Ann Beattie, l'evento è lei

sabato 10 ottobre 2009

Dicevo, Ann Beattie ha 62 anni ma ha l'entusiasmo e la passione appiccicati alla pelle che sembrano quelli di una 18enne in rampa di lancio, alla quale è stata data una possibilità per diventare qualcuno che conta in questo mondo miserabile. Fin dalle prime battute, si è rivelata subito una persona molto piacevole, molto intelligente (e non è sempre scontato che gli artisti lo siano, perchè un conto è il talento e un'altro conto è l'intelligenza, guai a confondere le due cose) e molto ironica (l'ironia è un importantissimo ingrediente dell'intelligenza). Sorriso stampato sulle labbra, nonostante in Italia si presenti come una debuttante, cosa che era negli States circa 35 anni fa, e non prova imbarazzo. La colpa d'altra parte, è di chi, a parte un suo libro uscito in Italia nel 1982, non l'ha mai presa in considerazione. Quindi, gli editori italiani, Minimum Fax a parte, si facciano un bell'esame di coscienza, soprattutto in relazione al fatto che si facciano aste forsennate a suon di milioni per scrittori che valgono si e no forse una mezza unghia incarnata della stessa Ann Beattie e di altri scrittori seminascosti o nascosti del tutto in Italia, che nessuno si prende la responsabilità di importare nel Bel Paese. Uno spreco, decisamente uno spreco di possibilità.

Tutta l'ora di domande, è stata molto stimolante, molto interessante, molto attiva, molto culturalmente viva. Paolo Cognetti e Matteo Bianchi le hanno rivolto domande, moltissime delle quali erano anche le mie. Ne pubblico ora solo una parte.


Domanda: CHE EFFETTO LE FA PRESENTARSI DA ESORDIENTE IN ITALIA, LEI DI CUI SI PUO' DIRE QUASI DI TUTTO TRANNE CHE è UNA SCRITTRICE ESORDIENTE?

Risposta: Premetto una cosa, avendone qui in Italia finora parlato sempre, mi sembra di vivere in una commedia e il libro mi sembra molto piu' divertente di quello che in realtà sia. Tornando alla domanda, sicuramente non fosse stato ripubblicato (da Minimum Fax n.d.r.) in Italia, non lo avrei riletto. E' stato rileggendolo che mi sono divertita, che mi ha permesso di riportarmi all'epoca in cui l'ho scritto, in quell'epoca cosi' lontana da oggi. Mi ha fatto un certo effetto a partire da una rilettura del mio libro, rivedere la società cosi' com'era a quei tempi. Non so la reazione da parte degli italiani al libro quale sia stata. Ho fatto fatica persino a comprendere in tutti questi anni quella degli americani, figurarsi di lettori stranieri al mio paese (e qui ride).

Domanda: Cos'è tutto questo freddo che c'e' nel suo libro, come il titolo ben evidenzia? A quei tempi sono usciti anche IL GRANDE FREDDO e TEMPESTA DI GHIACCIO di Rick Moody, avete qualcosa in comune?

Risposta: Il titolo è chiaramente metaforico e si sviluppa su binari diversi. La vita dei personaggi è pervasa da un'ironia verso la propria esistenza, che rispecchia il loro distacco dalla vita stessa, la loro delusione per un'esistenza che non è affatto quella che sognavano potesse essere. La popolazione del dopo-guerra in Vietnam è ancora paralizzata per quanto avvenuto e quindi già in questo si puo' vedere il distacco di cui parlavo. Il paragone con il libro di Moody in effetti ci puo' stare ma penso che nascano e si sviluppano su temi centrali differenti. Il mio per esempio, contempla al centro dell'attenzione i ritratti psicologici dei personaggi, è questo che mi interessa, e non solo di uno strato sociale in un dato periodo storico.

Domanda: COME HA FATTO A RENDERE IL RITMO NEL LIBRO? AVEVA QUALCOSA GIà DI FICTIONER AI TEMPI? COME HA RESO QUESTO RITMO CHE PORTA IL LETTORE A LEGGERSI IL LIBRO IN POCO TEMPO?

Risposta: Per Charles, il protagonista principale, provo una certa empaia e lo trovo comico nelle sue manie, fissazioni, ossessioni. E' un po' nevrotico (questo lo aggiunge Martina Testa, traduttrice e direttore editoriale di Minimum Fax, durante la traduzione della risposta di Ann Beattie n.d.r.). Volevo trascrivere in tempo reale e in presa diretta le sue fissazioni, trasportandole nella sua testa e facendole uscire dalla sua bocca attraverso i pensieri e non descrivendoli al di fuori della sua sfera intima. Questo continuo flusso di pensieri che si intrecciano, mi ha permesso a livello narrativo di fermare il tempo narrativo e creare il personaggio attraverso cio' che accade nella sua testa

Domanda: LEI NELLA PREFAZIONE AL LIBRO HA ACCENNATO A UNA SORTA DI PRESENZA AUTOBIOGRAFICA. VOLEVO CHIEDERLE, IN CHE SENSO?COME SI è TROVATA A IMMEDESIMARSI, LEI CHE è UNA DONNA, NELLE VESTI DI UN UOMO (CHARLES)?

Risposta: L'ho scritto al tempo presente, era piu' facile coinvolgere un uomo perchè potevo vederlo con piu' vividezza davanti a me, senza dover confrontarmi con me stessa. Parlare di una donna, da parte di una scrittrice donna, la trovavo una cosa prevedibile e scontata. Nel libro ero un'osservatrice esterna dei personaggi e al tempo, in cui studiavo ancora ed abitavo in una casa studenti, ero attorniata di persone molto simili a quelli che ho prodotto nel libro, riproducendo diversi dialoghi che ho avuto in quel periodo, nel libro stesso. Quindi, avere una persona di sesso diverso dal mio mi dava una semplicità maggiore nel vederlo in modo piu' oggettivo.

Domanda: ABBIAMO LETTO CHE LEI INIZIALMENTE, QUANDO SOGNAVA DI DIVENTARE UNA SCRITTRICE, HA MANDATO 21 RACCONTI CONSECUTIVI AL NEW YORKER PRIMA CHE IL NEW YORKER GLIENE ACCETTASSE UNO. QUESTO TESTIMONIA DI UNA GRANDE TENACIA. COME HA FATTO, NONOSTANTE TUTTO, A NON MOLLARE MAI LA PRESA NONOSTANTE QUELLA SERIE INFINITA DI RIFIUTI?

Risposta: (ridendo) In realtà il New Yorker mi ha rifiutato una storia proprio pochissimi giorni prima di venire qui in Italia. Come faccio ora? In quel periodo stavo imparando a scrivere, senza corsi, master e laboratori,scrivere era una mia passione e me la sono costruita da sola. Gli amici mi sostenevano molto, leggevano con molto piacere i miei racconti e si esaltavano. Prima di mandarli al New Yorker, non li ho mandati da nessun'altra parte, e quindi non avevo idea di cosa volesse dire un rifiuto. Non conoscevo scrittori che mi potessero dare dei consigli a riguardo, nè conoscevo il mondo dell'editoria libraria. Pero' non avevo nulla da perdere in quei tempi, e mi era risultato semplice ritentare senza abbattermi e abbandonare quello che era il mio sogno.

Domanda: SI SENTE DI ESSERE STATA PARTE DI UNA CORRENTE, IL MINIMALISMO AD ESEMPIO (prosa scarna, personaggi archetipici che ho riscontrato anche in altri scrittori...)?

Risposta: Richard Ford diceva di Carver: quando uno scrittore va con tale forza verso una direzione e raggiunge risultati cosi' eccellenti, lo scrittore che scrive dopo di lui o nel periodo in cui già scrive lui, è impossibilitato a battere la stessa strada. Deve trovare delle alternative, dei percorsi diversi, proprio perchè i livelli raggiunti son talmente elevati che o sei un genio anche piu' di Carver o se segui il suo percorso ne esci con le ossa rotte. Carver era inimitabile. Io non mi sono mai sentita parte di una corrente specifica (e ride, perchè ogni volta le chiedono se si sente una minimalista, risponde simpaticamente che non ne puo' piu' delle stesse domande e di essere etichettata in questo modo n.d.r.). La definizione di corrente letteraria è sempre molto parziale, dai confini mai netti, ma sempre piuttosto sfumati. Carver era considerato un minimalista e lo si considera tale per lo stile con cui ha saputo lavorare. Ma non si prende mai in considerazione un fatto ben piu' importante, ovvero che Carver parlava sempre di aspetti sociali e politici molto rilevanti, dove venivano inseriti personaggi normalissimi, di classi sociale medio-basse. E' questo il punto focale, a mio parere. Cio' è piu' importante del carattere stilistico, attraverso il quale è partita la definizione di Carver come minimalista. E ha avuto un grande successo perchè parlava di cose che sembrava non si dovesse parlare. E i lettori ne sono rimasti subito molto affascinati. Altri, invece, come me, Mary Robison ad esempio, eravamo borghesi. E questo è una differenza determinante, che non si puo' tralasciare in discorsi come questi. Gli americani hanno sempre avuto e hanno tuttora il terrore degli intellettuali. Se lo scrittore ha la capacità di ambientare le sue storie in ambienti poco intellettuali, ecco che gli americani se ne innamorano subito.

Domanda: COME INCORAGGIA CHI INIZIA A SCRIVERE?

Risposta: Io insegno Scrittura Creativa in un'università in Virginia. E, avendo vissuto in prima persona aspirazioni, sogni del genere comprendo benissimo i ragazzi. Dico che non si puo' per forza di cose incoraggiare tutti. Incoraggio pero' molto ben volentieri coloro nei quali vedo del talento, naturalmente. La cosa fondamentale, che io ripeto spessissimo ai miei allievi e che non finiro' mai di ricordare loro, è di rendersi conto di come sia e sarà la vita e il lavoro di uno scrittore, toccandolo con mano, attraverso l'esperienza in prima persona, cercando di evadere da una visione romantica, che è facile costruirsi, del mestiere. Io sono molto onesta con loro e faccio un editing serrato, riga per riga, che a me è servito molto quando mi è stato fatto ed è estremamente utile. Non basta mettere i propri pensieri e le proprie emozioni su un pezzo di carta, ma serve molto anche conoscere e attenersi a certi standard tecnici che sono fondamentali.

Domanda: E' POSSIBILE, OGGI ABBIAMO SAPUTO DEL NOBEL PER LA PACE A OBAMA, DI QUALCOSA DI NUOVO PER IL PRESENTE E IL FUTURO? DI UN RITORNO AL PASSATO CHE HAI RACCONTATO CON MAESTRIA NEI TUOI LIBRI?

Risposta: Sono 0ttimista per natura, abbiamo tanto da farci perdonare.

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