Lehane e la sua terribile isola

venerdì 26 marzo 2010


Se bisogna trovare un solo aggettivo per questo libro, penso sia IPNOTICO. Si, perché travalica anche l’idea stessa del thriller come genere.
L'isola come simbolo di un'inevitabile solitudine, di un tragico abbandono di sè, della fuga di ogni speranza.
Innanzitutto, al centro di tutto non c’e’ l’azione in sé e per sè, c’e’ altro, di ben piu’ profondo e ambiguo, e che stimola decisamente riflessioni di un certo tipo. La psiche delle persone, cosi’ vulnerabile, cosi’ imprevedibile, cosi’ straordinariamente variegata, è il collante di tutte le vicende che si susseguono. A volte con lentezza, a volte con improvvise accelerazioni che mette sul chi va là il lettore. La tensione è enorme, e non risiede nell’alternanza di momenti veloci e improvvisi ma scaturisce dal viaggio inesplorabile, misterioso, oscuro nella mente di Teddy e dei pazienti (e anche prigionieri) della Shutter Island.
Il mondo nel quale si viene catapultati sembra lontano anni luce dal nostro, un tunnel in profondità dal quale è impossibile rivedere la luce in superficie. In realtà, è molto piu’ vicino a noi di quanto si creda, e se ci si pensa bene, seppur in proporzioni minori, l’imprevedibilità della gente la si constata tutti i giorni, anche nelle piu’ piccole e apparentemente banali cose.
Lehane ha adottato sapientemente un alternanza di ritmi da dare alla narrazione molto azzeccata. Perché è un libro che non puo’ tralasciare le sfumature (evidente nei sogni di teddy, in un ricorrente flashback della sua vita), gioca con la mente anche del lettore che è chiamato a interpretare momenti e personaggi ambigui e a cercare il lasciapassare per insidiarsi in quest’isola che assume tutti i crismi del luogo comune che vede questa fetta di terra interamente circondata dal mare, come un luogo oscuro, intrappolante, claustrofobico, che non dà speranza.
Le istituzioni, già, sono un bene o un male della nostra società? Il libro è ambientato nel 1954, ormai a un qualche anno di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale, ancora troppo poco il tempo passato per considerarsi definitivamente fuori da un periodo storico che ha lasciato segni irreversibili soprattutto dentro le persone. C’e’ ancora diffidenza, paura, scetticismo, anche nelle istituzioni. E quella che dipinge per noi Lehane, è una struttura piuttosto ambigua, dura, inquietante, cinica, che rispecchia perfettamente tutto il senso di una civiltà delirante, molto piu’ delirante di chi folle lo è per natura, perché consapevole.
E’ straordinaria la caratterizzazione dei personaggi, entro cui la penna di Lehane scava piu’ in profondità di un meteorite che si abbatte sulla terraferma, è straordinaria anche l’evocatività delle parole che si vestono da immagini e fotografie dell’ambientazione in cui tutto prende vita, straordinaria infine la scelta di inserire il doppio-binario narrativo, su cui il lettore dovrà decidere da che parte dirigersi e in cosa credere, perché è cosi’ facile cadere nella falsificazione della realtà dietro a un resoconto dei fatti credibile che anche il finale lascia ancora aperta ogni interpretazione possibile. Forse è questa la grandezza definitiva del libro, lasciare il bicchiere mezzo pieno e allo stesso tempo mezzo vuoto, lasciare una parta mezz’aperta e contemporaneamente mezza chiusa. Chissà, dove regna la verità assoluta. Ma esiste una verità assoluta o la verità, in qualche modo, è un po’ di tutti?

4 commenti:

Martina S. ha detto...

Ad alcuni il libro non è piaciuto proprio x il finale così aperto. Ma a me invece è piaciuto proprio per quello e perchè secondo me non è affatto necessario scervellarsi per trovare per forza una soluzione univoca. Dunque d'accordissimo con te: non esiste la verità assoluta, nemmeno nei thriller ^___^

Matteo ha detto...

A me non piacciono troppi i thriller convenzionali, ormai leggendone un po' molti si assomigliano tutti, apprezzo invece enormemente chi a partire da un thriller riesce ad allargarsi e toccare altri aspetti, anche socialmente importanti. Oltre ovviamente chi di volta in volta riesce a reinventare, seppur in piccolissime dosi, questo genere. A me il finale aperto ha dato tantissimo e secondo me è una vera e propria chicca, non di certo una privazione o un punto a sfavore. La penso come te.

Anonimo ha detto...

Grazie ad Fb sono arrivata qui :) finalmente qualcuno che in un blog scrive di cose meravigliose, cioè i libri.
Shuttered Island ancora non l'ho letto, purtroppo il soggiorno in Tunisia mi impedisce di leggermi i miei soliti 2-3 libri al mese. Infatti mi sto facendo una cultura di romanzi francesi (in lingua originale) d'altri tempi xD
Però se riesco prima di ripartire vorrei comprarmi il libro che stai leggendo e che mi hai mostrato al seggio. Mi ha incuriosito moltissimo!
Ciao

Alexia

Matteo ha detto...

Ciao, ma che bella sorpresa:-))Grazie per essere entrata e per le belle parole:-))Si compralo perchè è toccante come pochi e poi la casa editrice è un'assoluta garanzia, te lo consiglio proprio. Ah beh ma se poi tu leggi anche in lingua originale, sei avantissima!!