Popolare o talentuoso o entrambi

domenica 25 ottobre 2009

I numeri nella società di oggi sembrano prevaricare su tutto il resto. Quanto guadagni? Quanti dischi vendi? Quante copie di libri hai venduto? Sul tuo curriculum, QUANTE esperienze lavorative hai accumulato? Insomma, sembra, almeno a me personalmente, che la quantità abbia un'appeal, una presa decisamente maggiore della qualità di cio' che si svolge e si è creato.

Popolare, un tempo, era un termine prevalentemente legato a una fruizione di un prodotto (che sia commerciale o culturale), da parte di strati di media-bassa lega sociale. Oggi, la considerazione che si ha del popolare si è evoluta di pari passo alla società, divenuta sempre piu' una società dello spettacolo, in cui l'immagine scavalca spesso e volentieri anche il valore meritocratico.

Non è mia intenzione quella di fare nomi (tanto si conoscono i nomi di quegli artisti che io detesto piuttosto profondamente), ma solamente di porre l'accento su alcune riflessioni che mi preme fare. Oggi, c'e' una cultura popolare, o meglio, c'e' una cultura che puo' essere a grandi linee definita cosi', senza volerla demonizzare o squalificare. Semplicemente è un dato di fatto. Oggi cosa preferisce la gente, in letteratura? Ecco, a me pare che sia necessario distinguere tra lettori molto prolifici e lettori che oserei definire occasionali, e tra questi due estremi tutto uno spettro di lettori intermedi. Ma quello che piu' mi preme considerare, è il fatto che, a grandi linee, mi sembra che chi legga piu' libri sappia anche stabilire una priorità in termini di qualità di cio' che legge. Mentre, da quello che osservo, i lettori occasionali, che sono parecchi, che dichiarano di leggere pochi libri all'anno, prediligano piu' libri di una certa leggerezza, i best seller, che non necessitano di un lavoro di ricerca e informazione personale profondo e appassionato. C'e' già la pubblicità che ti entra in casa che ti fa conoscere determinati prodotti culturali. Ed è cosi' molto piu' semplice e, sbrigativo nonchè meno faticoso, farsi attirare nella tela piuttosto che adoperarsi attivamente alla ricerca di un determinato libro o genere di lettura. Ovviamente ci sono anche eccezioni da distinguere, e casi che non appartengono alla categoria d'insieme da me colpevolmente ma necessariamente generalizzata: chi legge poco magari lo fa perchè ha effettivamente poco tempo per farlo e non perchè non è cosi' appassionato alla lettura, cosi' viceversa, chi legge tantissimo non è detto che sappia apprezzare libri di qualità. Si sta ragionando per approssimazione, inevitabilmente. Ecco, la cosa che mi chiedo è: quanto incidono i numeri nello stabilire se un prodotto è di qualità? C'e' una relazione stretta e indiscutibile tra l'aspetto meramente economico e quello artistico? A me è capitato di leggere tanti libri, di vedere tanti film bellissimi, di qualità, di estrema profondità che a livello di incassi e di vendite, sono andati incontro a flop davvero pazzeschi. Non è mia intenzione discriminare (e pertanto esprimere un giudizio che pretende di essere oggettivo) cultura popolare-bassa da cultura alta e di elite. Non avrebbe alcun senso. Ne' ho la presunzione di vestirmi da psicologo e sociologo e di delineare teorie improbabili sulla relazione persona-->comportamento d'acquisto del prodotto culturale-->intelligenza e cultura personale. E' piuttosto una mia curiosità. A volte si vive spesso di contraddizioni incomprensibili, di domande che ci si pone ma a cui non si riesce dare delle risposte. Una delle mie è proprio questa: qual è il confine tra POPOLARE e MERITOCRATICO, tra QUALITA' e NUMERI, tra IMMAGINE e TALENTO? Oggi è innegabile il fatto che l'immagine domini il palcoscenico, il primo contatto e la prima sensazione è fondamentale. E tutti sono un po' stregati dalla cultura dell'immagine. Ma la bravura, il talento, non rischia in questo modo di passare in secondo piano o sotto silenzio? Non ci sarà il rischio tra un po' di vedere persone di bellissimo aspetto fisico ma dalla cultura un po' fariginosa? Perdere contatto con la bellezza intrinseca delle cose per dare spazio a quella immediatamente visibile a prim'acchito? La televisione mi sembra stia già lavorando un bel pezzo in tale direzione. Per quanto riguarda la letteratura, piu' che la bellezza fisica, si guarda a una serie di caratteristiche del libro che inevitabilmente fanno e faranno sempre breccia nel lettore medio. Ad esempio il libro storico-sospiratore, pieno di azione, codici segreti da decifrare, scontri con le alte sfere istituzionali mondiali, ha avuto un'esplosione clamorosa con Dan Brown e a ruota tantissimi scrittori han deciso di battere questa strada e hanno avuto e hanno tuttoggi ragione. Cosi' come le storie su amori adolescenziali, hanno e avranno sempre presa perchè naturalmente ci saranno sempre lettori adolescenziali e l'immedesimarsi in personaggi fittizi, è un importante punto di riferimento per i giovani. Ci si chiede, per concludere, se in realtà popolare e talento non possano benissimo convivere pacificamente e senza pregiudizi, insieme. Io personalmente sono scettico a riguardo. E non per una questione pregiudiziale. E' la società di oggi che impone determinati standard a cui fare riferimento, per essere avviati al successo. O si hanno idee talmente originali e geniali da bucare un certo tipo di cultura che si è radicata oggi, o appare complicato che il talento possa prevaricare la comunicatività pervasiva del primo impatto visivo. Per fortuna, oggi ci sono ancora interessi incoraggianti a tenere a galla o addirittura a promuovere il talento nascosto. Facendolo emergere, dandogli libertà e possibilità di manifestarsi e di essere esibito e proposto alla gente. Un esempio, è il teatro, che difficilmente propone mediocrità e che si mantiene a livelli standard piuttosto alti. Anche la letteratura, per un certo verso, sta riprendendo successi editoriali di una certa cultura, di un certo periodo storico, ristampandoli e riconsegnandoli a una generazione diversa da quella loro contemporanea. E' vero che non importa con chi si inizia a leggere (Moccia o Tolkien, Brown o Dickens), l'importante è iniziare a farlo. Ma sarebbe poi auspicabile che non ci si stabilizzi su certi livelli, senza crescere. Una delle mie prime letture è stato "100 colpi di spazzola prima di dormire", di Melissa P., che ha registrato numeri di copie vendute molto alte, eppure oggi leggo Carver, Dickens, Poe, Bradbury, Saramago e via dicendo. Popolare o talentuoso, prediligo la cultura. Ma se è popolarissimo e domina le classifiche di vendita, certamente non chiudo il libro ancora prima di aprirlo.

2 commenti:

-clicky- ha detto...

Un'altra domanda cruciale sarebbe, caro Matteo: "Siamo sicuri che i libri più venduti e/o premiati siano anche quelli più letti?".

Considerando soltanto i "selleroni" regalati nelle innumerevoli ricorrenze annuali e le logiche di marketing ad essi saldamente legate, la risposta è..

Matteo ha detto...

Bellissima domanda aggiuntiva la tua...(anche se non la si puo' definire semplicemente aggiuntiva, ma per certi versi cruciale e determinante...). Eh già, tanti libri impachettati, regalati e neanche aperta la plastica avvolgente...Io mi tengo un po' lontano dai libri molto parlati in un determinato periodo. Cerco eventualmente di far passare un po' di tempo affinchè il libro abbia passato quella fase di "moda" e di "si parla ormai solo di quel libro". Anche perchè, imbarcarsi in una lettura troppo pressante, troppo carica di aspettative, nuoce sempre alla lettura. La ridimensiona spesso.