Disastro: le librerie storiche milanesi chiudono

martedì 1 settembre 2009

Un caso le librerie chiuse di Milano
«Aiutateci, come in Francia»
Ad ottobre una manifestazione a Roma


MILANO - I giorni in cui entrava Mina, che giorni. Le visite del giornalista Gaetano Tumiati, le richieste di una cliente abituale, la scrittrice Valeria Montaldi, e i legami che nascono su un consiglio di lettura, la cultura come abitudine della gente comune. Se e quando un libro racconterà la vicenda della Libreria di Porta Romana, a Milano, in questa storia conteranno i dettagli: 32 anni di «buona volontà » e in fondo l’epilogo segnato da «motivi economici e finanziari ». Si chiude bottega, l’ha annunciato ieri al Corriere il titolare, Aldo Palazzi: «Al mio posto, in autunno, aprirà una banca. È un brutto momento, e non vedo alternative». Il momento: librerie «schiacciate tra caduta dei consumi e stretta creditizia », commercianti «strozzati dagli affitti», negozi storici svuotati «dalla concorrenza e dagli sconti di catene editoriali e supermercati». È una questione di regole, sostengono i piccoli e indipendenti: «Non siamo tutelati». A Milano, negli ultimi mesi, hanno chiuso prima gli Archivi del Novecento e poi la Libreria del Giallo. Porta Romana è la prossima. Con lei, scrivono i lettori su Corriere.it, «se ne va un altro pezzo della vecchia Milano». E neppure l’ultimo.
Lo scrittore Gianni Biondillo ha una teoria: «Se le librerie iniziano a chiudere nella città in cui si legge di più, e non in un paesino di provincia, preoccupiamoci davvero: è una tendenza che può solo aggravarsi. Siamo un Paese, nonostante tutto, ancora analfabeta di letture». Milano, Italia. L’annuncio funebre in corso di Porta Romana apre la riflessione sul rapporto tra impresa e cultura, tradizione e distribuzione, scaffali di legno e catalogo Amazon, vita di quartiere e rete Internet. «Non si può ridurre il ruolo delle piccole librerie a una pura logica commerciale», sostiene l’assessore milanese alla cultura, Massimiliano Finazzer Flory: «Una classe politica coraggiosa deve dire da che parte sta, attraverso affitti flessibili e incentivi. Io non ho dubbi: sto coi librai».
I bottegai del libro sono una categoria di indipendenti accomunati dalla crisi: «Resistere è dura», a Milano centro e nell’ultima periferia. Pessimisti!, li bacchetta il vicepresidente dei librai milanesi, Salvatore Lombardo: «Basta con quest’abitudine di suonare il requiem». Abitudine? Giorgio Lodetti gestisce lo storico negozio Bocca in Galleria: «Il Comune mi ha triplicato l’affitto, da 26 a 70 mila euro. Troppo». Non stanno meglio i commercianti di Napoli, Firenze e Palermo. Storie di paure e chiusure, tenacia e passione: «Il futuro passa da specializzazione e professionalità». Ma prima, a ottobre, «faremo una grande manifestazione»: la propone Marcello Ciccaglioni, capo dei librai romani: «Vogliamo una legge che regolamenti il mercato, come in Francia».
Gianni Pettenati davanti alla sua libreria Fata & Celeste (Fotogramma)In Italia, tutto divide. Anche i libri. I quasi cento commenti sul sito del Corriere si riassumono in due categorie. La prima, romantica: «Salviamo le piccole librerie, hanno un’anima». La seconda, realistica: «Non basta, un po’ moralisticamente, dichiararsi indipendenti per farsi preferire alla grande distribuzione ». Seguono analisi sui costi, i servizi, i tempi che cambiano. Brunello Cavalli è un piccolo editore (Sbc): se le librerie saranno sostituite dai grandi marchi, sostiene, «verranno privilegiate sempre più le politiche legate ai nomi di richiamo (veline, calciatori, politici) e sempre meno le scelte di qualità. La colpa, forse, è anche di noi editori minori che non abbiamo saputo far fronte comune».
La libreria in corso di Porta Romana è già irriconoscibile: Palazzi ha tolto le insegne e coperto le vetrine con la carta da pacchi. Dopo di lui, forse, toccherà a Piermario Riva, titolare del negozio di libri per bambini Fata & Celeste: «L’ho aperto cinque anni fa con il cantante Gianni Pettenati, è un punto di riferimento per le famiglie del quartiere. Ci troveremo, a breve, a dover sospendere l’attività». La libreria di via Rugabella prende il nome da Mauro, che di cognome fa Burlini: «Anche io, a gennaio, sarò costretto a chiudere ». Dopo 56 anni di lavoro.

Armando Stella
Fonte: http://www.corriere.it/


Dopo la Sharlockiana, Babele, Bocca e gli Archivi del Novecento, un'altra libreria storica chiude...e intanto a Milano c'e' chi, La Moratti in primis, si professa strenuo difensore della cultura...E meno male, aggiungerei...con evidente sarcasmo molto incazzato.

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