Il libro "condiviso"?

mercoledì 14 ottobre 2009

Non piu’ solo musica e film. Il traffico di condivisione del prodotto culturale si è allargato anche ai libri. Con la nascita dell’e-book o e-reader, ovviamente. Rappresenta certamente la molla di una nuova fruizione dei testi letterari, un modo nuovo per appropriarsene senza dare un euro che sia uno all’autore e alla casa editrice. In un articolo, il New York Times parla di una nuova ondata quasi epocale, la “napsterizzazione dei libri”. Napster, come penso tutti sappiano, ha aperto le frontiere alla cosiddetta condivisione peer to peer, grazie alla quale oggi milioni e milioni di persone scaricano film, musica, documenti online gratuitamente, sfruttando semplicemente la possibilità messa sul tavolo da qualcuno che regala, mette a disposizione di chiunque voglia avvalersene, un prodotto culturale senza spendere un soldo per usufruirne.
Questa “napsterizzazione del libro” è in realtà ancora un fenomeno abbastanza marginale e di recentissima attualità. Ci si pone sempre, sistematicamente, da quando è nato napster, a un quesito che divide, spacca letteralmente la gente: sono dei veri e propri eroi della diffusione e condivisione di prodotti culturale, e quindi servono paradossalmente anche a vendere il prodotto originale facendolo conoscere al consumatore prima di andare in negozio e acquistarlo o sono dei ladri, che danneggiano autori e distributori? Quesito, come detto, che vede due schieramenti molto compatti e allo stesso tempo contrastanti.
L’e-book è vero che è qualcosa di recente e marginale, almeno relativamente, ma è anche vero che i dati in America mostrano uno spaventoso aumento di chi si affida all’ e-reader (228% in piu’ in un anno, 52 mila titoli online). Comincia a piacere. Perché ricorda il cellulare, perché ricorda l’i-phone e mai come oggi le persone hanno una cosi’ enorme familiarità con determinate tecnologie ed è ormai piu’ abituata a parlare per sms che a voce, o a scrivere su una tastiera che non a mano. Anche il linguaggio oggi si è profondamente modificato con le nuove tecnologie rispetto al passato neanche poi cosi’ lontano. Ma cio’, inevitabilmente, costituisce il terrore per editori e autori: una certa tecnologia ha il supporto di altre tecnologie e insieme collaborano. Leggi su e-reader, scarichi da internet il file del libro completo, lo inserisci nell’e-book e leggi il libro che altrimenti, cartaceo, lo avresti pagato anche 24 euro. Questo è il nodo, sempre piu’ intricato del problema. L’ultimo libro di Dan Brown, Lost Symbol, in uscita in Italia il 23 ottobre, ha per esempio già online, scaricabile, 166 versioni sui siti di scambio illegale di file. La musica, i gli autori, le case discografiche, resisi conto del fatto che è battaglia ardua, infinita e impossibile da debellare contro la musica gratis online, han deciso di cercare percorsi tali per cui comunque queste violazioni legali portino comunque dei vantaggi. La musica online per esempio potrebbe far conoscere un artista e magari l’utente è spinto all’acquisto del cd. O magari viene spinto ad acquistare biglietti per i concerti. Ed è il concerto, ormai, la pista di guadagno da battere oggi come oggi da un cantante. Impossibile e neanche pensabile, che nell’era di internet, di emule, di torrent, un autore musicale possa basare le proprie ambizioni di guadagno sulla mera vendita di cd. Bisogna guardare, obiettivamente, in faccia la realtà senza scandalizzarsi piu’ di nulla. Si dice, per i file book, che serviranno molto per far risparmiare spazio alla gente in casa, a volte costretta a vendere libri cartacei per trovare posto a una culla, a una credenza, a un armadio. Si, è vero ma secondo me è un mezzo-falso problema. Al centro di tutto, come sempre, c’e’ il prezzo. Il caro-prezzo dei libri scolastici è un problema serio, ad esempio. Ma anche per quanto concerne la narrativa, c’e’ da preoccuparsi. Basti vendere, quanto verrà a costare in Italia il libro di Dan Brown, 24 euro. Troppi, impensabili, un insulto alla miseria in questo periodo di crisi nera che tocca un po’ chiunque. E le case editrici dovrebbero capirlo. Come successo alle home video, credo che lo abbiano compreso e abbiano fatto passi concreti troppo tardi, quando ormai la sbagliata politica di prezzo ha dato via a un traffico online di prodotti cinematografici che non accenna a frenarsi. Anche perché, la condivisione è diventata quasi una cultura.
E allora, se intendiamo valorizzare la cultura, che la cultura riceva aiuti economici da chi ci sguazza, bisogna darsi una svegliata ed evitare di andare, con prezzi fuori da ogni logica umana, a colpire la gente che ha voglia di leggere, guardarsi un film, ascoltare musica e che è costretta a scegliere tra spendere per beni di prima necessità e un prodotto da tempo libero. Finchè qualcuno non farà un passo concreto in tale direzione, la condivisione online crescerà e non potrà piu’ essere definita con tanta rabbia da chi perde soldi, illegale. Perché chi si arrabbia e sporge querele, è il primo responsabile di un sistema di vendite e promozione della cultura che non funziona piu’.

dati statistici raccolti da http://www.repubblica.it/

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