccontare storie, scrivere romanzi e racconti. E’ il massimo. Di solito scrivo un libro l’anno, ma credo che da quest’anno dovro’ accelerare i miei ritmi, portando a 2 uscite l’anno (e questa è una novità per i fan, assai gustosa n.d.r).
-          DOMANDA: New York nel suo libro viene raffigurata sotto la minaccia del black out, lei ha scritto i suoi libri incentrandosi spesso su temi di stretta attualità, crede che il terrorismo possa arrivare anche a determinare una condizione del genere come viene raccontata nel suo libro? (IL FILO CHE BRUCIA, Editore Rizzoli)
Jeffery Deaver:  Io credo che il mio compito sia quello di spaventare voi, il mio pubblico, che siete i miei amici.  Io ho amato e amo tuttora Stephen King, ma uso tecniche profondamente diverse dalle sue per incutere paura. King crea fantasmi, mostri, io mi concentro su altro. Il mio dovere è quello di condurre il lettore, prendendolo per mano, dalla prima all’ultima riga, utilizzando strumenti reali, come lo è ad esempio l’elettricità. Parlo di cose reali, senza voler dare l’imbeccata ai terroristi sia chiaro, ci mancherebbe. Pero’, ecco, volevo anche sottolineare come la nostra società sia strettamente dipendente dall’elettricità, basti pensare alla televisione, al computer e internet, agli elettrodomestici.
-          DOMANDA: tu sei stato, anzi lo sei tutt’oggi, avvocato e giornalista, tra i tanti mestieri in cui ti sei cimentato, ecco, come queste professioni hanno inciso sulla tua scrittura e sui temi da te trattati?
Jeffery Deaver:  Certamente, l’essere giornalista è stato di grande aiuto, perché nel giornalismo è essenziale la scrittura chiara, diretta, senza troppe  libere licenze espressive, ma anche la continua ricerca di notizie e approfondimenti, di interviste che occupa praticamente l’intera giornata del giornalista. E non intendo solo la giornata lavorativa. Per quanto riguarda l’avvocatura, io sono stato avvocato a New York,  questa professione mi ha dato l’opportunità di imparare a costruire la trama in un certo modo un po’ come organizzare le pratiche giudiziarie. Da scrittore lavoro 8-9 mesi, butto giu’ una quantità interminabile di appunti, di ricerche, di scalette dei punti essenziali che poi serviranno per costruire i miei romanzi. Il romanzo nasce nella mia mente,  si forma, assume contorni via via piu’ chiari e alla fine è li che aspetta solamente che venga messo per iscritto.
-          DOMANDA:  Chi è fan della coppia Rhyme-Sachs, avrà notato, soprattutto ne IL FILO CHE BRUCIA, ma è anche qualcosa che si nota nei suoi precedenti libri con protagonisti la strana coppia di detective,  che Rhyme pian piano, seppur leggerissimamente, e per quanto sia possibile, stia migliorando. Corrisponde al vero questa forte sensazione che hanno i lettori?
Jeffery Deaver: Lui è tetraplegico, una condizione fisica piuttosto difficile. Sempre piu’ spesso i miei fans mi chiedono se puo’ migliorare di salute. Ovviamente la tecnologia utilizzata da Rhyme, che è avanzatissima, lo aiuta moltissimo ma, come si è visto in alcuni momenti dei vari libri, puo’ anche diventare pericolosa. Rhyme è determinato, fa sempre molta fisioterapia, vuole migliorarsi. E Rhyme rappresenta un po’ tutti noi, che inseguiamo il miglioramento in ogni cosa e in ogni situazione.
-          DOMANDA: Quali scrittori ti hanno aiutato a formarti?
Jeffery Deaver:  Per essere scrittori bisogna prima di tutto essere grandi lettori. Questa è una condizione indispensabile. Io leggo da quando avevo 8-9 anni e ho letto e leggo tuttora Dickens, Virgilio, Shakespeare, Chandler, Hammett, Simenon, Agatha Christie, Conan Doyle, Thomas Harris, Michael Connelly, Denis Lehane, Carofiglio (boato tra il pubblico presente n.d.r.), Lucarelli, il mio amico Faletti, Eco, Primo Levi, Dante Alighieri
-          DOMANDA: Tu sei di Chicago, città di Obama. Quanto il presidente ha assorbito di Chicago e quanto ha assorbito Jeffery Deaver dalla sua città natale?
Jeffery Deaver:  Chicago è meravigliosa. E’ una città, grande, che lavora tanto, che punta molto sull’industria, un po’ come Milano. Obama ha pero’ vissuto nelle strade di Chicago, nel concreto di quello che è la città in tutte le sue sfumature, ed è per questo che è cosi’ pratico, concreto, perché conosce bene le realtà cittadine, anche quelle crude. Chicago è considerata una città letteraria, dove sono nati o anche solo vissuti tanti scrittori, tanti di questi attaccati alla realtà quotidiana e ai suoi problemi (Deaver utilizza un’espressione tutta americana per indicare gli scrittori che parlano di realtà nude e crude,  e usa una frase fatta come MEAT AND POTATOES).
-          DOMANDA:  La tua narrativa è un mix equilibratissimo di plot,trama, personaggi: quanto valgono nella tua personale bilancia di importanza? Quanto significato assumono le emozioni? La paura , ad esempio, degli americani dal 2001 in poi, si arresterà prima o poi o è destinata a non lasciarci mai?
Jeffery Deaver: I libri chiaramente sono guidati dalla trama. Io prendo sempre come spunto, anche quando giro in tour e mi pongono domande come queste, Mickey Spillane, un guru del genere hard boiled, che mi ha insegnato che non si puo’ scrivere un libro per fermare il lettore a metà, ma fino a fine libro il lettore viene guidato dall’ansia, dalla suspance, dalla curiosità che cresce sempre piu’ via via durante il racconto. Io credo che si possa avere una trama fantastica ma comunque inutile senza personaggi credibili e che nascano dentro di noi. I personaggi devono essere umani e non solo eroici.  Per quanto riguarda le emozioni, le ritengo importantissime, infatti non mi piace per nulla quando un lettore risponde con un “E’ interessante” al giudizio su un mio libro. Dovrebbe dire alla persona che gli toglie il tempo di lettura “Lasciami in pace, voglio solo leggere questo libro” (ride e scherza). Sulle paure americane del post-11 settembre, credo che il nostro sia stato da sempre un paese tollerante, l’11 settembre ha minato tantissimo parecchie certezze, ci ha colpito nel profondo, e nonostante alcuni passi falsi, gravi, del governo Bush, noi rimaniamo sempre un paese di grande democrazia e sono convinto che questa tragedia ci abbia ulteriormente unito.
-          DOMANDA:  Quanto cambia e che rapporti hai con il racconto anziché con il romanzo? Che differenze passa tra i due? Cosa cambia nella stesura dell’uno o dell’altro?
Jeffery Deaver: Bella domanda, molto interessante. Diciamo che il racconto è una forma narrativa che mi diverte parecchio. La differenza fondamentale sta nel fatto che mentre nel romanzo serve una maggiore attenzione da dedicare ai personaggi, nel racconto cio’ che conta maggiormente è la svolta improvvisa, creare imprevisti piu’ legati alla trama che non ai personaggi. Questa è la differenza essenziale tra queste due forme narrative.
-          DOMANDA:  Tu hai una capacità straordinaria nel curare aspetti psicologici ed è sotto gli occhi di tutti, ma anche una straordinaria attenzione all’economia e alla tecnologia, oltre che alla questione attuale del terrorismo.
Jeffery Deaver:  Si, mi piace molto entrare nella psicologia dell’essere umano. Infatti spesso cerco di immergermi il piu’ profondo possibile nei miei personaggi, sia quelli positivi che anche quelli negativi. Mi piace lavorare sulla psicologia, è campo estremamente affascinante, che adoro studiare. Nutro una grande curiosità verso la mente dell’essere umano, pero’ entrando sempre con un passo felpato. Per quanto riguarda economia e tecnologia, è evidente che oggi ci sia a livello economico una grave crisi che speriamo tutti di passare al piu’ presto. Sulla tecnologia, è altrettanto evidente la sua forza prorompente ormai in ogni singola azione del quotidiano. Basti pensare al computer e a internet, come al cellulare.
-          DOMANDA: Un neofita puo’ leggere IL FILO CHE BRUCIA provando le stesse emozioni di chi legge Rhyme da anni?
Jeffery Deaver: Solitamente proprio per questo motivo in ogni libro inserisco sempre parecchi dettagli che riprendo per fare una sorta di panoramica sulle condizioni e su quel che è successo a Rhyme, proprio per permetter anche a chi inizia a leggere non in ordine cronologico la serie. E’ chiaro che iniziando dall’inizio poi le letture seguenti assumono un valore maggiore a livello emotivo per chi legge. Il personaggio, si puo’ dire, crea fedeltà nel lettore.
-          DOMANDA: cosa ne pensi dei film tratti dai libri (in riferimento a IL COLLEZIONISTA DI OSSA, trasposto anche sul grande schermo)?
Jeffery Deaver:  Sono uno scrittore , ma posso dire che in tutti i lavori, di squadra, c’e’ chi lavora bene e chi non altrettanto. Quando si fanno i film, ci sono tantissime persone che, con compiti specifici, partecipano alla creazione del prodotto e c’e’ chi è bravo e chi non, chi ha talento e chi non, chi lavora con grande attenzione e professionalità e chi non. Io quando scrivo sono l’unico responsabile del mio prodotto, e quindi risulta essere forse piu’ facile sbagliare meno. A me non interessano le trasposizioni cinematografiche dei libri. Non sono neanche andato sul set del film tratto dal mio libro (Il collezionista di ossa), cosi’ ho perso una ghiotta opportunità di uscire a cena con Angelina Julie
-          DOMANDA: Come mai non è mai stato tradotto il suo primo libro WOODOO? C’e’ qualche possibilità di vederlo prossimamente in Italia?
Jeffery Deaver: Il mio primo libro diciamo che non è una bellezza indimenticabile, non ha venduto bene e quindi ho deciso di non volere che venisse tradotto in altre lingue.
E’ uscito di scena, tra applausi, autografi, scatti fotografici e tanta tanta disponibilità, affabilità e simpatia, ma ancora una volta tornerà a colpire.  C’e’ da scommetterci.

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