Il giornalismo nel dopoguerra, tra memoria e rimozione (forzata)

giovedì 26 novembre 2009

Il dopoguerra per l’Italia è un periodo storico cruciale e controverso, in cui si deve fare i conti con una guerra che ha lasciato ferite profonde a tutti i livelli. Politico, culturale, economico, sociale. Ci si vuole lasciare alle spalle un periodo lungo di profonda sofferenza fatta di perdite e dolore. Che ruolo hanno ora i mezzi di comunicazione? Soprattutto i giornali, come operano in questo momento storico determinante per le sorti del paese che è costretto a rimboccarsi pesantemente le maniche per risollevarsi? Il libro in questione parte da una prima analisi in cui si cerca di individuare e snocciolare le questioni ancora aperte lasciateci dalla guerra appena conclusa. Tra queste, gli eccidi e le stragi civili, i processi ai fascisti e nazisti , le vicende triestine e la questione della memoria, in particolare ci si domanda se si cerca di ricordare il passato recente o se invece l’obiettivo è quello di dimenticare (e cancellare) al piu’ presto per ricominciare da zero. Nella seconda parte del libro, si entra nel merito della questione, analizzando come i giornali, in questo caso 4 giornali presi come oggetto-campione(Il Corriere della Sera, Il Messaggero, La Nazione, IL Giornale di Trieste), abbiano affrontato le diverse questioni rimaste in sospeso.
Attraverso un resoconto delle loro vicende storiche spesso convulse e dai capovolgimenti repentini, della natura dei rapporti con la popolazione e la politica, Savellini ci offre una panoramica completa e molto attenta del giornalismo del periodo. Un giornalismo sostanzialmente filogovernativo, che attraverso la selezione delle notizie da raccontare di fatto opera già una scelta significativa e definitiva, anche a nome del paese intero: quella di costruire e dar appoggio a una memoria collettiva ufficiale, dettata dal governo, a scapito di tutte quelle memorie individuali che ognuno si portava con sé per esperienza diretta, che rappresentavano solamente un ostacolo per il Governo che intendeva rimuovere il passato, dimenticarlo, facendo finta che non sia mai esistito, per rinascere da zero, dalle fondamenta ancora da costruire, che si stava cercando di costruire.
Dalla dicotomia fascismo/antifascismo, ora sui giornali apparirà fortemente l’antitesi comunismo/anticomunismo. Ciascun giornale raccoglie un target di pubblico particolare, ciascun giornale sceglie un taglio specifico da dare alla propria testata, ciascun giornale vede nel dopoguerra il reintegro di giornalisti, direttori di testate e proprietari che nel periodo del Regime erano stati estromessi ed emarginati. Attraverso una scelta volontaria da parte delle testate giornalistiche di dare spazio a determinate vicende e allo stesso tempo snobbare determinati fatti, la realtà veniva modellata e manipolata dai giornali, mai come allora vere e proprie guide di pensiero e di formazione delle idee per la popolazione. Si pongono come un punto di riferimento straordinario. Ed è clamoroso notare come alcuni temi di discussione di quei tempi, anche oggi rimbalzino con frequenza nei dibattiti su stampa e politica. E’ proprio vero che con il passare di (molti) anni, certe caratteristiche e certe peculiarità di determinate sfere del paese, non si modificano. Restano. In contesti differenti, ma restano.

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