Un viaggio nella memoria piu' lacerante

domenica 20 settembre 2009

La memoria, oltre a essere uno scrigno di ricordi di esperienze vissute in prima persona di ricchezza straordinaria, è una responsabilità. Nel raccontarla, nel tramandarla, nel consegnarla nelle mani di chi è arrivato dopo e non ha potuto sapere. Sulla Shoah e sul nazismo, son state pubblicate tantissime testimonianze e l'approccio alle loro letture da parte di chi legge, è sempre incrostato da una patina mista di scetticismo, paura e incredulità. La testimonianza verte su due punti fondamentali, che inevitabilmente si intersecano e viaggiano a braccetto: la descrizione, raccappricciante ma assolutamente straordinaria per particolari che sono quelli che piu' inquietano chi legge e rende piu' reale e viva la testimonianza, dei fatti storici e, a questo punto innegabili, e lo sfogo, morale e quasi fisico, di chi racconta quanto sia innanzitutto difficile riportare a galla a parole una rivisitazione di quei momenti che ancora e per sempre, lacerano la propria anima e di quanto ci sia sentiti privati di tutto, innanzitutto la dignità, a quei tempi. Venezia, cerca di riportare in vita ogni singola immagine di quei momenti interminabili e drammatici, dove anche 30 secondi rappresentavano un lasso di vita infinito. La sua mente è come una macchina fotografica che ha immagazzinato nella scheda di memoria, anni di mortificazioni morali, di sofferenze fisiche inaudite, di cancellazione di ogni tipo di aspirazione che rende una persona viva. Anche i sentimenti, come scrive Venezia, vengono anestetizzati. E a un certo punto si arriva a un punto in cui si rischia di non provare piu' nulla. La propria identità viene umiliata, tradita, negata, svuotata. Dopo anni di silenzio, dopo che anche una sola parola che potesse richiamare alla mente quei giorni, mesi, anni vissuti nel terrore poteva distruggerti definitivamente, Shlomo Venezia ha deciso di prendere in mano carta e penna e raccontare a fiume la sua esperienza. Con i suoi occhi, che non sono quelli degli altri con cui ha condiviso un dramma di proporzioni ineguagliabili. Ognuno, infatti, avrebbe raccontato momenti di terrore diversi, che si sarebbero perfettamente incasellati l'uno nell'altro, fino a portare a termine la costruzione del puzzle dell'incubo reale. La descrizione dei meccanismi delle macchine di morte, i crematori, tutte le fasi di "selezione" e "trasferimento" degli ebrei dalla ghettizzazione alla deportazione fino alla vita da campo e all'eliminazione, le enormi umiliazioni quotidiane a cui erano sistematicamente sottoposti, le piccole speranze di salvezza a cui ci si legava con tutte le proprie forze anche a partire da segnali che non indicavano possibilità di illusione in tal senso. Ogni parola, scelta da Venezia e trovata sul campo di Auschwitz, porta con sè un momento di riflessione per chi legge che raggela il sangue. E comporta tutta una serie di domande successive a cui è difficile dare una risposta. L'autore, è uno dei pochi sopravvissuti della Sonderkommando, una squadra speciale selezionata tra i deportati, la cui funzione era quella, insopportabile, di far funzionare al meglio la macchina di morte e sterminio nazista, ovvero la camera a gas. Venezia, ha visto coi propri occhi ogni sua fase e, scrive, avrebbe preferito di gran lunga morire soffrendo nelle baracche dei deportati "addetti" ai lavori forzati e poi destinati alla morte in quelle camere, che non vedere coi propri occhi ogni giorno gente che entrava nel campo e ne usciva entrando, anche da vivi, in forni e fosse crematori. Il dolore non passa e non passerà mai, nè il livello di tale lacerazione continua diminuirà. E' pero' importante, per chi ha l'occasione di farlo, raccontare cio' che fu. Non sono i libri di storia nè tantomeno professori a consegnare a chi ascolta la storia.Ma la testimonianza di chi ha vissutto sul campo. E' questa la vera storia. Non date, avvenimenti, nomi scritti su libri. Chissà cosa tiene dentro di sè Shlomo, chissà che rumori assordanti bruciano la sua anima disperata al solo ripensare a quella fetta della sua vita sottrattagli ingiustamente, di quali e di quanti mostri custodisce ancora nitidamente le immagini che lo perseguitano ancora senza dargli tregua. Tradotto in 18 paesi, sono libri come questi, che almeno molto parzialmente, riescono a restituire un minimo di giustizia. Certo, se poi i nazisti ancora in vita, e anche se alla stregua dei 100 anni di vita, rimangono a vivere tranquillamente in libertà senza alcun processo...E ci si chiede, anche, come possano esistere a distanza di tanti anni, ancora dei terroristi come chi NEGA che qualcosa sia mai successo. Chi nega, uccide una seconda volta tutti quei milioni di poveri individui macellati come bestie.



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