Critica letteraria vs Anobii

mercoledì 27 gennaio 2010

A cosa serve il critico letterario? E’ di questi tempi, specie dopo l’uscita nelle librerie del libro su Anobii, un dibattito infinito sul ruolo di primato e esclusività del critico letterario, sempre piu’ spodestato dal proprio trono di solo recensore ufficiale dei testi letterari dalla crescita vertiginosa non solo del numero di utenti su anobii e dei libri letti (numeri spaventosi, in senso positivo ovviamente) ma anche da una sempre maggiore competenza e profondità di analisi del lettore medio, che in silenzio punta a sottrarre ai vecchi recensionisti di livello il ruolo di divulgatore di opinioni.


Io personalmente, dall’esperienza che ho provato leggendo queste critiche letterarie “ufficiali” su giornali, riviste e quant’altro, sono del parere che non servano granchè. Che il loro linguaggio spesso sia oscuro, eccessivamente ricercato, ridondante, ripetitivo e in alcuni casi molto aleatorio (per dirlo in parole semplici: molto fumo e niente arrosto), tutte cose che infastidiscono il lettore che invece cerca nella recensione degli spunti, una spinta a leggere quel libro, uno stimolo che ti faccia correre in libreria ad acquistare quel volume. Tra l’altro il dubbio sulle amicizie editoriali o del scrittore stesso con il critico, inquadra ai miei occhi non molto affidabile la garanzia di imparzialità e di professionalità di chi dovrebbe in linea di principio essere distaccato nell’analisi di un libro. E’ questa la differenza tra un lettore in quanto tale e un lettore che ufficialmente viene pagato per scrivere recensioni critiche (e quindi si da per scontato di essere portatore di un bagaglio di conoscenze specifiche e di lunga data per fare cio’ che fa): il sentimento, l’emotività trasmessa da un libro è inevitabile che ci sia anche in un commento ufficiale, ma certamente deve essere da una parte contenuto nella sua natura ufficiale, dall’altro pero’ non deve neanche sparire completamente perché altrimenti si legge un saggio scientifico e non un giudizio critico su un libro. Purtroppo non ci sono critici che sappiano navigare a vista tra questi due estremi, con equilibrio, soppesando le due cose e creando un mezzo ibrido.

Io penso che le fonti importanti per il lettore siano ben altre che non una recensione di tono aulico o meno di un critico letterario: ad esempio il passaparola tra la gente, che ancora considero un mezzo di comunicazione straordinariamente efficace, o ad esempio anobii stesso è diventato una fabbrica di idee e un trapasso di stimoli, ispirazioni e nuove conoscenze immenso, che non accenna a arrestarsi e a evolversi col tempo. O un’altra fonte di idee, di consigli, che il lettore tiene particolarmente in considerazione è il proprio libraio di fiducia. Straordinario conoscitore del mondo del libro e altrettanto straordinario lettore, almeno quelli bravi, appassionati e che hanno una grande spinta comunicativa con la loro clientela, mette a disposizione il suo enorme magazzino di conoscenza al servizio del lettore, indirizzandolo su certe letture a partire da una conoscenza abbastanza profonda delle preferenze di lettura del suo cliente abituale. Alla gente, come me del resto, passa sotto silenzio il giudizio prestigioso che non appare mai come un consiglio spontaneo e che proviene dal cuore, ma che appare come una sorta di messaggio autoreferenziale, freddo. Alla gente piace il consiglio caldo, idee che nascano dal nulla, dalla frequentazione di un luogo (fisico o virtuale) nel quale si respira fortemente spontaneità, genuinità (anche nel linguaggio) passione travolgente, senza preoccuparsi di trovare le parole giuste e contenute per esprimere un giudizio su un libro che ti convinca ad acquistarlo e a iniziarne subito la lettura. Il lettore ha bisogno di sentirsi concittadino del libro con un altro lettore, una condivisione straordinaria che esalta il proprio senso di appartenenza a un mondo bellissimo e irrinunciabile.

Con il critico letterario io mi sento parte di un mondo diverso e molto lontano dal suo. Poi è chiaro come in ogni cosa, esistono anche le loro belle eccezioni che ti fan credere al miracolo. Esistono anche critici letterari, pochi, ben pochi a dir la verità, che sentono le necessità del lettore e sanno regolarsi in tal senso ad accogliere le richieste dei lettori che gradirebbero testi meno articolati, meno complessi, meno convulsi ma piu’ sentiti, piu’ semplici, piu’ diretti in una recensione. E ai miei occhi questi critici diventano anche piacevoli da leggere. Ma purtroppo è l’eccezione, non ci troviamo di fronte alla regola.

La critica ufficiale trema dinnanzi alla crescita esponenziale di numero (ma anche di qualità) del fenomeno Anobii, in cui tutti potenzialmente sono critici ma in quanto narratori, testimoni della propria esperienza di lettura, dove non ci sono limiti di spazio, di parole, e dove non c’e’ una sorta di vocabolario limitato da poter utilizzare. “Il secondo me” nel lettore esiste e diventa una sottolineatura e una presenza fondamentale, apprezzata, nel critico spesso no e questo designa una sorta di aurea giudicante inattaccabile che presuppone oggettività, che non potrà mai esistere tra i libri. Come in un quadro. Cio’ che è bello per me, è magari scabroso per un altro: inutile cercare l’epicentro di valutazione. Non esiste.

Oggi a livello di critica letteraria, forse in alcuni giornali si è capito che è bene staccarsi un po’ dal vecchio e affacciarsi al nuovo. Sono diminuite le stroncature pesanti dei libri da parte dei critici letterari, sono diminuiti pezzi infinitamente lunghi in cui si analizza microscopicamente un libro e sono aumentate esponenzialmente le pagine di cultura in cui semplicemente si consigliano i libri da leggere, inserendo poche righe di commento che in realtà spiegano ben poco, l’essenziale. Diciamo che oggi il lettore, a parte qualche rara eccezione (Tuttolibri de La Stampa, e le pagine di La Repubblica e L’Espresso), deve fare da sé, non puo’ contare piu’ molto sull’aiuto di gente esperta. Per tanti motivi: perché lo si fa sempre di meno, perché quando lo fanno ancora annoiano con una prolissità che stanca. E il fare da sé, forse aiuta di piu’ a trovare il proprio percorso di lettura che non attraverso una guida che ti indica la strada di cosa leggere e cosa non leggere.

4 commenti:

Unknown ha detto...

concordo in pieno!
Soprattutto con quello che sostieni nel secondo paragrafo. A tal proposito io ho preso l'abitudine di leggere le prefazioni dopo aver letto il libro: prima mi faccio la mia idea e poi vedo cosa hanno scritto altri. Spesso sono in disaccorso.
Baci
Laura
PS: non ti ho messo 5 stelline solo perchè altrimenti ti monti la testa! ;-P

Matteo ha detto...

Intanto grazie perchè sei carinissima a venire a leggermi e commentare. Quindi già per questo ti meriti un abbraccio. Poi, hai un bellissimo blog, molto come dire...appetitoso:-)). Sono contento che tu sia d'accordo con me. Io non tengo mai conto dei commenti dei critici o dei virgolettati che vengono stampati in caratteri cubitali sui libri per invogliare la gente ad acquistarlo. Sono cose completamente artificiose, per me antipatiche, enfantizzatissime. Un libro lo giudico io. Solo dopo averlo letto. E comunque io do molto peso, questo si, agli amici, anobiiani e non. Un loro consiglio per me si che ha valore. Poi un critico non ti conosce, come fa a scrivere a ciascuno che ha un gusto, un modo di vedere le cose in maniera diversa, che quel libro è cosi', cosà, manca in questo, esagera in quell'altro...no, per me è un ruolo inutile.

Unknown ha detto...

ti dico che più un libro è pubblicizzato, meno io sono invogliata a comprarlo. Ho letto la trilogia di Larsson prima che diventasse famosa, ma tipo quella di Twilight mi faceva storcere il naso. E a quanto pare ho avuto ragione: nessuno me ne ha parlato bene e il film è stato una strazio. Eppure la pubblicità era martellante... forse per compensare?

Matteo ha detto...

Anch'io evito di andare dietro al libro letto del momento, evito di farmi imbesuire dalla pubblicità martellante ed evito il giudizio dei critici letterari anche per questo. Io non posso avere la certezza della loro limpidezza al 100%, ho sempre il dubbio che dietro si nasconda qualcosa che li faccia scrivere in un certo modo piuttosto che in un altro. Io viaggio a fari spenti, al buio, tra consigli che leggo sul web tra lettori comuni, i consigli di una mia amica libraia e poi girandomi tanto ma tanto i siti delle case editrici medio-piccole. Girandoci li trovi un tesoro infinito e insospettabile a cui attingere. E mi rende pure felice il fatto che sia stato io a scovarlo poi quel libro.