La lingua italiana è un po’ come il pongo o come il dash: a partire dalla presenza indispensabile di una buona dose di materiale senza la quale non è neanche possibile dare il là alle operazioni, è talmente plasmabile (ma allo stesso tempo molto ostico e scorbutico) e manipolabile (a volte legittimamente, altre meno),per cui è possibile conferirle forme, identità, fisionomie in continuo divenire tra le più svariate, fino ad assumere le sembianze e i contorni di una vera e propria arte del comunicare. Diventa mezzo e soggetto creativo, allo stesso tempo. Il linguaggio è creatività (spesso le sfumature fanno la differenza, determinano un senso piuttosto che un altro), non soltanto un canale attraverso cui comunicare. Basti pensare ai numerosissimi usi che se ne fa, e alle nette differenze che separano un tipo di linguaggio utilizzato in un contesto (ad esempio quello giornalistico) a dispetto di un altro tipo di linguaggio ad uso e consumo della pubblicità nei confronti del consumatore che dev’essere persuaso, o ancora il linguaggio del fumetto o quello del cinema, che a sua volta sembra essere dotato di vita propria che non ha nulla a che vedere con la forma linguistica adoperata per comunicare in azienda o a livello istituzionale. Oppure alle differenze nette che intercorrono tra diverse generazioni (figli-genitori ad esempio) o come il linguaggio di una precisa fascia d’età si sia evoluto (o involuto, a seconda dei punti di vista) negli anni. Forse è proprio il linguaggio uno dei segnalatori piu’ importanti e incisivi del passaggio del testimone da un’epoca a un’altra, da un decennio a un altro. E questo avviene in tutti i settori. Non solo quello del parlato ma anche dello scritto, o dell’ibrido, perché ad esempio la chat è considerato un mezzo di comunicazione si scritto ma che si ispira per diverse caratteristiche, decisamente al parlato. E ci si rincorre, cercando sempre di rimanere al pari coi cambiamenti. Perché restare indietro, spesso, fa rima con “restare fuori”, escluso, estraniato dalla società. Basti vedere il linguaggio giovanile, com è codificato, chiuso, selettivo, in continuo cambiamento, per riconoscersi in un gruppo, per piantare i confini da segnare con il mondo degli adulti, per avvalersi di un’ indipendenza e un riconoscimento di sé nel mondo che non ancora si puo’ loro garantire, almeno per come vorrebbero. Il linguaggio è una ricchezza, senza il quale (dico una banalità ma è cosi’), non si puo’ comunicare. Un gran bel libro, molto attento, molto preciso e puntuale, anche divertente se vogliamo perché ci si vede e ci si riflette un po’ in quello che l’autore descrive, e si sorride.
Prezzo: 12,00 euro
Autore: Antonelli Giuseppe
Editore: Il Mulino (collana Universale paperbacks Il Mulino)
Data di Pubblicazione: 2007
ISBN: 9788815113764
Dettagli: p. 206
About Me

- Matteo
- Ho 27 anni, mi sto specializzando in comunicazione, sono un accanito lettore, adoro il cinema e, ahimè di questi tempi, sono milanista. Ero un fanatico rossonero. Ora lavoro...al mio blog.
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La lingua italiana e la sua straordinaria ricchezza che non ha eguali al mondo
martedì 3 novembre 2009Pubblicato da Matteo alle 17:10
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