Addio Frank

martedì 21 luglio 2009


Addio a McCourtfu il cuore d'Irlanda


di ANTONIO MONDA

NEW YORK- Frank McCourt avrebbe compiuto 79 anni il prossimo 19 agosto, e come ogni anno avrebbe ricordato i primi quattro compleanni in America e quindi l'immigrazione a rovescio, voluta dal padre Malachy, che portò la moglie Angela, il piccolo Frank, e i suoi sei fratelli a Limerick, la città irlandese dalla quale provenivano in origine. Avevano tentato di sfuggire alla povertà e si erano trovati ad affrontare una miseria ancora più grande in un paese nel pieno della grande depressione. A Brooklyn i McCourt avevano conosciuto lo squallore, la violenza e la discriminazione, ma il problema principale era rappresentato dal carattere del capo famiglia, un burbero alcolizzato che spendeva i pochi guadagni nei pub, come raccontò nelle Ceneri di Angela il suo romanzo più bello e celebre, con il quale vinse nel 1997 il premio Pulitzer. Fin dalle prime righe, McCourt racconta la vita "miserabile" dell'infanzia, mettendo al centro della propria esistenza il conflitto perenne con il retroterra irlandese e la religione cattolica. Non fu mai un osservante, ma non riuscì mai a distaccarsi completamente dagli insegnamenti dell'infanzia, che ricordò fino alla fine con un senso di ribellione e nostalgia. Ma il romanzo trova i momenti più autentici anche nel senso di vergogna per la povertà, l'attrazione redentrice della cultura, e la scoperta del sesso. Il ritorno in Irlanda fu costellato da una serie di avvenimenti tragici, a cominciare dalla morte di tre fratelli per gli effetti della denutrizione. Anche Frank rischiò di morire per una febbre tifoidale, presa utilizzando l'unico bagno dell'isolato nel quale vivevano, infestato da insetti e topi. In quello stesso periodo il padre si trasferì a Liverpool per lavorare in fabbriche di armamenti militari, ma si guardò bene dal mandare i soldi a casa. Fu Angela a tenere in piedi la famiglia e Frank fu costretto ad abbandonare la scuola e a cominciare a cercare lavoro. Negli ultimi tempi ricordò quel periodo con ironia ma all'epoca soffriva enormemente per il senso di alienazione e squallore.

Alternò piccoli crimini di strada a lavori occasionali, e a 19 anni, tornò in America, deciso a smentire l'assunto di Scott Fitzgerald: "Non esiste secondo atto nelle vite americane". Fu un'intuizione giusta: riuscì a completare la scuola e a laurearsi, capendo quanto amasse la letteratura, che considerò un luogo di catarsi dalla sofferenza della quotidianità. Decise di diventare un professore, e dopo un inizio difficile divenne uno dei più amati e rispettati docenti di liceo dell'intera Manhattan. Rimase convinto fino alla fine che gli anni determinanti per l'apprendimento e la formazione del carattere fossero quelli dell'infanzia e dell'adolescenza, e riuscì ad offrire a tutti gli allievi, in particolare a quelli della Stuyvesant, un modello che era innanzitutto paterno. Il successo arrivò improvviso e divenne in breve tempo planetario: Le ceneri di Angela non offriva nulla di consolatorio e ancor meno di romanzato, ma il crudo realismo, che ha portato Roberto Calasso a paragonarlo a Dickens, aveva una sincerità straziante ed un toccante anelito di serenità. Il film di Alan Parker ne divenne una illustrazione superflua, ma contribuì a cementarne il formidabile successo, che non riuscì a replicare con il seguito Che paese, l'America e quindi con Ehi, prof! e Angela e Gesù Bambino. Specie con quest'ultimo libro ripropose in maniera esplicita il conflitto diretto con il cattolicesimo, e ancora una volta non elaborò una posizione definitiva che superasse il senso di rabbiosa e dolorosa ribellione. In questi ultimi tempi è stato celebrato con lauree ad honorem e premi di ogni genere ma non c'è stata occasione nella quale non abbia ripetuto di sentirsi innanzitutto un professore. Agli studenti spiegava che era importante saper ascoltare, ed evitare gli errori che aveva commesso durante i suoi studi disordinati ed appassionati. Quando gli veniva assegnato un tema da due cartelle ne consegnava regolarmente sei teorizzando che la creatività non poteva essere castrata. Ripensandoci trovava quell'atteggiamento arrogante e antiletterario: la sintesi, ha insegnato fino agli ultimi giorni, è un talento essenziale per ogni scrittore, e per spiegarlo ai futuri narratori citava due battute che aveva appreso da Isaac Singer: "Mai scrivere nulla di più lungo di Guerra e pace" e "non esiste paradiso per un lettore annoiato". (21 luglio 2009)

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