Correndo con le forbici in mano - Augusten Burroughs

giovedì 5 agosto 2010

Augusten Burroughs non è un ragazzo casa e chiesa, come si suol dire. Lo testimonia il fatto che abbia scritto questo irresistibile resoconto (romanzato) della sua stravagante e altalenante esistenza.
Scrivere di se stessi, trovo che sia sempre un’operazione complicata, non affatto scontata, piuttosto impegnativa. Ci vuole coraggio nel mettersi in gioco agli occhi di tutti, humour non indifferente nel prendersi anche in giro se necessario, autocritica per evitare di scrivere un’autocelebrazione fine a se stessa e stucchevole: tutte qualità che non sono facili da trovare, per lo piu’ compresenti, in una stessa personalità.
Per quanto inevitabilmente romanzato, il diario di Burroughs ci cattura, legandoci, nel suo passato, con grande onestà, limpida franchezza (anche troppa, visto che la famiglia di cui parla lo ha ripetutamente denunciato per diffamazione) e un’amichevole intenzione di renderci partecipi, quasi come confidenti, quasi come compagni di sbronza, di cio’ che lo ha reso Augusten Burroughs e non un qualsiasi altro uomo.
I problemi familiari sono al centro della sua vita, fin dalla sua primissima apparizione al mondo: un padre che dopo continue liti furibonde con sua moglie, lo ha abbandonato a una madre che se la fa con tutti, con problemi psichici che comporta anche gravi crisi isteriche, fino a quando non verrà affidato, praticamente vivendoci in casa, allo psicologo, con tutta la sua strampalata famiglia che contribuirà a formare (si fa per dire) il giovane Augusten. Lui sembra adattarsi, convivendo con tutta l’instabilità degenerativa della popolazione familiare dello psicologo, in mezzo a legami profondi che nascono, liti furibonde che si susseguono, una relazione omosessuale tra alti e bassi (decisamente sono piu’ i bassi) e in generale a una vita che per forza di cose si trasforma in una convivenza forzata con la frustrazione di dover sempre a che fare con una tensione sempre presente che mina gli equilibri psichici e relazionali.

Si ha la sensazione, durante la lettura, di camminare sempre pericolanti su un filo, costantemente ansiosamente precari, alle prese con la minaccia di un’esplosione degli eventi , da un momento all’altro, che possa comportare conseguenze estreme.
La vita è difficile, ma solo chi ha vissuto una vita complicata puo’ comprendere cosa significhi navigare in brutte acque. I personaggi del suo libro,tutti contornati da solitudine cancerogena, autostima illusoria e annichilita, brama di trasgressione e fuga repressa, delineano un quadro triste, angosciante, amaro, soffocante, del proprio mondo.
Burroughs utilizza l’ironia e l’immagine forte, brusca, quasi perversa come un mezzo di difesa dai pensieri cupi e sconsolanti che lo affliggono in relazione a una madre che sembra volersi tenere lontana da lui, evitandolo come fosse una grave malattia contagiosa e alla ricerca ossessiva di un sentimento che lo possa liberare dalla sua prigionia interiore che lo soffoca e che lo porterà a instaurare una relazione omosessuale con una persona molto piu’ grande di lui, tra certezze e improvvisi allontanamenti e fastidi cosi’ tipici di una relazione sentimentale forte. E’ la disperazione e l’evidente instabilità esistenziale a cercare con cosi’ enfasi un punto di equilibrio, aprendosi a tutto, disposti ad accogliere qualsiasi possibilità di felicità.
Non sembra esserci margine di possibilità di incontrare una vita normale, anche perché lui non l’ha mai conosciuta. E allora cosa si fa? Si guarda avanti, anche se il destino sembra decisamente nebuloso. Ma si è costretti a farlo, nonostante tutto, nonostante tutti, a partire da cio’ che si è imparato vivendo fin li’, a partire da quelle poche persone di cui si è certi di potersi fidare.

1 commenti:

Unknown ha detto...

ce l'ho in lista!!! E' una vita che dico che devo leggerlooooo!!!