[La mia opinione] Hopper, specchio immaginifico delle parole di Yates

giovedì 5 novembre 2009

La meraviglia dell’arte, oltre all’ovvia bellezza visiva e alla totale libertà interpretativa di chi la osserva, sta nel fatto che in un’opera possono convivere e convergere immagine, parole, suoni. Non esiste un’arte in cui ci sia solo pittura, in un altro in cui esista solo musicalità e melodia e in un altro ancora sole parole da leggere. Che sia un quadro, un libro, una canzone, non importa. Ci sono canzoni che evocano immagini straordinarie, libri che cantano e fotografano la realtà e anche quadri che raccontano e hanno una musicalità strepitosa. Andando a vedere Edward Hopper, definito realista ma lui in prima persona ha voluto estirparsi da questa etichetta categorizzante che, erroneamente secondo lui, gli è stata affibiata. In realtà è un precisionista, una corrente artistica in cui è insita la convivenza di cubismo e realismo. Molto attento ai particolari, alle forme, la sua arte è colma di estraneità, solitudine e silenzio. Quasi volesse rendere onore alla vita in silenzio. Senza sprecare troppe parole. Quello che mi piace maggiormente di lui, è la compostezza con cui stende su tela la realtà che vede. Un po’ come quello che accade in letterature per quanto riguarda alcuni scrittori. Come Richard Yates ad esempio, o Raymond Carver. “I nottambuli” o “Domenica” o “Automat” o “Camere per turisti”, tanto per citare alcune opere di Hopper, rappresentano su tela le parole dell’autore di Revolutionary Road. E’ la prima sensazione, il primo squillo automatico che mi ha procurato la sua visione. La particolarità con cui zooma momenti di vita quotidiana che attraverso il silenzio raccontano molte cose, che mettono in moto emozioni in cui le ammira, l’immobilità delle “fotografie” di passaggi di vita reale, sono riscontrabilissime in Yates. In Revolutionary Road, la descrizione della casa di Frank e April, combacia esattamente per esempio con l’architettura delle case familiari disegnate da Hopper, che guarda caso rappresenta proprio l’America degli anni ’50. La stessa che viene raccontata, a parole ma con una vividezza di immagini quasi fotografica ed evocativa, da Richard Yates. In Hopper il momento sembra promettere qualcosa, un seguito ma allo stesso tempo quasi mistico e non vuole essere disturbato, proprio come negli scrittori realisti americani. Lo spazio è piuttosto impoverito, molto essenziale. L’individuo sembra sentirsi intimamente solo, un oggetto estraneo rispetto a cio’ che lo circonda, quasi indifferente. Hopper non intende inserire nelle sue opere il calore umano. Parallelo letterario con puntualità presente in Yates, in Carver, in Malamud, dove l’eccesso e il barocchismo narrativi non hanno residenza cosi’ come momenti di grande serenità, leggerezza e riscatto non prendono parte alla narrazione.
In “Finestre di notte”, ma anche in altre opere Hopperiane, l’artista “spia” persone comuni impegnate in gesti assolutamente quotidiani (Yates penetra non soltanto la quotidianità ma anche i pensieri e lo stato d’animo dei personaggi). Le “sorprende” alle spalle, e come una telecamera, le zooma, le inquadra, entra furtivamente nelle loro piccole vite, fatte delle solite routine. Un travolgente immobilismo (che pero’ muove sensazioni e comunica), in cui la luce forse è l’unica presenza di vita concreta. Chissà se si tramutassero in film, le opere di Hopper possano vedere quel momento di sconvolgente (e improvvisa) rottura della tranquillità, serenità, degli equilibri che (in apparenza) caratterizza la narrazione yatesiana oppure se viaggia come nulla fosse in mezzo a una tranquilla “passeggiata” intima, silenziosa, rispettosa, tipica dell’arte di Carver.
Impressionanti, poi, le somiglianze tra alcune opere di Hopper e alcune inquadrature nel film di Revolutionary Road. D’altronde, Hopper, ha da sempre utilizzato una tecnica pittorica molto cinematografica, con cui ha regalato allo stesso cinema alcuni punti di riferimento importanti. Il pennello (o la matita) come una vera e propria telecamera sul set di un film.
Vivere un quadro, leggendo contemporaneamente parole che rimandano a immagini che catturano musicalità. Un giro-giro tondo emozionate come pochi. Ci sono rimasto dentro. In Hopper, proprio come in Yates. Il dramma silenzioso, perfettamente rappresentato sia in alcune opere di Hopper, sia negli scritti di Yates, non puo' non calamitare l'attenzione di chi guarda e di chi legge.

3 commenti:

giorgia ha detto...

bellissimo "articolo" tesoro!
uff proponiti a qualche sito ti pregoooo

Matteo ha detto...

Ma grassie!!!!!!!!!!:-))))

Anonimo ha detto...

Complimenti! Ho finito da poco di leggere revolutionary road e mentre leggevo visualizzavo nella mente i quadri di hopper... il tuo articolo rende benissimo l'idea!